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Salute e medicina on line

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A cura di dottoressa Rosanna Cesena

Analisi del dolore, dalla filosofia alla medicina

Nella tradizione razionalistica di Cartesio e Galileo, considerati i fondatori dell’attuale metodo scientifico, il dolore assume il significato di un sistema autodifensivo per l’essere vivente, un meccanismo d’allarme che avverte di un pericolo imminente. La testimonianza più antica sul significato del dolore risale alla medicina cinese che compare nel trattato medico Huang Di Nei Jing, scritto più di 3.000 anni fa e frutto di uno sbilanciamento tra Yin e Yang.

La prima descrizione scientifica delle vie della sensibilità si deve a Ramon Y Cajal che applicando il metodo della impregnazione argentica ideata da Golgi, all’inizio del Novecento, compie una serie di osservazioni anatomiche raccolte in una opera di oltre duemila pagine. Cajal dedica i suoi studi di neuroistologia alla descrizione del midollo spinale ed alla formulazione di ipotesi sul percorso delle vie di conduzione sensoriali e motorie. Nel 1906 Charles Scherrington, professore di Fisiologia della Università di Oxford, premio Nobel per la Medicina nel 1932, raccoglie in un famoso testo gli studi condotti da lui stesso sulle funzioni integrative del sistema nervoso (che includono pensiero e memoria). Oggetto preminente del suo studio sarà la fisiologia del riflesso senso motorio di fuga e del suo condizionamento spinale e sovra spinale.    Il riflesso di fuga o di Galant consiste nella retrazione o allontanamento di una parte del corpo su cui venga applicato uno stimolo nocicettivo. Si realizza un incurvamento del tronco allo strisciamento con punta smussa lungo l’area paravertebrale. È un riflesso di difesa verso uno stimolo ritenuto nocivo ed è presente alla nascita o dopo qualche giorno di vita e tende ad essere meno evidente verso il 3° 4° mese o meglio a questa età inizia a dare risposte complesse, con preciso significato intenzionale di difesa nei confronti dello stimolo.

Nel 1963, il Premio Nobel per la Medicina viene consegnato a tre studiosi le cui scoperte avranno un ruolo determinante nel progresso della neurofisiologia: John Carew Eccles, Alan Lloyd Hodgkin e Andrew Fielding Huxley. Le loro evidenze permisero di comprendere i meccanismi di base sul funzionamento del cervello e sulla comunicazione fra cellule nervose attraverso gli spazi sinaptici. Quindi, la percezione dello stimolo doloroso (nocicezione) è una delle più importanti funzioni svolte dal sistema nervoso per la difesa della integrità corporea. Provare dolore perciò deriva dalla integrazione di diversi aspetti: emotivi, psicologici, affettivi, culturali, educazionali ed organici. Il sistema algico o di percezione/modulazione dello stimolo doloroso, può essere definito  un sistema neuro-ormonale complesso, a proiezione diffusa, in cui si possono riconoscere tre sottosistemi: un sistema afferente  che conduce gli impulsi nocicettivi dalla periferia ai centri nervosi  superiori; un sistema di riconoscimento che decodifica  ed interpreta l’informazione, valutando la pericolosità  e predisponendo  la risposta: motoria, neurovegetativa, endocrina e psicosomatica ed un sistema di modulazione e controllo che provvede ad inviare  impulsi inibitori al midollo spinale, allo scopo di ridurre la potenza  degli impulsi nocicettivi afferenti. Il primo elemento in causa è il recettore, struttura terminale alla fibra nervosa sensitiva, diffusamente localizzata nei tessuti periferici. I recettori per il dolore sono polimodali, ad elevata soglia, nel senso che rispondono ad ogni tipo di stimolazioni: termiche, pressorie, a valori anomali di pH, a ridotto flusso ematico di ossigeno ed alla azione delle sostanze algogene. Nello studio della fisiopatologia del dolore hanno assunto particolare importanza molecole come i neuropeptidi e tra questi  le endorfine e la sostanza P. Endorfina significa  morfina endogena ed indica l’insieme  delle sostanze ad azione oppiaceo-simile presenti in natura all’interno del nostro organismo. Il significato funzionale degli oppioidi endogeni è quello di agire nella regolazione di inizio, durata ed entità della percezione dolorosa nell’ambito di meccanismi analgesici endogeni. E’ necessario distinguere il dolore acuto da quello cronico. Il dolore acuto è facilmente diagnosticabile e curato con farmaci analgesici che sono in genere efficaci. Quando l’esperienza dolorosa non ha termine con la guarigione della ferita o del processo patologico, ma prosegue in maniera continua o si ripresenta ad intervalli di tempo per mesi o anni, si parla di dolore cronico, spesso difficile da diagnosticare e causato da malattie croniche o da disfunzioni del sistema nervoso centrale o periferico e può anche dipendere da fattori psicologici ed ambientali. La cura del dolore cronico è complessa per la difficile identificazione dei meccanismi di cronicizzazione.

Le cinque sindromi algiche

Nel 1988, il professor Manfred Zimmermann, neurofisiologo del dolore, propose una classificazione eziopatogenetica del dolore, riconoscendo cinque grandi sindromi algiche: nocicettivo, neuropatico, da deafferentazione, reattivo e psicosomatico. Nel dolore nocicettivo le terminazioni periferiche sensoriali vengono eccitate da processi patologici. Nel dolore neuropatico, le fibre afferenti diventano direttamente ipersensibili alle stimolazioni, dopo aver subito un danno per prolungata compressione (ernia del disco, polineuropatia diabetica, nevralgia post herpetica). Nel dolore da deafferentazione neuroni del sistema nervoso centrale, a seguito della perdita di contatto per sezioni delle fibre con i recettori periferici diventano ipereccitabili (es. amputazione di un arto). Il dolore reattivo è il circolo vizioso simpatico descritto da Livingstone nel 1942, oggi noto come simpatalgia riflessa nel caso in cui al dolore si associno manifestazioni di tipo distrofico. Il dolore psicosomatico è dovuto a problemi psichici e psicosociali che aggravano un dolore già esistente.

Come combattere il dolore

Il dolore può essere quantificato in base alla sua intensità attraverso la valutazione di scale numeriche, per instaurare un trattamento antidolorifico il più idoneo possibile alle necessità del paziente. I mezzi a disposizione per combattere il dolore sono diversi: farmacologici (anestetici locali, corticosteroidi, Fans, oppiacei, miorilassanti, ansiolitici, antidepressivi); non farmacologici (agopuntura, impianto di neuro stimolatori midollari, azione del caldo o del freddo, massaggio, ginnastica, fisiokinesiterapia); chirurgici (ablazioni);  psicologici e cognitivi (biofeedback, cioè tecniche di rilassamento guidato, ipnosi, tecniche di rilassamento yoga, training autogeno).

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