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Piacenza, una storia per volta

Piacenza, una storia per volta

A cura di Giuseppe Romagnoli

Che vita a Piacenza appena dopo l’Unità d’Italia!

Spulciando nel suo archivio ricco di molte testimonianze della nostra città, Lino Gallarati mi propose la lettura di un gustosissimo libretto datato 1864 che narra della visita compiuta nella nostra città dal signor Domenico Guaitioli per accompagnarvi il fratello che vi stava prestando servizio di leva

Nei secoli passati era uso frequente, in occasione di festività, simposi, ricorrenze, dare alle stampe brevi opuscoli che celebrassero l’avvenimento, anche se il contenuto poi non era necessariamente attinente all’evento contingente.
Persino Pascoli pubblicò la sua prima edizione di Myricae (in tutto 22 componimenti) in occasione delle nozze dell’amico Raffaello Marcovigi a proprie spese e solo in un centinaio di copie.
Ebbene, senza scomodare testimonianze così illustri, possiamo comunque affermare che questa usanza si rivela utilissima per scoprire tasselli, dettagli, particolari di storia minore scritta grazie anche ad illustri sconosciuti che soltanto per il vezzo (ormai scomparso) di lasciare una piccola, ma significativa testimonianza di sé, hanno scritto di episodi o avvenimenti di cui sono stati testimoni.
Oggi, grazie al loro desiderio di offrire quel piccolo e garbato presente agli amici che erano convenuti per quella determinata occasione, ci offrono l’opportunità di riscoprire ameni squarci di un passato ormai lontano. internoCroceBianca-2

Spulciando nel suo archivio ricco di molte testimonianze della nostra città, Lino Gallarati, editore (dei libri Piacenza popolaresca delle vecchie borgate di cui sono stato coautore e Vecchie osterie di Piacenza), amico prodigo di consigli letterari ed a sua volta estensore di “nostrane vicissitudini”, da tempo scomparso in età avanzata, insomma uno di quei concittadini che coltivava ancora con religiosa cura le testimonianze del nostro passato, mi propose la lettura di un gustosissimo libretto (di solo 20 pagine), datato 1864 che narra, sia pure in tono “salottiero” e niente affatto letterario, della visita compiuta nella nostra città dal signor Domenico Guaitioli per accompagnarvi il fratello che vi stava prestando servizio di leva.

Il libretto, stampato a Modena nel 1864 presso la tipografia di Vincenzo Moneti, era dedicato agli amici ufficiali di fanteria dei reggimenti 31 e 32 (Brigata Siena) e descrive, in tono faceto e scherzoso, di questa breve visita nella nostra città, in compagnia del fratello Contardo di stanza appunto in una caserma di Piacenza; quale che fosse non è precisata nel libretto.

Il signor Domenico Guaitioli racconta di essere partito da Modena circa a mezzanotte e di essere giunto in treno a vapore a Piacenza quando era ancora buio. All’arrivo, consegnati i biglietti “ad un Cerbero di guardia”, i due fratelli salirono su “una sciancata cittadina”, una carrozza che li trasportò presso l’alloggio preso a pigione da Contardo con altri ufficiali.

In questo alloggio il signor Domenico trovò uno scomodo letto ad accoglierlo, con un materasso “dove larga copia di pulci, di cimici, e di altri ineducati insetti si slanciarono sul malcapitato per farne tonnina”. Al mattino, in compagnia di numerosi commilitoni del fratello, si recarono per una luculliana colazione presso l’albergo Croce Bianca, uno dei più noti della città, vicino alla Piazza dei Cavalli, nella via chiamata oggi Largo Battisti. A quei tempi Piacenza contava circa una trentina di alberghi e come si evince da una guida commerciale stampata nel 1866, i più conosciuti erano, tra gli altri, l’Europa in Piazza Duomo, la Bella Venezia di via S. Pietro, le Due Spade di via Borghetto, il Teatro, nell’omonima via, il Leon d’Oro, il Pavone, il Tarocco, i Due Cervi, il Milano, il Genova, tanto per citarne alcuni. Un numero dunque di alloggi più che rispettabile per una città come Piacenza e che denota un discreto traffico di viaggiatori. 

Dopo una cena offerta da un tenente amico del fratello e cucinata dall’attendente piemontese dell’ufficiale “nell’alloggio delle pulci”, la compagnia si recò, così è narrato, alla sera, in Piazza Cavalli per un concerto eseguito dalla banda del 31° reggimento. Poiché era agosto, bisogna supporre che si trattasse di celebrazioni per la festività che cade a mezzo del mese.
Il Guaituoli nel suo libretto, loda l’esecuzione del Ballo in maschera eseguito dalla Banda e celebra le bellezze di una non meglio identificata signora veduta in mezzo alla folla.

Il giorno seguente narra invece dell’incontro sul Corso (dove si era recato a passeggio, segno che le cose da allora non sono poi tante cambiate!!!), con un impresario teatrale da lui conosciuto (Trevisan), venuto a Piacenza per predisporre per la Fiera ben due opere da rappresentare, i Puritani e la Sonnambula. Il Trevisan invita il conoscente modenese alle prove e questo offre il destro al Guaituoli (e l’opportunità a noi di leggerlo) per descrivere il nostro teatro definito “magnifico”, ricco di dorature squisite e di un atrio elegantissimo”.
Nella stessa giornata il visitatore ricorda la sua visita nel giardino Costa, “una delizia di Piacenza”; egli lo percorse alle sette pomeridiane, al calar del sole e ne loda “ i pergolati, le montagnole, la grotta del mistero, le statue”. casermacavalleria-2

Il giardino Costa, un’oasi verde che il Conte Giacomo volle far sorgere quasi accanto al suo palazzo, un giardino (l’attuale Margherita) che occupò l’area tenuta fino al 1822 dalla chiesa Seicentesca di S.M di Loreto, con annesso convento francescano.
E all’uscita da questa romantica visita il Guaituoli prorompe per in una lode per magnificare le donne di Piacenza: ”quante seducenti fanciulle non vedemmo allora! Quanti amorosi pensieri non ci ronzarono in capo. Quanti battiti arcani non ci martellarono il cuore!”.
Queste ed altre facezie, con descrizioni di nostrane beltà, occupano almeno mezza paginetta del resoconto; la visita terminò, tanto per concluderla in gloria, con una solenne bevuta con tutti i commilitoni del fratello, una visita che termina con la beffarda affermazione che “questi viaggi servono per la salute dello spirito”.

Altro non c’è in queste paginette, ma solo il fatto di essere state scritte oltre 150 anni fa, lasciano fluire l’immaginazione verso un mondo di cui non c’è più traccia e che pure era quello di tanti piacentini come noi che hanno vissuto all’ombra del Gotico ed ora sono svaniti nel nulla.
Un piccolo pezzetto, un breve naturalistico“tranche de vie”, rivive nelle semplici memorie di un viaggio agostano nella nostra città, un modo delicato da parte di 20 pagine ingiallite per farci sognare ancora un po’ con l’incedere tranquillo del passo del cavallo, con le passeggiate per le strade tra abiti fruscianti e crinoline, tra baffuti giovanotti impettiti nelle sgargianti divise militari.

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