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Giovedì, 18 Aprile 2024
Libri piacentini

Libri piacentini

A cura di Renato Passerini

“Una strada maestra. Viaggio sentimentale in Valluretta”

La nostra sezione Cultura, curata dal giornalista Renato Passerini, dedica questo spazio alla segnalazione e recensione di libri piacentini. Ne entrano a far parte le opere che trattano argomenti riguardanti la nostra provincia: geografici, storici, ambientali, economici, urbanistici, folcloristici, ecc.; a queste si aggiungono i libri e le recensioni di autori piacentini, per nascita o per adozione, e i cataloghi delle esposizioni allestite sul territorio provinciale. Saggi e recensioni di amici del nostro blog

Oggi segnaliamo

“Una strada maestra

Viaggio sentimentale in Valluretta”

Nuova edizione riveduta e accresciuta

Autore Umberto Fava

Editore Tipolitografia Costa, Borgonovo V.T.

Anno edizione 2020

Pagine 208

Formato cm 11 x 23

Grafica Alberto Ghiadoni

Prezzo € 18

In copertina “Siesta”, xilografia di Mansueto Barbieri.

Ritorna in libreria questo volume di Umberto Fava edito nel settembre 2020 e ora pubblicato in edizione “riveduta e accresciuta”, che non “allunga il brodo”, ma è arricchita di altre storie vere di gente semplice e di altri sguardi sulla valle, nuovi incontri e ricordi, piccole vicende umane che rivelano i problemi che hanno angustiato questa terra, le speranze che l’hanno tenuta in vita, miracolo compreso.

Sì, miracolo, per il quale dovrebbero suonare a festa tutte assieme le campane della valle (almeno quelle rimaste). Suonare a distesa da Piozzano fin su a Groppo Arcelli: dopo anni di attesa, la Prov…

La Provvidenza? No, la Provincia. La quale ha finalmente completato la sistemazione e l’asfaltatura della strada della Caldarola, l’intervalliva di 28 chilometri Valluretta-Valtrebbia tra la pianura e la montagna.

Proprio nei giorni scorsi sono ultimati i lavori per la bitumatura dei 4 chilometri da tempo rimasti (o dimenticati) bianchi: quelli che dal bivio tra gli abitati della Stella e di San Gabriele salgono verso Vidiano passando per quel gioiello di storia e religione che era Pomaro.

I sospiri degli abitanti della zona devono aver intenerito perfino i sassi di questo tratto sassoso, intenerito al punto di arrivare oggi a mettere la parola fine ai lavori iniziati nel lontanissimo 1949 (sul versante di Mezzano Scotti). E’ la “Strada Maestra” che Umberto Fava ha raccontata nel suo libro e percorso passo passo nel suo “Viaggio sentimentale” fra la gente, i paesi, le osterie, le chiese, le feste e i lutti, le storie raccolte e raccontate lungo la via.

Il filo conduttore di questo viaggio sentimentale è la strada maestra che dà il titolo al libro, una strada che non invita la gente a emigrare, ma a tornare, con sentieri e destini che legano paesi ed anche storie, persone e personaggi. Tra questi, Fiorenzo Tosi, Pierluigi Elefanti e Bonfiglio Raschiani - alla cui memoria il libro è stato scritto – e Piozzano, rimasto il villaggio che era, “degno del Sabato del villaggio di Leopardi”.

“In Valluretta adesso – dice l’autore – si vedono più piscine che stalle, più ville che cascine. Ai nuovi arrivati in valle non interessa sapere com’erano queste colline una volta, come si viveva, com’era quella gente quando s’andava a piedi o sui baròs e le strade erano bianche e gli inverni non finivano mai?”.
Ecco una delle ragioni di “Una strada maestra” uscita nel fine estate del 2020 e adesso ritornata in una nuova edizione riveduta e accresciuta. Parecchie pagine sono dedicate alle vecchie osterie dell’alta valle. Ne sono anzi una specie di colorita e affettuosa apologia.

“E sempre sia lodata – scrive Fava ridendoci su – colui che ha inventato quel mitico luogo di degustazioni, libagioni, visioni e chiacchiere chiamato osteria, l’unico posto al mondo dove il razdùr col marsinei o il tabàr può finalmente fare quel che a casa sua con la sua razdùra non può fare: comandare. Un mezzo di rosso o di bianco”.

Nel “Viaggio sentimentale” di Fava non tutto però è sentimento, idillio, poesia, sorriso e scherzo. Ci sono anche moti di rabbia e di ribellione. “Le chiese di Nostro Signore… In certe parti della terra, si incendiano e si distruggono. Qua si vendono. E a me si crepa il cuore”.

“Qua – osserva Fava con una smorfia d’irrisione nelle parole e sulle labbra – la chiesa è in mutande. Qua, come dice la vecchia canzone, ha venduto i suoi calzoni per un piatto di maccheroni”.

Irrisione, ironia, ma anche sgorgo di commozione per chi c’era e non c’è più e che con la sua presenza faceva più bella e saggia la valle; e pietà e pianto per il sangue versato su queste strade e questi colli nella guerra fratricida che - per Fava - non ha portato gloria a nessuno ma solo lacrime a tutti”.

L’AUTORE. Umberto Fava, giornalista, scrittore, fabbricante di parole e di leggiadre e fantasiose iperboli, che si considera “un vecchio lupo che non ha perso né il pelo né il vizio. Il vizio di scrivere”.

Di lontane origini galliche o longobardiche, piacentino di via Roma e di Porta Galera (quando esser detto di Porta Galera non era folclore, ma quasi insulto), Umberto Fava - 1940, che vuol dire essere stato ventenne quattro volte - è giornalista professionista. Ha cominciato al tempo in cui in tipografia le linotype facevano il fracasso di due treni che s'incrociano su un ponte di ferro come questo qua sul Po, e le dita si sporcavano di nero sopra le righe di piombo e sulle bozze appena inchiostrate.

Quel che ha fatto è stato principalmente scrivere per molti anni - prima come collaboratore, poi come redattore - sulle pagine di Libertà, dove è stato a lungo critico teatrale della prosa, incarico affidatogli da Ernesto Prati e che Fava ha lasciato quando s'è accorto che l'udito cominciava a tradirlo.

In sostanza è uno scampato ai quei tempi, tanto che un bel giorno, il primo giorno di primavera del 2020, l'Ordine dei giornalisti dell'Emilia-Romagna gli ha conferito - come agli altri scampati - una pergamena per "40 anni di attività giornalistica".

E scrivere anche sulle pagine dei libri che è andato pubblicando dal 1961, col suo primo volumetto, un atto unico per il teatro, alle altre operette di narrativa che sono seguite: "L'anno del mai" e “Il bel tacer", che l'autore con finta modestia definisce romanzetti solo perché non sono romanzoni da 2 mila pagine.

Poi le raccolte di racconti "Facile dire Po", "Se il Po fosse Guttumio", "Il quadrifoglio di Medea", "La dodicesima Notte", "La tempesta nel bicchiere", il racconto lungo "Pordenone, scalata al cielo", "Doppio Gioco" con Maurizio Rossi e, sfidando il digitale, "Le strade e i destini" pubblicato on line, ed altro.

Nel 2017 ha ricevuto dalla Famiglia Piasinteina l’”Angil d’Or” fra l’altro per la sua intensa e lunga attività di critico teatrale svolta “con equilibrio e autorevolezza“.

“Una strada maestra. Viaggio sentimentale in Valluretta”

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