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Piacenza, una storia per volta

Piacenza, una storia per volta

A cura di Giuseppe Romagnoli

La Piacenza allegra e bontempona di Gigi Del Papa al tempo delle “imprese” coloniali

Gigi Monturano seppe dare vita, nella sua versatilità di forme imitative, al personaggio del gagà degli anni ’30, ironizzandone gli atteggiamenti, la frivolezza del comportamento. Era un’epoca, a suo modo, candida, garrula e spensierata

Gigi Monturano (Del Papa) seppe dare vita, nella sua versatilità di forme imitative, al personaggio del gagà degli anni ’30, ironizzandone gli atteggiamenti, la frivolezza del comportamento. Era un’epoca a suo modo candida, garrula e spensierata. Di fronte alla teatralità delle parate, dei cortei, delle adunate, delle sceneggiate marziali, c’era un irrefrenabile, effervescente bisogno d’evasione. La serietà grottesca del regime che correva alla conquista dell’impero coloniale, aveva generato una svagata reazione anche nella mentalità della gente la quale, ad un certo momento, si mise a “bamboleggiare” con il yo-yo, un trastullo quasi da schizofrenia collettiva.

La guerra africana era vinta e l’autarchia reprimeva ogni possibilità di sviluppo e decollo socio-economico. Gli italiani dovevano imparare ad arrangiarsi, a dormire con la testa sullo zaino; gli “otto milioni di baionette” attendevano la grande prova del fuoco, della catastrofe bellica. Tuttavia Piacenza continuava a ballare e cantare.

I gruppi rionali proliferavano nel mortificante conformismo del regime. Era di moda “Bombolo”. Si giocava a bocce, si andava al cinema dove si proiettavano i cosiddetti film dei “telefoni bianchi”. Il Fascismo voleva dare agli italiani il piacere di una realtà borghese facile, zuccherosa, con ingredienti ideologici desunti dalle commedie d’evasione.

Mario Camerini e Alessandro Blasetti furono i coriferi (pur con modalità diverse) di questo cinema che per il Regime rappresentava Del Papa-2un’arma fondamentale di condizionamento ideologico. La borghesia, la piccola borghesia e un "fortunato" proletariato urbano furono rappresentati e descritti in questi film, modelli da imitare da parte di pubblico popolare che affollava le sale cinematografiche. Ed intanto i giornali “LUCE” confezionavano il Duce ed i gerarchi in tutte le fogge, sullo sfondo della Roma imperiale.

Gigi Monturano andava alla ricerca dei “figli del popolo” di cui condivideva le piccole gioie e gli umili entusiasmi: Scriveva canzoni dialettali e le cantava: “bella bottonera”, “al sogn d’un dasprà”, “l’argìn dal Po”. Esse indicavano se non altro il bisogno di evadere da un mondo di artifici nel quale il regime aveva soffocato la fantasia popolare.

Sua è anche una commedia dialettale “la quatèrna ‘dla Guglielma” che venne recitata con attori presi dalla strada ed ebbe un significativo successo. I numeri della quaterna erano 5/12/47/90: uscirono veramente sulla ruota del Lotto il sabato successivo alla recita! Immaginarsi la sorpresa ed il rammarico generale per non averli puntati!

Attorno alla figura di Gigi Monturano ruotarono dunque quasi trent’anni di vita piacentina allegra e buontempona. Rievocare quei tempi curiosi, con tanti “alti e bassi”, ricchi di memorie e di fatti non è stata certo impresa di poco conto. Lo fece il cronista di Selezione piacentina Pantaleoni assieme al sottoscritto, giornalista neofita nella casa di via Gregorio X dove Gigi abitava, la stessa via dove risiedeva la mia nonna paterna che ben si rammentava di lui. Certo Del Papa non aveva più la verve che doveva avere caratterizzato la sua vita; erano per lui già anni di solitudine, in un mondo dove il boom economico aveva già spostato gli interessi e la capacità di divertirsi con poco. Nella sua abitazione aveva ancora abiti, repertori edcaricaturaposgatt2punt oggetti legati alla sua attività di fantasista, di comico, di ballerino, di presentatore, di fantasista.

Del Papa fu un autentico erede della nostra “commedia dell’arte”, della strada, incarnandone la plastica arguzia ed i colori caricaturali attraverso un copioso repertorio su cui esercitava la sua inesauribile vena di attore comico, di cantante, di ballerino, di fantasista, di faceto narratore di barzellette, di fine dicitore (sull’esempio di Petrolini), di imitatore dei più svariati dialetti. Nel suo negozio di pantofole di Piazza Duomo qualche volta aveva ancora un po’ di pubblico disposto ad ascoltarlo, ma quando poi si ritirò in vicolo serafini dove trascorse gli ultimi solitari anni della sua brillante esistenza, sicuramente sospirò ancora le luci della ribalta che però si erano ineluttabilmente spente. Il sipario era calato a ricordare a tutti come la gloria sia solo un “venticello” che svanisce via rapidamente.

la piazza nel 1936-2

La Piacenza allegra e bontempona di Gigi Del Papa al tempo delle “imprese” coloniali

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