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Libertà di pensiero

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A cura di Carmelo Sciascia

Natale a Piacenza, un Natale di “Candori”

C’è un sostantivo nella nostra completa e complessa lingua italiana che meglio di altri rappresenta l’inverno ed il periodo natalizio, il sostantivo “candore”. Già il Sommo Poeta, di cui ricorre il settecentesimo anniversario, così nel Canto XVIII del Paradiso: “Vincendo me col lume d'un sorriso, / ella mi disse: "Volgiti e ascolta; / ché non pur ne' miei occhi è paradiso"...Dante sembra trovare negli occhi di Beatrice tutta la bellezza divina, ma Beatrice lo esorta a guardare altrove, oltre i suoi occhi, dove si può trovare tanta altra magnificenza. Così noi, quando pensiamo al sostantivo candore, anche se pensiamo istintivamente al bianco luminoso della neve, abbiamo la necessità di posare lo sguardo altrove.

La neve “ci consente di abitare davvero un colore”, ma non bisogna dimenticare che bisogna guardare anche altrove, oltre la neve. Il candore è della neve, è vero, ma è anche sinonimo di purezza, di ingenuità e di genuinità, di cose semplici, di rapporti sinceri, di sentimenti veri. Tutto questo ce lo ricorda Bruna Milani con il suo “Candori” (Etabeta – 2019), un libro di pensieri e riflessioni sull’inverno, sul Natale e su tutte le altre annesse e connesse manifestazioni insite all’evento. Un libro che narra il Natale come un’epopea, l’epopea di una ricorrenza carica di umanesimo.

Il libro della Milani è stato pubblicato l’anno scorso, poteva essere pubblicato tanti anni addietro come quest’anno, addirittura potrebbe non essere stato pubblicato e pubblicarlo negli anni a venire.  Questo perché i sentimenti che accompagnano le riflessioni sull’inverno, sul Natale, non cambiano con il passare degli anni.

La poesia contemporanea siamo abituati a riconoscerla subito perché si esprime in versi, in rima o liberi, ma sempre in frasi brevi, a volte perfino incomplete e monche. C’è di contro una narrazione in prosa, con descrizioni precise, con particolari puntigliosi che nulla lasciano alla fantasia del lettore. “Candori” non è né l’uno né l’altro. È una scrittura poetica, una sola poesia che si esprime in tanti Canti, tanti quanto sono gli episodi cui è composto il libro. C’è tanta religiosità in questo libro. C’è il Presepe. Dato per scontato ciò che rappresenta per i cristiani, la scrittrice, pardon la poetessa, ci dice anche cosa rappresenta Candori-2il Presepe per i non credenti: dialogo tra culture e religioni, comunità che accoglie il diverso, una nuova ipotesi di convivenza basata sul vivere il presente tutti insieme, nella pace e nella speranza.

Richiamo religioso, richiamo alle tradizioni popolari, ma non solo, il libro è un monito alle storture del consumismo (Non mi avranno i negozi che con troppo anticipo accendono luminarie), una reprimenda a difesa della natura contro ogni genere di speculazione economica e politica (Neve a ca’ Buschi), un suggerimento a riflettere sulla condizione delle donne (Sono convinta che la Befana sia stata inventata dalle donne e che sia una forma della loro rivincita).

Gasparino, il suo gatto, un po’ bianco un po’ color albicocca, ha di fronte alla discesa disordinata della neve lo stesso sguardo di ogni bambino. Ogni bambino che, come Bruna da piccola, cerca di dirigere come un direttore d’orchestra il disordinato ballo dei fiocchi di neve! (Doloroso ricordare, ahinoi, come questo sarà il primo Natale di Bruna senza Gasparino).

Quest’anno non ci sarà la messa di mezzanotte in Duomo e nemmeno si camminerà nella nave altissima, come in “Meraviglia di un Natale”. Perché, causa coronavirus, molto semplicemente non ci sarà nessuna messa a mezzanotte in nessuna chiesa, così come, secondo previsione meteo, nessun fiocco imbiancherà le nostre strade. Questo Natale non cade solo in una fase di decadenza sociale, cade anche in un periodo di pandemia. Ma, nonostante tutto, ad ogni bambino, così come era bastato alla piccola Bruna, basterà un albero vivo, vero, con un fresco profumo di resina e tante lucine colorate a far dimenticare qualsiasi preoccupazione, a non avere più paura del presente e, ancora più importante, del futuro.

Leggere la prosa di Bruna è rivivere la poesia di Tonino Guerra, Giovanni Raboni, Alda Merini. Ai colori Bruna ci aveva abituati: all’odore del colore come al loro tattile arcobaleno. Così si era espressa nella prefazione di una precedente ’opera “I colori a parole”, raccolta che mi fece innamorare delle sue poesie, di una in particolare non potrò mai dimenticare, una poesia che descrive attraverso un simbolico muro “bianco” una disperata scena di separazione: “Mediterraneo”. Un colore il bianco che allora separava (eravamo nel 1998) adesso in “Candori” unisce, unisce simbolicamente l’umanità grazie al candore della neve. Potendo traccerei un parallelo: I fiocchi di neve sono effimeri come “battiti di ciglia, battiti di cuore, dunque di vita”. Ce lo ha ricordato la poetessa stessa in “Battiti” un’altra raccolta del 2006. E visto l’approssimarsi della Natività, concluderei con una poesia della stessa “minimalia”:

 “Quasi innevato il bosco./ Quasi notte sul bianco./Quasi innocenza affiora/ nel sogno che resiste/alla fine della fiaba./ Quasi ci calma il cuore/ un sapore d’infanzia./ Quasi è Natale.”

Natale a Piacenza, un Natale di “Candori”

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