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Piacenza, una storia per volta

Piacenza, una storia per volta

A cura di Giuseppe Romagnoli

Strà ‘lvà, altri protagonisti della borgata: gli “oscuri” campioni ciclisti della contrada

Quinta e ultima puntata del viaggio lungo Strà ‘lvà. Tra i corridori c'era chi barava e chi per la fame non riusciva a spuntarla pur essendo forte

Accanto alla sua bottega apriva i battenti l’impresa di pompe funebri di Giovanni Buscarini coadiuvato dalla moglie Rosa sempre Cantone del Cristo-2indaffarata a lustrare le casse in bella esposizione sul marciapiede. E per completare l’elenco delle aziende che lavoravano “per l’aldilà”, la ditta Malfanti e Perotti e la ditta Ferrari entrambi specializzati in marmi funerari. Perotti raggiunse una discreta notorietà per la bellezza delle sue sculture, Malfanti si occupava dell’amministrazione e pubbliche relazioni.

E come dimenticare fra gli esercenti la pizzicagnola Milietta sposata ad un vigile urbano chiamato, per la sua notevole mole, “Guardiòn”. Questi aveva due fratelli anch’essi di statura gigantesca che militavano nei Corazzieri del Re. Quando venivano a visitare i loro congiunti, stupivano tutto il vicinato con le loro sgargianti uniformi, sempre seguiti da un codazzo di bambini ammirati.

Subito dopo l’ospedale, nelle casette di fianco, abitava la famiglia del “Pramsàn”, falegname ed il figlio “Piombo” così ironicamente chiamato perché cadendo dal secondo piano, danneggiò più il selciato che la testa. Nella stessa casa vivevano Emilio il guardafili ed il “professore” che in realtà era un bidello, ma era talmente pieno di sussiego e dignità boriosa, che gli venne appioppato il titolo accademico.

Subito dopo le case appena menzionate, si apriva Cantone del Cristo, un rione contrassegnato da una grande miseria, con case fatiscenti e cadenti, abitate da poche famiglie del sottoproletariato. Anche qui la vita scorreva con la solita monotonia: il duro lavoro, la tombola alla domenica fuori, sulla strada, il recupero, al termine, dei mariti ubriachi dentro le osterie. Un copione pressoché identico in molte borgate.

Il vitto era povero e semplice, pasta e fagioli quasi tutti i giorni. Qualcuno però come Ponticelli, per mostrare ai vicini di essere menoanni '20 Taverna-2 povero degli altri, fabbricò un tortello di legno. Quando gli amici passavano a chiamarlo per andare all’osteria, si affacciava alla finestra e gridava “Un attimo, finisco l’ultimo e sono da voi”. Il trucco durò finché il “succedaneo” un giorno si staccò dalla forchetta precipitando con un suono sordo sul selciato.

Cicci invece aveva risolto il problema dei pasti nel modo più originale. Pensionato, aiutava il genero, venditore ambulante nei mercati dei paesi della provincia. Giunto sul posto copiava accuratamente dall’albo del Municipio le date dei matrimoni, cui si presentava impeccabilmente vestito, come invitato, nel giorno fissato. Andava in chiesa, si congratulava con sposi e parenti, sedeva a tavola per il pranzo, mangiava, conversava, poi quando tutti erano un “po’ allegri” per le bevute, riempiva una sporta di cibarie che sarebbero bastate per lui e la sua “vecchietta” per tutta la settimana.

 

Strà ‘lvà, altri protagonisti della borgata: gli “oscuri” campioni ciclisti della contrada

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