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Piacenza, una storia per volta

Piacenza, una storia per volta

A cura di Giuseppe Romagnoli

Attilio Rapetti, una vita di studio e ricerche sul nostro passato

Grazie al suo alacre ed infaticabile lavoro, che si è articolato nell’arco di 70 anni, gli studiosi di storia e sociologia locale possono ancora oggi avere a disposizione (unitamente all’opera di altri studiosi come Fermi, Nasalli Rocca, De Giovanni) un apparato documentale veramente sterminato

Certo sarebbe rimasto non poco stupito il prof. Attilio Rapetti se avesse visto il suo prezioso e sterminato archivio frutto di una vita di ricerche, tutto racchiuso in un hard disk esterno grande quanto un portafoglio! Eppure è grazie al suo alacre ed infaticabile lavoro che si è articolato nell’arco di 70 anni, se gli studiosi di storia e sociologia locale, possono ancora oggi avere a disposizione (unitamente all’opera di altri studiosi come Fermi, Nasalli Rocca, De Giovanni, tanto per citarne solo alcuni) un apparato documentale veramente sterminato.

Chi scrive, ha trascorso almeno un anno solo per la consultazione di parte di quello “Rapetti” in occasione della preparazione della “Piacenza popolaresca delle vecchie borgate” di cui sono stato coautore.

Per questo, nel mio “moderno” blog, era doveroso un tributo ed un ricordo per un uomo che grazie al suo paziente impegno, quasi come un monaco amanuense, ci ha lasciato un patrimonio di storia, soprattutto di quella “minore” che tale non è, almeno per chi è appassionato di costume e sociologia locale. nasalli rocca-2

Attilio Rapetti fu un autentico “topo di biblioteca” per utilizzare lo sprezzante termine culturale che indicava, da chi considerava futile questa attività, coloro che consumarono anni e decenni di minuziose ricerche apparentemente prive di rilevanza culturale. Solo dopo molti anni ci si è invece accorti dell’enorme importanza di uomini come il prof. Rapetti che, in silenzio ed umiltà, si sono sforzati di sottrarre al vortice delle secolari stagioni, eventi “minori”, quasi minimi, fatterelli e figure di vita capillare, considerate quasi di nessuna entità nel quadro globale della storia, quella, per intenderci, con la S maiuscola. Ma è a queste pazienti “formiche” che dobbiamo la ricostruzione particolareggiata della storia “minore, humus di quella di aulica magniloquenza culturale ed ideologica.

Il prof. Attilio Rapetti spese quasi 70 anni di ricerche, con sterminata e diversificata oculatezza, prendendo nota di ogni possibile notizia concernente il millenario processo storico della sua città, senza però trascurare il “teatrino” dei costumi popolareschi, spulciando perfino nelle “macchiette” borghigiane, perché tutto, a suo parere, aveva un significato emblematico di minuta “esistenzialità” civica.

Scomparso nei primi anni Sessanta, presso il “Vittorio Emanuele” dove, ormai anziano, aveva ricreato un mini-archivio accanto alla sua stanza, questo poderoso registro da lui costruito “pietra su pietra”, si può considerare come un “Pantheon” gremito di memorie e notizie per tutti coloro che intendono approfondire anche i più reconditi risvolti della nostrana “commedia umana”.

La sua attività di ricercatore e catalogatore risale al 1894: da allora ha schedato tutto quanto gli era stato possibile reperire su quotidiani, periodici, strenne, guide, effemeridi, almanacchi, opere di specifica trattazione monografica, richiamandosi in primis al Bollettino storico di cui fu valente collaboratore, con saggi che spaziarono dal pittore De Longe, la Ricci Oddi, Nicolini, numerosi artisti locali e le loro opere e “stradari” come quello del 1939 che, oltre a puntuali cenni storico- artistici, riporta l’origine toponomastica delle vie e di tutti i luoghi urbani.

Il Rapetti insegnante di materie letterarie alle Medie, aveva partecipato alla prima e seconda guerra mondiale fino a raggiungere il grado di Colonnello. Lo schedario che fu acquistato dal Comune di Piacenza per interessamento di Emilio Nasalli Rocca allora direttore della Biblioteca comunale, fu poi messo a disposizione degli studiosi: si divide in tre parti sistemate in tre scaffali, ognuno composto di 12 cassette gremite di carta comune formato 10x15.

La prima contiene schede onomastiche, inerenti cioè a nomi di persone o famiglie piacentine o che hanno speciale attinenza con la storia locale. Ogni scheda ne contiene diverse, così da offrire riferimenti degli scritti e studi su determinati argomenti. Vi figura inoltre una fittissima sfilza di nomi di cittadini (studiosi, professionisti, artisti, artigiani ecc) che esercitarono svariate attività socio-culturali.

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La seconda e la terza parte sono disposte per materie: strade, palazzi,chiese, opere monumentali, palazzi civili e religiosi, teatri, castelli, artigianato, mestieri di tipica tradizione, ordinamenti statutari e corporativi, (i famosi “paratici” di ascendenza medievale) e via dicendo. Moltissime notizie anche alle voci degli spettacoli, la loro cronistoria, i programmi, gli elenchi degli artisti del “bel canto”, dei musicisti, con riferimento prevalente al teatro Municipale, al Filodrammatico, al Nicolini, nonché le rappresentazioni di arte varia, comprese le sale cinematografiche (ne tratteremo) dell’epoca del muto in poi.

Come si può facilmente arguire, una fatica improba per impegno e metodicità di ricerche, di indagini e riscontri. Per mettere insieme tale mole di lavoro, il prof. Rapetti non si limitò a raccogliere e catalogare. Si sobbarcò con passione strenua l’esplorazione di archivi pubblici e privati, frugando anche in quelli di istituti e parrocchie della città e provincia, compulsando rogiti, testamenti, atti di contenuto giuridico, economico, costume evasivo (come quello dei macchinoni dei fuochi di cui abbiamo già trattato ndr). Insomma: non c’è stato settore dove il nostro “certosino” di vecchie memorie non abbia scandagliato con inesausta curiosità, con passione da lui definita, non senza arguzia smitizzante, un hobby. In realtà la sua attività fu quella di un erudito puntiglioso  di stampo tedesco, con capillari venature filologiche.

Le indagini da lui condotte hanno prodotto preziosi frutti tra cui la scoperta dell’elenco allora più completo delle opere del cinquecentista Parmigianino, trovato tra le carte del mecenate del famoso artista, Francesco Baiardi. Poi per fortuna l’archivio Rapetti è divenuto patrimonio della nostra città e non c’è studioso  di argomenti locali che possa ignoralo potendo trarre utili indicazioni per il suo lavoro di ricerca.

Attilio Rapetti, una vita di studio e ricerche sul nostro passato

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