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Giovedì, 25 Aprile 2024
Piacenza, una storia per volta

Piacenza, una storia per volta

A cura di Giuseppe Romagnoli

Il centro storico: nobiltà, locali mondani e circoli esclusivi

Anni '30: un quadro d’epoca del pittore Alfredo Soressi raffigura la ressa di fedeli dell’alta società piacentina e ci restituisce la realtà dell'epoca

Nella primavera del 1920, epoca piuttosto burrascosa nella lotta di classe, si prese lo sfizio di organizzare un festoso banchetto, invitando nel suo palazzo di via Taverna, quaranta giovani di varie famiglie piacentine, scapoli e bontemponi come lui. Fu un simposio di gran gala, con corteggio di servitori in livrea e la presenza di un ciambellano addetto all’osservanza del protocollo stilato a puntino nella scapestrata occasione. Accolti con tanta liberalità nella dimora di “quatar cavai”, non è forse superfluo dire che gli invitati mangiarono a quattro palmenti e bevvero a quattro gargarozzi?la processione del Corpus domini-2

Invece il ceto socialmente emergente nei primi decenni del secolo ebbe nomi che rievochiamo un po’ alla rinfusa: gli Acuti, i Vegezzi, I Chiapponi, i Bargoni, i rebora, i Bragheri, gli Orio, i Laviosa, i Perotti. Nel periodo del centro abbondavano i caffè. Qui ricorderemo quello “dei nobili”, poi denominato “Caffè grande” di cui abbiamo già scritto, ma che succintamente ricordiamo di nuovo.

Ne diede ampia notizia Leopoldo Cerri in un interessante opuscolo sulla vita cittadina dove trattava della chiusura di questo caffè (l’aromatica bevanda- scrive- che Voltaire adorò) che sorgeva accanto al vecchio Barino, nei locali della rinnovata sede del Credito Italiano. Ne fu a lungo proprietario Luigi Azzilli che gli diede il nome, ma poi il nuovo proprietario, Bertola, decise di cambiarlo in Caffè grande.

La sua signorilità eclissò quella degli altri locali cittadini. Qui si dava ritrovo l’elite della società piacentina, cosicché il popolo lo denominò “dei nobili”, non tanto perché fosse solo riservato alla clientela gentilizia, ma perché era quella più assidua e fedele e sovente fatta segno di salaci motteggi ironici e satirici da parte del popolino.

Prima del 1860 fu frequentato da elegantissimi ufficiali austriaci dai modi cortesi e civilissimi i quali, osservava il Cerri, “avevano la sola disgrazia di essere i dominatori”. A loro successero quelli dell’esercito italiano ed anche questa “mini invasione” seccò un poco gli habitués i quali si sentivano trascurati dal personale di servizio le cui attenzioni andavano invece ai combattenti del Risorgimento. Chiuse i battenti poco prima della 1° guerra mondiale. Nella prossima puntata altri nomi, locali e curiosità.

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