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Venerdì, 19 Aprile 2024
Piacenza, una storia per volta

Piacenza, una storia per volta

A cura di Giuseppe Romagnoli

Nel 1920 si apre l’epoca del cinema “moderno” a Piacenza

Di questo cinema i più anziani piacentini di Stra ‘l’va ricordavano gustosi aneddoti. In vicolo San Matteo, davanti al "Verdi", stazionava “‘l Moru" il venditore di castagnaccio. Tanti ricordavano il soprannome di "Sisàlla", il vecchietto che dopo aver effettuato il controllo dei biglietti aveva anche il compito di sorvegliare l’interno della sala durante le proiezioni. Spesso e volentieri durante le proiezioni era una specie di bolgia con monelli che scorazzavano, altri che litigavano tra di loro, altri ancora che facevano scherzi, spesso pesantissimi, a chi tentava di vedere il film. Tant’è che il "Sisàlla", per poter consentire un minimo di ordine girava “armato” di una bacchetta di legno che non indugiava a picchiare sulle gambe e sulla schiena dei più scalmanati.

Il nostro maggior critico cinematografico Giulio Cattivelli ricordava che “il Verdi era minuscolo e scalcinato, dall’atrio al palcoscenico, cinema Verdi-2all’angusta galleria dove gli spettatori più alti toccavano con la testa il soffitto decorato di muffa e di ragnatele. Vi regnava l’odore delle vecchie caserme, mescolato ad altre meno gradevoli emanazioni. Eppure quel palcoscenico proletario (o forse sottoproletario…) ebbe il suo quarto d’ora di celebrità ospitando a poche lire per serata, modesti emuli di Gabrè, lontani precursori di Delia Scala, Rascel e Walter Chiari. Erano strani personaggi che si producevano sempre in coppia, lui in sparato candido e coda di rondine, solino a punte divaricate, gardenia all’occhiello; lei con la chioma disciplinata da un nastro di velluto, scarpe di vernice nera sopra calze bianche da educanda ed indescrivibili abiti a mezz’asta rigidi e luccicanti come i paramenti delle chiese. Le pudiche soubrettes d’allora danzavano inguainate dal busto, con costumi di maglia rosa simulanti il tenero color carnicino”.

Fra i nomi di gran cartello figuravano- in chiave floreale- quelli di Alberto del Cigno. Olga Celeste, Les Sesi-Poupèes, Stella Bonaria e via dicendo. Annotava sempre Cattivelli:” Il duo Oddo Ferretti lanciò il “choclo”, nuovo tango argentino e i Giglio Fleurs, duettisti eccentrici, mandavano in solluchero le platee grigioverdi reclamanti “la mossa”.

Poi calò il sipario sullo schermo ormai polveroso del Verdi; non più spettacoli d’arte varia, non più proiezioni di pellicole comiche, ma languide e voluttuose danze ai ritmi di orchestrine vernacole: si trasformò nell’intimistico “Salon Rosa”. Il 1920 è un anno cruciale nella storia del cinema di Piacenza. Infatti è l’anno in cui "l'Iris" di via Garibaldi cambiò ancora nome, per assumere quello della via che conserverà fino agli anni 70. E’ anche l’anno in cui, il 1° luglio, venne inaugurato il cinema "Iris" di strada San Raimondo, la prima lussuosa sala cinematografica intesa in senso moderno ed ancora successivamente trasformato.

Il cinema "Excelsior" di via Guastafredda, dopo la fine della prima guerra mondiale, cessata l’ondata di militari di stanza a Piacenza, chiuse i battenti. Venne trasformato in magazzino di vini. Nel 1926, aprì il cinema-teatro "Farnese" a Barriera Roma, nei pressi dei "Magazzini Generali Comunali", ma non ebbe fortuna soprattutto a causa della sua ubicazione, all’epoca eccessivamente periferica che certamente non favoriva un sufficiente afflusso di spettatori. Intanto, anche per altri locali era giunta la triste ora del tramonto definitivo. "l'Eden" di piazza Cittadella chiuse assieme alla "Balera ‘d Gilè". Il "Roma" di piazza Cavalli chiuse nel 1926 travolto dalla crisi del cinema muto. I gusti del pubblico si erano evoluti e si erano adeguati all’avanzare della tecnica. Ormai era arrivato il sonoro.

 
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