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Piacenza, una storia per volta

Piacenza, una storia per volta

A cura di Giuseppe Romagnoli

Torrione Borghetto, palcoscenico senza più commedianti

È giusto ora recuperare, iniziando con Torrione Borghetto, un palcoscenico sul quale hanno recitato tanti umili protagonisti e rimasto poi, nel corso dei decenni, senza più commedianti (quelli dell’arte, sempre di strada). Il luogo è rimasto inalterato, ma malinconicamente svuotato

Dopo l’Unità d’Italia Torrione Borghetto è rimasto praticamente intatto fino ai nostri giorni, anche se ha subito diversi rimaneggiamenti. Durante la 1° Guerra Mondiale è stato infatti trasformato in carcere militare, mentre durante la Seconda fu affidato alla milizia fascista per la difesa contraerea; furono perciò piazzate sul bastione delle batterie di cannoni; fu costruito un piccolo fabbricato ad uso ufficio ed un altro per ospitare i militi addetti ai turni di guardia; fu inoltre costruito un capannone lungo 40 metri finito all’esterno con grandi arcate. Sorvoliamo sul restauro e sul conseguente mancato utilizzo…

Pantaleoni ricordava che “oltre i bastioni, oltre la fortezza cintata del barbacane, appena fuori porta, vi sono i campi, gli argini, le golene un tempo boscose del Po, lo scenario sconfinato dei pioppi e dei salici. Contiguo alla Porta c’è ancora, con qualche ritocco funzionale, l’edificio del corpo di guardia, ove alloggiavano i soldati accasermati nel Torrione. Erano giovani prevalentemente meridionali detti “patàn”. Vestivano l’uniforme della 1° guerra mondiale. Noi ragazzini di questa borgata familiarizzavamo con loro; spesso ci dispensavano pagnotte di cruschello che odoravano di “casermaggio”, “gallette” di pasta dura coi buchi, più infrangibili ai morsi che gli “straccadeint”. I soldati del Torrione parlavano astrusi dialetti meridionali, ma erano sempre allegri, spensierati, ingenui. Sovente la gente dai finestroni del Torrione li osservava farsi la barba, cantare “o sole mio”, gridare “mannaggia” alle bottonaie dell’opificio di Capra o alle operaie del lanificio che venivano a stendersi al sole durante l’intervallo meridiano del lavoro, a divorare le povere cibarie della “scartassa”: pane con mortadella o stracchino”. Mia madre, nella sua prima gioventù, era tra quelle.

“Cantavano canzoni in voga negli anni Venti, portavano capelli tagliati “alla maschietta”, le prime gonne corte appena sopra il ginocchio, secondo l’audace moda dell’età del fox trot. Il tempo - chiosava il giornalista - è trascorso nella zona del Torrione quasi senza sfiorarla, mentre nel suo vortice inesorabile ha cancellato le vecchie tracce di vita associata che ne animavano il gremito proscenio, pittoresco, ciarliero, tra il continuo via vai di carrettieri, boscaioli, bottonaie, fornaciai, pescatori, stallieri, operai della Chimica (ex cotonificio) che sorgeva sull’area d’angolo con via S. Bartolomeo”.

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Figure splendide quelle delle donne di questa zona: “linguacciute”, sempre pronte al motteggio; è ancora vivo, anche se evanescente per il tempo trascorso (mancò che ero appena adolescente) l’immagine di mia nonna paterna, Angela Bisi, già bidella al Taverna, che bene emblematizzava queste straordinarie figure di popolane. Da vere rasdure sapevano affrontare qualunque situazione, anche meglio degli uomini, anzi spesso svolgevano lavori faticosi, specialmente le lavandaie militari che ogni giorno stendevano file interminabili di bucato sul Torrione e nelle aree prospicienti i Sièr. Fra le bucataie in pianta stabile si ricordava, che negli anni ’20 e ’30 c’era la famosa “Guglielma” di Torrione Borghetto; gestiva una lavanderia sul Fodesta e lavorava per le caserme, specie il 21° Artiglieria, unitamente ad altre lavandaie che collaboravano con lei nel bucato “fatto con la cenere” e con l’acqua bollente in grossi pentoloni di rame. E’ qui che si lavavano lenzuola, federe, mutande, coperte, calze ed ogni altro indumento militare. In via Borghetto c’era pure la più moderna lavanderia dei Lamberti.

La “commedia vernacola” era in pieno svolgimento sulla scena erbosa del Torrione con una “troupe” d’inimitabili personaggi che teneva lo spettacolare campo d’azione. Proprio dirimpetto al Torrione abitava Nadàl detto “cul rosa”, perché i pantaloni sbrecciati lasciavano intravvedere parti di fondo schiena (ne tratteremo più compitamente nella prossima parte), il barbiere del rione, con “bottega sottobraccio”, bizzarra figura di “figaro” sempre squattrinato cui spettava uno dei ruoli primari nel palcoscenico della zona. Ossuto, allampanato, amico di Bacco, Nadàl era sempre di umore gaio, ottimista nella sua desolata miseria. Viveva in una stanzetta al pianterreno, solo ma, a suo modo, felice. In virtù del suo ilare squallore domestico, era l’inconsapevole Diogene del rione.

A rappresentare l’estrema decadenza di chissà quale blasone gentilizio, c’era il “Duca”, personaggio che sembrava sortire da un racconto di Gogol. Il Duca veniva a “spulciarsi” al sole del torrione, ad imprecare contro i “vili felloni” che non gli restituivano un’oncia di credibilità patrizia.

Fra gli attori di rango più sostenuto c’era il callista Scacchi diplomato, com’egli proclamava ai quattro venti, alla grande “école de Paris”. Era verità oppure una sbruffonata propagandistica? Non lo sapremo mai. Le sue specialità erano le unghie incarnate da estirpare senza dolore; aveva il suo “gabinetto” in via Cantarana ma effettuava, se richiesto, servizio a domicilio. Scacchi vestiva sempre imperterrito di scuro, con il medesimo abito dai luccicori lumacosi, colletto inamidato, “papillon”, mustacchi alla Salvador Dalì. Ed i personaggi che si muovevano in zona erano veramente moltissimi; tanti li abbiamo già ricordati, per Nadàl riserveremo un apposito spazio.

Così Torrione Borghetto ha l’aspetto immobile di una stampa ottocentesca con coerente corredo di automobili parcheggiate, suggestiva fin che si vuole, in parte disadorna, ma deserta di figure, voci, di gesti. Le stesse attività economiche rimaste fino agli anni ’70 sulle quali si imperniava la vita nei rioni limitrofi, sono in gran parte decadute, ridotte o scomparse.

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Torrione Borghetto, palcoscenico senza più commedianti

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