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Venerdì, 29 Marzo 2024
Piacenza Nostra

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A cura di Cesare Zilocchi

Il meteo piacentino nell'Ottocento

Testimonianze dai giornali piacentini dell'epoca sul meteo e sugli effetti provocati all'agricoltura locale

5.  L'Ottocento

Durante la ducea di Maria Luigia d’Austria (1816-47) i cronisti non registrarono eventi meteo straordinari, fatte salve alcune piene stagionali del Po.   Dal 1848, quelli che abbiamo chiamato “fattori esterni” furono i moti  del risorgimento nazionale e successivamente al 1861 gli sforzi per la costruzione politica e finanziaria dello Stato unitario.  Ricordiamo a quest’ultimo proposito l’imposizione sul macinato che gravò pesantemente sui tutti i grani da mulino.  A farsi dall'anno 1859 disponiamo  di "gazzette" piacentine e in particolare la dettagliata, utilissima cronologia a cura di Corrado Sforza Fogliani e Antonietta De Micheli, che ci permette di seguire puntualmente i fenomeni climatici di casa nostra. 

Sulla metà del luglio ’67 Il Corriere Piacentino attribuisce alla stagione torrida la diffusione del colera (571 casi in due settimane).  Due mesi dopo, la Trebbia, il Nure  e l’Arda, causa le continue piogge, fanno gravi danni  lungo il loro corso. Il 5 ottobre ’68 il Po  esonda invadendo le parti basse della città e le terre in sponda sinistra fino a Guardamiglio.  L’anno seguente copiose nevicate primaverili, specialmente  nelle valli del Nure e del Trebbia.  Idem  sul finire del marzo ’70. In maggio eccezionale calura interrotta  il giorno 23 da un violento temporale con grandine. Il 20 agosto la grandine devasta le campagne e distrugge il raccolto delle uve. Notizia del 18 gennaio 1871: ingrossamento del Po. Grossi massi di ghiaccio trasportati dalle acque causano danni presso la città. Sul finire del settembre ’72  il Po (alto 9,12 mt) entra in città dalle porte di Borghetto e Fodesta. Nuova piena nel gennaio ’73.  Sulla metà del giugno’74 temporale violentissimo  in città. In piazza Duomo un inserviente viene gettato a terra dal vento e ne morirà tre giorni dopo. Pesante nevicata negli ultimi giorni del febbraio ’75.  Vendemmia infelice nel ’76, non per il clima quanto per la peronospera. Ma l’anno dopo scrive il Progresso: l’introduzione dell’uva il città è straordinaria.  Poi segue una prolungata  siccità novembrina. Ultimi di maggio ’89, dice il Progresso che l’inondazione presenta  uno spettacolo di desolazione e di spavento. In sponda sinistra sembra che il Po abbia cambiato il corso normale. L’8 dicembre il termometro segna 11 gradi sotto lo zero. Il giornale La Verità scrive l’8 luglio che dalle campagne arrivano le più lusinghiere notizie. Abbondante il frumento, belle e rigogliose melica e fave. L’uva come non si vedeva da anni. 

Il progresso del 4 gennaio ’91: la stagione continua a conservare i tepori della primavera.  Frumenti belli e rigogliosi, fave robuste, prati ridenti, viti ingemmate, tutto insomma promette una vera abbondanza; cosi il giornale La Verità del 26 aprile. Solita calura in luglio ma il giorno 26  piove inverando il detto: per Sant'Anna un po' d'acqua è tanta manna.  Il 20 gennaio '92 scrive Il Progresso: anche oggi vi è un sole primaverile. Quest'anno la stagione è eccezionalmente bella (pioverà il successivo 27 febbraio).  Segue una abbondante fienagione,  ottima mietitura e grande vendemmia.  Nulla da segnalare fino al luglio '93, quando scoppia  un gran caldo.  Come da copione, verrebe da dire, ma a partire dal 5 agosto il sindaco, con proprio atto, richiama e riserva alla città tutta l'acqua del Trebbia addotta al Rio Comune, escludendo ogni altra utenza.  E' un antico diritto che la città usa quando la siccità rischia di mettere a rischio l'igiene pubblica. Poi piove e succede niente di grave. Sul finire di novembre Il Progresso riferisce che il tempo è splendido e il sole incantevole.  Bufera di vento reca danni il 27 maggio '94.  Caldo e siccità nel luglio.  Ottima vendemmia, sia  per qualità che per quantità. 

Arriva la prima neve già sul finire di novembre e altra ne seguirà in abbondanza nei mesi invernali del '95, tanto che qua e là ci si lamenta delle "immani cataste" di neve accumulata nelle strade. In osservanza dell'adagio: Natale col sole,  pasqua col tizzone, alla metà di aprile il tempo è brutto.  L'autunno si presenta con uve bellissime. Secondo Libertà al 18 ottobre  ne sono entrate in città per 40.500 quintali.  E poiché pagavano  dazio, godono pure le casse del Comune. Saltiamo al 27 gennaio  '96. Scrive Il Progresso: se questa mitezza dura, anche i tre famosi giorni della Merla saranno sconfitti. Dura fino al 26 febbraio quando nevica in abbondanza perché, come dice il proverbio "il lupo non ha mai mangiato l'inverno". Passa la neve e il 20 aprile gli agricoltori cominciano a temere la siccità. Niente siccità, ma a metà luglio: "uffa che caldo. Come a Massaua...". Vabbé, però lo stesso giornale il giorno 22 osserva: da noi il raccolto del frumento è stato di un buon quarto di più dello scorso anno. Oggi si direbbe maggiore del 25% (mica bruscolini).  Prima di ferragosto  sono piogge  torrenziali e frane nelle valli. Persino il Po fa una piena estiva. Niente festa al santuario di  Santa Franca perche sul monte Lama è caduta molta neve (Il Progresso 30 agosto). Altra piena prolungata del Po che in novembre  fa danni "assai gravi" su entrabe le sponde.  In compenso dicembre passa senza neve. Ma in gennaio piove, si svegliano le frane (grave quella di Biana) e il Po torna in piena. Effetti di un inverno comunque mite.  Nulla da segnalare fino ad ottobre. In città entrano più di 40.000 q.li di ottima uva. Una spruzzata di neva a novembre e poi tempo splendido, primaverile.

(6. continua)

        

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