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Libri piacentini

Libri piacentini

A cura di Renato Passerini

"Racconto d’estate"

La nostra sezione Cultura, curata dal giornalista Renato Passerini, dedica questo spazio alla segnalazione e recensione di libri piacentini. Ne entrano a far parte le opere che trattano argomenti riguardanti la nostra provincia: geografici, storici, ambientali, economici, urbanistici, folcloristici, ecc.; a queste si aggiungono i libri di autori piacentini, per nascita o per adozione e i cataloghi delle esposizioni allestite sul territorio provinciale e i racconti degli amici lettori

Racconto d’estate

Ricordo, quando da ragazza, in estate, soggiornavo nella casa di campagna dei miei nonni paterni. Quanta tenerezza dimostravano all'amata nipotina, loro che erano così buoni!

Dopo cena, all'imbrunire, ci sedevamo sui gradini della casa ad ammirare i bellissimi tramonti, tinti di ciclamino, esortanti più che mai a stare insieme e parlare di storie vissute che si concludevano con allegri canti.

Le finestre davano sul cortile, delimitato da un muro basso, ricoperto di gerani di colori accesi; in alto, si incontrava un cielo azzurro chiaro, percorso da nuvole bianche, sfuggenti verso il giorno, promettente ancora un'intensa calura.

Si creava, così, un'oasi, tradizionalmente unica, invitante per le persone intorno, ed allora  supplicavo:"Nonno, proviamo a cantare!"

Intanto, lui privava, pacatamente le sue labbra del sapore della pipa ed iniziava con toni bassi, quasi tremanti dall'emozione: "Quel mazzolin di fiori"… ed io continuavo, con toni acuti e sottili "che vien dalla montagna"…. e poi, insieme ….., fino a quando l'aria umida della sera ci faceva addormentare.

Avrei voluto che le giornate fossero interminabili per soddisfare i miei versatili desideri; a volte mi piaceva correre nei prati, nascondermi nei boschi tra i fiori bianchi profumati di robinia, avvolta dal canto delle cicale, poi scendere nella stradina che portava al torrente ed immergere i piedi in quell'acqua limpida e pulita.

Il nonno, da bravo intenditore storico, come militare di guerra, sapeva colmare le mie lacune archeologiche; gli argini di terra, erosi dall'acqua, spiegava, avevano messo allo scoperto alcuni resti di tombe che risalivano all'epoca romana, a significare che in quel luogo c'era stato un cimitero.

Con la nonna Maria, dall'altipiano, stavamo ad osservare la piena del torrente, nella stagione delle piogge; l'acqua era fangosa, di un marrone ruggine, ricolma di detriti, ma alla fine, un di sassi bianchi, brillanti, spuntava dall'acqua, ritornata trasparente.

A tratti, un colore grigio scuro metteva in evidenza una pericolosa profondità, ma anche isole geometriche di sabbia, lucenti a qualche raggio di sole sfuggito da nubi scure, sospinte dal vento.

L'aria aveva un sapore di selvatico, se stavi rilassata a respirarla, ti entrava nella pelle, arsa da un sole cocente, donandoti un senso di refrigerio.

La nonna mi aveva regalato una collezione di foulard di seta leggera, che sembrava perlata, di diversi colori, dal giallo al lilla; me li annodavo attorno al capo, "alla contadinella" e con lei di sabato ci recavamo al mercato, con le uova da vendere nella sporta.

Ella riusciva a percorrere un'infinità di chilometri a piedi, portando con sé cestini di frutta o pezzi di stoffa che comprava al banco dei tessuti, per cucire delle splendide gonne, lunghe e vaporose.

A volte, la seguivo lentamente in bicicletta e da un po' di metri di distanza  si sentiva il  tacchettio dei sandali scuri,  tra i ciottoli  che spuntavano dall'acqua  prosciugata delle pozzanghere.

Da quella pericolosa caduta in bicicletta, sull'argine del torrente, avevo rischiato la perforazione del torace, ed allora, il limite di velocità era diventato, per me, davvero un obbligo!

Mio padre era stato in guerra sette anni e a ventisei si era sposato, ma, allora, con poca disponibilità economica ed i minimi risparmi venivano utilizzati per curare questa povera bambina che era così gracile!

Sia il nonno che mio padre avevano fatto della guerra una dura esperienza di vita; erano partiti giovani, inesperti, illusi, incapaci di valutare il pericolo, le sofferenze, le privazioni affettive, la morte!

Ho davanti agli occhi una foto di nonno Vittorio, nella sua austera uniforme; lì si trovava in una prigione austriaca, ma era con molta dignità, a testa alta, con quegli occhi così neri e profondi che supplicava un ricordo del suo bambino, morto all'età di un anno per una polmonite.

Sembrava avvertisse da lontano l'angoscia di quella piccola bara bianca che non avrebbe mai visto sepolta ed il velo nero di Maria in una disperata solitudine!

Mio padre ci raccontava spesso le sue esperienze militari.

Era un uomo bellissimo, interessante, aveva un fisico da attore, un viso dolce, ma rattristato da quella vita che gli aveva dato per tanti anni il compito di essere un artificiere.

E lui compiva il suo lavoro con diligenza; si aggirava tra i boschi di castagni del Piemonte ed i gustosi aromi degli agrumi di Sicilia; era umile ed ubbidiente e spesso i superiori lo premiavano donandogli una licenza straordinaria per tornare a casa, nella sua famiglia.

Io ero quasi gelosa di mia madre, della fortuna che le aveva regalato un uomo meraviglioso come mio padre, che sicuramente non l'avrebbe mai tradita.

Nonna Maria si sentiva molto responsabile della mia vita, che doveva come custodire, proteggere ed anche salvaguardare dalle avversità, un vero Angelo custode per me.

"Non voglio che ti allontani troppo dalla casa, senza di noi!", mi diceva severamente, fissandomi con i suoi tristissimi occhi di colore verde scuro, come velati di nebbia, che risaltavano tra una delicata treccia di capelli raccolti, bianchi come la neve.

"Non preoccuparti, nonna, sono diventata grande!", rispondevo, mentre scivolavo dal sentiero, tra sottili ciuffi di erba, sulla strada impolverata, dove i camion trasportavano la ghiaia, lasciandomi alle spalle la villetta bianca, circondata da uno splendido giardino fiorito e più in là, di grandi alberi da frutta ed un vigneto prossimo alla vendemmia.

Una notte, avevo sognato una finestra sul mare. Abbassando gli occhi, le onde chiare e celesti seguivano il mio pensiero trasportandolo dolcemente nell'infinito. Quante esperienze avrei dovuto vivere! Tutta una vita!

Rosanna Cesena

"Racconto d’estate"

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