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Piacenza Nostra

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A cura di Cesare Zilocchi

Muntà di Ratt, spunta uno strano monumento

Che a Piacenza spunti di notte un monumento civico-politico all'insaputa di tutti è (brutto) segno dei tempi. Lo dice la storia di Piacenza nostra, dove sui monumenti si accesero spesso vivaci dibattiti e persino scontri. Ecco alcuni esempi.

Che a Piacenza spunti di notte un monumento civico-politico all’insaputa di tutti è (brutto) segno dei tempi. Lo dice la storia di Piacenza nostra, dove sui monumenti si accesero spesso  vivaci dibattiti e persino scontri. Ecco alcuni esempi.   

1862.  La Madonna di Piazza Duomo fu oggetto di contese varie.  Papisti contro preti liberali e fazioni del clero, liberali contro clericali passatisti. Nel primo caso pomo della discordia fu il dogma della immacolata concezione, imposto da Pio IX per tagliare ogni dissertazione sul  caso di Maria, concepita senza peccato. Ovvero nata senza la macchia del peccato originale. Alcuni teologi facevano notare che in tal caso veniva meno la necessità del sacrificio salvifico di Cristo.  Dio avrebbe potuto infatti  allargare l’eccezione di  Maria sine labe concepta a tutti gli uomini. Nel secondo caso si scontravano i patrioti contro il papa re con chiassate notturne sotto il palazzo vescovile.  Il giornale “La Provincia” invocò l’intervento del Comune perché imponesse la sostituzione della Madonna con l’effige di  Carlo Alberto.

1867. La risposta risorgimentale al monumento papista fu la statua di GD Romagnosi. Nessun dissenso politico, ma ugualmente grandi polemiche perché il Comune ritardava l’inaugurazione.   Il problema (amministrativo) stava nella non conformità dei materiali (scadenti) rispetto al mandato dell’Ente. Quello politico nella delicatezza delle relazioni con la Francia, protettrice dello Stato Vaticano,  dopo  il blitz di Garibaldi finito male a Mentana.  Le autorità temevano che l’inaugurazione ufficiale sfociasse in disordini contro la Chiesa. L’opera fu scoperta nottetempo senza che mai seguisse una qualsiasi cerimonia. In occasione dei lavori per la costruzione del terzo lotto Romagnosi finì nel cortile delle scuole Alberoni. Alla fine si temette che la giunta comunale intendesse non ricollocare la statua (che volta le terga al portale di San Francesco) nel suo sito d’origine e nacquero polemiche di stampa. Ritornò al suo posto nel 1966.  

1907.  Eletto più volte deputato nella nostra circoscrizione, Felice Cavallotti scaldava gli animi da vivo, senza vie di mezzo. Morì nell’ennesimo duello l’anno 1898. Piacenza gli dedicò l’attuale via Roma e un comitato promotore si adoprò fin dal 1900 per erigergli un monumento  da posare nella piazzetta di Santa Maria, alla confluenza di via Roma con via Alberoni. La commissione comunale di ornato non ritenne idoneo il sito in ragione del modesta mole del monumento. Ma un gruppo di cittadini promosse un referendum cittadino che fu favorevole al luogo prescelto. La questione si sbloccò solo con l’inaugurazione del 4 luglio 1907.  Non era finita. Agli albori del fascismo cominciò un balletto di ricollocazioni provvisorie, finì pure in fondo a un magazzino fino a che il busto, privato dell’erma,  trovò posto nella loggia della biblioteca civica. Da dove sembra guardare con malinconia alla strada che un tempo era intitolata al suo nome.

1976.  A 30 anni dalla fine della guerra il consiglio federativo della Resistenza incaricò William Xerra di ideare una memoria a ricordo dei caduti partigiani. L'artista propose un "dolmen", che in bretone significa tavola di pietra. Immediato e intenso il dibattito nella città e negli ambienti artistici. Poi si schierò con i favorevoli Bruno Sichel (al tempo presidente di una associazione tra pittori e scultori piacentini) e a quel punto il sindaco Trabacchi si schierò a sua volta. Ma la discussione si spostò sul luogo scelto. I contrari lo considerarono angusto per la tipologia del monumento, adatto semmai ad ampi orizzonti. Alla fine arrivò il benestare della Sovrintendenza e il dolmen venne montato il giorno 15 aprile: 400 q.li di pietre provenienti dal Trentino.

1998-2002.  Lo scultore Groppi propose una propria scultura dedicata al martire patrono della città: Sant'Antonino a cavallo. Grandi discussioni, soprattutto sul luogo ove collocarla. Nel frattempo spuntò un piacentino dagli Usa che si offrì di far dono alla città di un "suo" San'Antonino appiedato. Però qualcuno obbiettò che il santo cristiano era sì patrono della città ma martirizzato a Travo.  Di qui l'idea di collocare la statua ove la si vede, a sud,  tra la città romana e la valle del Trebbia. Per non far torto a nessuno fu montata sopra una erma rotante, tale per cui nel giro di un giorno si rivolge sia  verso la piazza grande, sia verso Travo.  

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Muntà di Ratt, spunta uno strano monumento

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