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Locale-globale. Noi visti da fuori

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A cura di Flaviano Celaschi

Birra e vino si contendono il mondo

È come un gioco: preferite la birra o il vino? Ma chi, per lavoro o per vacanza, gira il mondo, quando si trova in Olanda o in Danimarca insiste sul vino o si concede alla birra, e se deve andare in Francia persiste a cercare birra o si concede ai migliori vini del mondo?

È come un gioco: preferite la birra o il vino? Ma chi, per lavoro o per vacanza, gira il mondo, quando si trova in Olanda o in Danimarca insiste sul vino o si concede alla birra, e se deve andare in Francia persiste a cercare birra o si concede ai migliori vini del mondo? Questi alcuni dati e concetti chiave: nel 2014 la superficie viticola mondiale tocca i 7.5 milioni di ettari; la produzione mondiale di vino 2014 (esclusi succhi e mosti) è stimata in 270 milioni di ettolitri; il consumo mondiale di vino è stimato in 240 milioni di ettolitri nel 2014.

Iniziamo a dire che, pur da non esperto, ma da semplice consumatore educato, noto che i Paesi che ormai hanno un’elevata produzione di qualità sia nel vino che nella birra mi sembra che stiano aumentando di anno in anno. Così il Brasile, che forse è il Paese che consuma pro capite più birra del mondo (anche per merito delle temperature), comincia ad avere ottimi vini bianchi spumanti e qualche discreto vino rosso di qualità (e così anche il Messico e gli Stati Uniti, solo per citare grandi nazioni popolose).

La Cina rappresenta in questo un’eccezione interessante. I tedeschi verso l’inizio del secolo scorso hanno insegnato l’arte della birra e la Repubblica popolare cinese ha deciso di concentrare tutta quanta la produzione di massa in una sola città, che da appunto il nome alla marca locale più importante (Tsingtao) che copre il 50% del consumo cinese e dei cinesi fuori dalla Rpc. Ma sempre in Cina ci sono ormai quasi 900.000 ettari di viti e un consumo che viene stimato nel 2014 in circa 15 milioni di ettolitri (metà degli USA e quasi quanto in Italia – 21 milioni di ettolitri).

Costituisce sorpresa per qualcuno trovare in medio oriente (soprattutto in Israele) un’ottima produzione vitivinicola (basterebbe ricordare che la vite nacque da quelle parti). Costituisce altrettanto stupore scoprire che proprio i Paesi che hanno una grande ed importante produzione di vini (Francia, Italia, Spagna) sono nel contempo Paesi che stanno sviluppando una sempre più ingente e qualificata produzione di birre da premio. Altrettanta sorpresa sapere che i primi consumatori di Prosecco nel mondo sono gli Inglesi, diciamo soprattutto Londra, ma che anche gli Irlandesi amano i nostri vini nonostante un gioco di tassazione locale porti i vini a costare molto di più che in altre parti d’Europa. L’est Europa sta crescendo bene con i vini mentre è già un mercato ricchissimo per le birre (Polonia, Ucraina, Romania, Moldavia, etc.).

Mentre non stupisce più nessuno comprendere l’elevatissimo numero di piccoli e a volte minuscoli produttori di birra che stanno nascendo in ogni dove nel mondo, mentre in Italia ed in Francia sanno calando i piccoli produttori di vini.

E da noi, qui al nord Italia? L’impressione è che cali il consumo quantitativo di vino e cresca quello qualitativo, mentre sulla birra forse il dato interessante è proprio l’aumento di fanatismo positivo, persone che hanno o stanno apprendendo molto sul processo e che cominciano ad esigere un prodotto di qualità.

Così il derby tra vini e birre fa crescere l’attenzione sulla convivialità alcolica e non esiste parte del mondo dove non ci si aspetti che un italiano arrivi con una bella bottiglia di vino in mano per l’ospite di turno. Perfino a Milano, nota terra di ignoranza vinicola particolare, sta migliorando fino quasi a stigmatizzare la società in persone abbienti (quelli del vino) e in persone del popolo (quelle della birra). Ogni scusa è evidentemente buona per fare razzismo.

Birra e vino si contendono il mondo

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