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Venerdì, 29 Marzo 2024
Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

Politically correct e cancel culture

La lettura di un libro non è finalizzata a capire il fine che l’autore si propone con l’opera. A volte non ci interessa nemmeno l’argomento principale su cui si sviluppa tutta la narrazione. Ma da qualsiasi lettura è sempre possibile estrapolare ciò che stimola la nostra curiosità, il nostro interesse. In questo periodo siamo sommersi da un’infinità di pubblicazioni finalizzate a darci la ricetta definitiva da come uscire dalla pandemia e di conseguenza di come ripartire, ricostruire, rinascere. Sono queste le parole d’ordine che dovrebbero attirare l’attenzione sull’ultima pubblicazione di Federico Rampini: “I cantieri della storia” (Mondadori – 2020).

L’oggetto principale delle duecento e più pagine del libro è costituito dalla narrazione di alcuni momenti storici, che sono stati alla base di profonde crisi e di grandi cambiamenti in alcuni Stati. Gli avvenimenti vanno dalla caduta dell’impero romano con annessa nascita del Medioevo per arrivare, con un salto di diversi secoli, alla seconda metà dell’Ottocento ed a tutto il secolo scorso. Credo che volere accomunare eventi storici così diversi e lontani tra loro, con proprie peculiari caratteristiche, per cercare di dare una ricetta alla profonda crisi contemporanea, provocata da un virus diffusosi su scala mondiale, sia un tentativo alquanto azzardato. Un tentativo che rimane nel libro delle buone intenzioni, perché la storia non è quel crogiuolo di sorti “magnifiche e progressive” e spesso gli eventi passati non sono capaci di insegnare alcunché alle nuove sfide cui devono far fronte interi Popoli.

Quindi cerchiamo di estrapolare ciò che dalla lettura può suscitare una qualche riflessione. Nel capitolo che riguarda “Schiavismo, Secessione, Ricostruzione” si fa notare come in America chi non si allinea oggi all’ethos del momento subisce veri e propri linciaggi mediatici. Questo perché il concetto del politicamente corretto (Politically correct) che sarebbe dovuto essere uno strumento liberatorio delle minoranze è diventato uno strumento persecutorio e limitativo della libertà di espressione della maggioranza.

Non a caso femministe storiche come Gloria Steinem e Margaret Atwood, esponenti della sinistra radicale come Noam Chomsky, scrittori libertari come Salman Rushdie hanno firmato, insieme a tanti altri intellettuali un manifesto, pubblicato su Harper’s Magazine, contro il clima di caccia alle streghe che si è venuto a creare negli Stati Uniti dopo l’uccisione di George Floyd. Qui azzarderei un parallelo con il concetto tutto italico di antimafia. Non potendosi dichiarare mafiosi, molti personaggi del mondo del malaffare hanno capito che potevano vivere e prosperare cavalcando l’onda lunga dell’antimafia. Ed in nome e per conto di una pretesa bandiera di legalità hanno tessuto una rete di protezioni che assicurava loro una parvenza di legalità pur continuando a fare affari nel classico modo mafioso. Prototipo di questo modo di operare è stato Calogero Antonio Montante detto Antonello, personaggio di spicco della Confindustria, un esempio eclatante di professionista dell’antimafia.

La situazione con la realtà americana è diversissima, ma è ugualmente valido il concetto di giustizia e libertà. Come per non essere mafiosi non basta formalmente sventolare la bandiera dell’antimafia, così per essere obiettivi non è necessario uniformare il pensiero a tutto ciò che prevede il politically correct, perché in questo modo finiremmo, non solo di non essere veritieri, ma addirittura di limitare la nostra stessa libertà. E noi abbiamo bisogno di Giustizia sì, ma soprattutto di Libertà. Il “Cancel Culture” è un altro fenomeno frutto di una reazione sconsiderata alle incresciose manifestazioni che si sono avute nella storia. Abbattere le statue di Cristoforo Colombo non ha nulla a che fare con l’eliminazione della segregazione razziale. Sarebbe come abbattere le statue di Giuseppe Garibaldi perché si sarebbe voluta un’Italia federalista di stampo cattaneo anziché soggiogata da un potere centralizzato come è stato sotto l’amministrazione sabauda. La storia non si può cancellare, come non si può eliminare qualsiasi elaborazione del pensiero, perché la storia è storia delle idee e la cultura è l’insieme delle cognizioni intellettuali che si sono stratificate in un determinato periodo.

Michela Murgia in un suo intervento sull’ultimo numero de L’espresso indica la categoria del “politicamente corretto come un nemico immaginario”, la sua accettazione, il suo uso quotidiano sarebbe un’evoluzione sociale, un’inclusione e allargamento dei diritti. Personalmente non credo possa essere sempre così, anche se non lo escludo. Le parole ed i modi di dire sono frutto di un processo culturale convenzionale. Quello che conta realmente è l’intenzione. L’intenzione è data dalla personale adesione a precisi modelli etici. Potrei dire Negro anziché Nero e non avere nessuna remora razziale, come potrei dire omosessuale anziché gay e non usare nessuna discriminante sessuale. È grave che certi libri vengano ritirati, che dei film vengano censurati, che monumenti vengano danneggiati o addirittura distrutti. Portare alla gogna chi ha sostenuto in passato o sostiene oggi idee differenti dalle nostre è un ritorno inquietante di caccia alle streghe, a metodi repressivi da Tribunale della Santa Inquisizione. Se di un libro riusciamo ad estrapolare anche solo una riflessione (potrebbe esser il caso di questo libro di rampini) allora possiamo dire di avere fatto una buona lettura. Ed in tutta franchezza devo ammettere che di libri che non suggeriscano almeno una qualche riflessione su cui soffermarci e magari da poter far nostra non ne esistono! Quindi attenzione, ogni qual volta troviamo delle affermazioni che tendono a porre delle censure ai nostri ragionamenti ricordiamoci di quanto affermano i 150 noti intellettuali con la loro lettera aperta di non fare nessuna scelta tra i termini di giustizia e libertà, perché non sono concetti alternativi, anzi si sostengono e si convalidano a vicenda: non ci può essere giustizia senza libertà. In primis senza libertà d’espressione.

Politically correct e cancel culture

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