La femminista che non aveva bisogno delle leggi dei maschi
Un monumento strano perché raffigura il poeta a mezzo busto qui celebrato e a figura intera una sua creatura poetica, la sua più famosa: la batusa
Nei Giardini Margherita, davanti alla stazione ferroviaria, c’è il monumento al poeta dialettale piacentino, Valente Faustini. Un monumento strano perché raffigura il poeta a mezzo busto qui celebrato e a figura intera una sua creatura poetica, la sua più famosa: la batusa. Un termine che si potrebbe tradurre, con tutte le approssimazioni del caso, come la sfrontata, la sfacciata. Una giovane che non ha paura di nessuno, sa le sue ragioni ed è intenzionata a farle valere. Era (anzi erano, perché le batuse erano tante, a Piacenza) una femminista antelitteram, una femminista cioè in carne ed ossa che da noi era viva e vegeta prima che del femminismo si cominciasse a parlare, non dico in Italia, ma anche nel mondo. La batusa viene illustrata esattissimamente in questo rilevante monumento di Oreste Labò in un suo atteggiamento ordinario: con il petto esibito come un ‘arma, il mento in fuori, le mani puntate sui fianchi e la fasia arseita. La batusa non ha bisogno di attendere l’approvazione del suo maschio per dire che cosa pensa, con un dialetto rauco ed abrasivo, che non ammette repliche e che comunque è usato per imporsi. Un dialetto di libertà che meriterebbe di essere storicamente e sociologicamente analizzato, descritto e decifrato anche in questa sua funzione.
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