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Martedì, 16 Aprile 2024

Mamma e papà si separano. E ora che succede?

La separazione dei genitori all'interno della famiglia è un momento delicato che porta con sé rottura e riorganizzazione dei legami. Affrontarla nel modo giusto si può, rimanendo genitori anche se non più una coppia. E' la conflittualità tra i genitori che porta sofferenza ai figli, non la separazione. Vediamo come rielaborare la fine del matrimonio e come rapportarsi al meglio con i figli

Negli ultimi anni in Italia i dati  Istat ci informano che su 1000 matrimoni celebrati (religiosi e civili) circa la metà va incontro a separazione o divorzio e quasi la totalità di ex coniugi ricostruisce un nuovo nucleo familiare. Sempre più spesso quindi ci troviamo a fare i conti con questi eventi di vita, in prima persona o anche soltanto indirettamente.

La separazione coniugale viene oggi considerata per il nucleo familiare un evento critico, più o meno atteso, che richiede all’intera famiglia una riorganizzazione e ridefinizione dei rapporti tra i membri ed un’attivazione di risorse sia interne che esterne. La separazione introduce una rottura nella coppia coniugale ma nell’evoluzione della famiglia deve rimanere un aspetto di continuità, il rapporto genitoriale..

Il processo di adattamento alla separazione ha dei tempi relativamente “fisiologici”. Molte ricerche evidenziano che i vissuti più negativi in termini di rabbia, depressione, senso di colpa, sia per gli ex coniugi che per i figli, tendono ad affievolirsi dopo due anni circa dalla separazione. Il processo di rielaborazione della separazione si articola in tre fasi.  La prima, immediatamente successiva alla separazione, è caratterizzata da una disorganizzazione familiare con episodi di scontro e sconforto; la seconda dopo 18 mesi circa, porta dei progressi ma anche delle regressioni, in quanto i confini familiari sono ancora instabili; in fine la terza corrisponde al raggiungimento di una nuova stabilità. Le donne raggiungerebbero questa fase circa tre anni e mezzo dopo la separazione, mentre per gli uomini il tempo necessario sarebbe mediamente intorno ai due anni e mezzo.

I coniugi che decidono di rompere la loro unione si trovano di fronte al compito di doversi impegnare nell’elaborazione del “divorzio psichico”, ovvero cercare di comprendere il fallimento del legame, ritrovare una progettualità individuale avendo fiducia nelle proprie capacità. In questo modo si definiscono in maniera non ambigua i nuovi confini del legame che permane, senza cadere in modalità deleterie come l’attaccamento confusivo o l’esasperato conflitto.

Ora arriviamo al nodo cruciale, i figli nel mezzo di questa turbolenza. Per loro non è obbligatoriamente un evento negativo, lo diventa nella misura in cui vi è un conflitto e malessere emotivo nei genitori. I bambini sono come spugne, assorbono tutto quanto di affettivo viene dato loro, soprattutto quando proposto da figure così importanti come i genitori. La gestione del conflitto improntata alla cooperazione e collaborazione costituisce una premessa di importanza essenziale per il benessere dei genitori ma soprattutto per quello dei figli. Le ricerche italiane ed internazionali concordano nel ritenere fondamentale, per l’adattamento dei figli coinvolti, una netta distinzione tra le problematiche di coppia e quelle relative al ruolo genitoriale. E’ quindi il mantenimento della conflittualità tra ex coniugi e non la loro separazione a produrre conseguenza dannose per i figli. Si può affermare dunque che una famiglia con genitori conviventi, ma conflittuali, incide molto più negativamente sul benessere dei figli rispetto ad una famiglia con genitori separati, che mantengono un rapporto equilibrato.

Quale comportamento corretto tenere verso i figli e cosa evitare:

  • Creare un contesto rassicurante di collaborazione facendo chiarezza sul cambiamento avvenuto evitando così di dare la falsa illusione di un ritorno insieme.
  • Stabilire in accordo scelte per la cura e l’educazione dei figli, avendo così una linea comune e non visioni contrapposte, stabilire regole comuni.
  • Evitare accuse reciproche in una sofferenza senza fine, coinvolgendo così i figli, come protagonisti indiretti, in una lotta che non risparmia squalifiche all’ex partner.
  • Non escludere il genitore non affidatario dalla vita dei figli come fosse un nemico da eliminare, il rapporto con entrambi i genitori è fondamentale.

Vi è poi un passaggio seguente altrettanto delicato, la ricostruzione di un nuovo nucleo familiare, la famiglia diviene così pluricomposta dai nuovi legami con i compagni dei genitori. Fondamentale è dare ai figli il tempo necessario per rapportarsi con queste nuove figure che non andranno a sostituire l’uno o l’altro genitore ma arricchiranno di risorse positive il rapporto.

Osserviamo l’aspetto terminologico che interessa la denominazione dei ruoli dopo una seconda unione. Come chiamare il partner della madre? Ed i suoi figli? I termini usati in passato come “patrigno” e “fratellastro” hanno una connotazione chiaramente negativa e devono essere superati.

 Il concetto di famiglia ha subito negli anni, e sta ancora subendo oggi, profonde trasformazioni, la società deve far fronte al cambiamento valorizzando le risorse di queste nuove forme di famiglia. 

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