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Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

Rula Jebreal e la speranza del cambiamento

Ho letto il suo ultimo libro a sostegno della parità di genere ma mi ha anche favorevolmente colpito un bel servizio su un noto settimanale femminile che l’ha, come un’icona, posta in copertina

Il più delle volte è il caso a decidere per noi dei tanti avvenimenti della vita. Caso ha voluto mi trovassi a leggere due libri consecutivamente scritti da donne. Una giovane francese Pauline Harmange con il suo “Odio gli uomini” e Rula Jebreal con “Il cambiamento che meritiamo” (Longanesi-2021). Pauline inizia il suo pamphlet con l’esaltazione della misandria: “Io odio gli uomini. Ma proprio tutti? Sì, tutti”. Rula invece comincia il suo libro con un riferimento storico, Angela Davis, una militante che ha saputo coniugare la lotta per l’emancipazione delle donne con la lotta per la conquista dei diritti civili in America. Così ci accorgiamo subito che le parole contano. Che odiare è l’opposto di amare. E che affinché le rivendicazioni abbiano uno sboccoangela-davis-2 positivo, bisogna costruire alleanze, unire bisogni, non creare steccati e divisioni. “Io amo le parole” ci dice la Rula “Ho imparato, venendo da un luogo di guerra, a credere che le parole giuste, le domande giuste e il peso che comportano possano ispirare le persone a combattere per il proprio futuro, possano spingerle verso il cambiamento a guidarle nei momenti di crisi. Le parole innescano una luce di speranza che arriverà sempre a squarciare l’oscurità”. Una lettura comparata dei due libri perde, fin dalle prime mosse, qualsiasi appiglio, non può assolutamente essere sostenuta. Non c’è storia. Ed allora visto che del libro dell’Hermitange ho già scritto (negativamente), parlerò questa volta del libro della Jebreal (positivamente).

E scrivo non solo perché ho letto il suo ultimo libro a sostegno della parità di genere ma perché mi ha favorevolmente colpito anche un bel servizio su un noto settimanale femminile che l’ha, come un’icona, posta in copertina. La cultura non è solo quella che si trova nei polverosi scaffali delle librerie ma anche quella veicolata dalla stampa di intrattenimento, a volte (sbagliando) considerata frivola. Nel 2020, abbiamo avuto modo di assistere ad uno spettacolo televisivo, come il Festival di Sanremo, dove, grazie alla sua presenza e ad alcune sue letture, un tema come la violenza sulle donne ha emozionato e colpito l’Ariston e tutti i telespettatori da casa. Due leggii, uno nero (sulla violenza alle donne) l’altro bianco (canzoni scritte da uomini). Come non ricordare “La cura” di Battiato o “C’è tempo” di Ivano Fossati. È l’odio, il sentimentoRula-F--2 preferito dai sessisti di tutto il mondo che cercano di annichilire le donne, tutte le donne. C’è bisogno allora di contrapporre un forte sentimento di solidarietà, c’è bisogno di una coalizione di umanisti e progressisti a difesa delle donne: “Abbiamo bisogno di nuovi costruttori, uomini e donne, che sappiano volgere lo sguardo a orizzonti fatti di nuovi diritti e conquiste”.

Non credo sia stato facile per Rula parlare della sua storia, la storia della sua famiglia, una storia di violenze e sofferenze inaudite. La madre suicida, quando lei aveva appena solo cinque anni. Nadia, questo il nome della madre, era stata violentata dal patrigno a tredici anni e prima che dalle fiamme, il suo corpo era stato divorato dall’orrore e dalla violenza. Rula è nata ad Haifa, città sorta ai piedi del monte Carmelo, può essere considerata palestinese o israeliana, italiana o americana, visto che ha cittadinanza italiana mentre vive e lavora negli Stati Uniti, la nazionalità comunque conta poco, può sicuramente essere considerata una cittadina del mondo, soprattutto una donna nel mondo. In un mondo in cui molte cose non vanno ancora nel verso giusto. Nel campo dei diritti umani ad esempio. Diritti umani e parità di genere che spesso risultano così annessi e connessi da non poter fare a meno che lottando per l’affermazione degli uni si debba lottare anche per l’affermazione degli altri. Allora è necessario proseguire la lotta iniziata da Martin Luther King per il riconoscimento dei diritti ai Neri d’America, come da Nelson Mandela contro l’apartheid nel Sudafrica. Il caso di George Floyd ha fatto scendere nelle piazze un movimento di protesta e rivolta come Black Lives Matter, così come il movimento Me Too è sempre pronto a far sentire la propria voce come movimento femminista, contro qualsiasi molestia sessuale e ogni forma di violenza sulle donne, in qualsiasi parte del mondo si manifesti. La costruzione di una piena uguaglianza tra uomini di diverso colore come delle persone di generi diversi passa attraverso la costruzione di reti. Reti di solidarietà, di alleanze politiche che pongano le basi per la creazione di sinergie tra individui che pretendono un mondo più equo e giusto.

Io ricordo da ragazzino scrivere sui muri delle case di uno sperduto paese siciliano scrivendo: No al razzismo, libertà per Angela Davis. Credo sia lo stesso desiderio di giustizia a spingere oggi Rula Jebreal a scrivere i suoi libri, a dire che la battaglia non è finita che le donne sono sempre più determinate a plasmare il futuro che meritano, dove la parità non dovrebbe essere più un miraggio o un privilegio per pochissimi ma un diritto, un diritto per tutti!

Questo 25 Aprile 2021, ricordiamo la Resistenza, la resistenza della guerra di Liberazione, come un grande movimento popolare, che ponendo fine alla dittatura fascista poneva le basi per la creazione di una società più giusta, più libera e più egualitaria. Il vento del cambiamento credo continui a soffiare sempre ed insistentemente nella stessa direzione. Non sarà certo un caso se Rula termina il suo libro con un appello pieno di speranza: “la speranza di aver posto le basi concrete per realizzare il sogno antico di una società migliore, dove la parità, la libertà e la diversità sono un diritto di nascita che lasciamo alle prossime generazioni, un diritto di primogenitura”.

Rula Jebreal e la speranza del cambiamento

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