rotate-mobile
Salute e medicina on line

Salute e medicina on line

A cura di dottoressa Rosanna Cesena

Celebrata la giornata mondiale dell'Alzheimer

La malattia colpisce 40 milioni di persone nel mondo, 720mila in Italia

Il 21 settembre ricorre la Giornata mondiale della malattia di Alzheimer, istituita nel 1994 dalla Organizzazione Mondiale della Sanità e dall'Alzheimer's Disease International, riunisce malati, familiari ed Associazioni di pazienti con iniziative dedicate alla conoscenza ed alla diffusione delle informazioni sulla malattia.

Colpisce circa 40 milioni di persone nel mondo, in Italia vi sono oltre un milione e duecentomila casi di demenza, 720.000 dei quali legati all'Alzheimer. Oltre gli 80 anni, la patologia colpisce 1 anziano su 4 e questi numeri sono destinati a crescere per l'aumento della aspettativa di vita e le donne detengono il primato rispetto alla malattia.

Nel 1906, il neuropatologo e psichiatra tedesco Aloysius Alzheimer descrisse scientificamente un caso di demenza senile, osservò che la paziente deceduta a seguito di una strana malattia mentale aveva qualcosa di anomalo e da qui presero avvio i suoi studi che lo portarono ad indagare sui sintomi fino a definire la malattia stessa che prese il suo nome. All'esame autoptico evidenziò nel suo cervello la presenza di agglomerati poi definiti "placche amiloidi"e fasci di fibre aggrovigliate, definite "gomitoli neurofibrillari".

La malattia di Alzheimer è caratterizzata dalla presenza di placche e gomitoli neurofibrillari all'interno del cervello e dalla perdita di connessioni tra le cellule nervose, principalmente attribuita alla "proteina beta-amiloide" che si deposita sui neuroni. L'Alzheimer è accompagnata da una forte diminuzione di acetilcolina nel cervello, neurotrasmettitore fondamentale per la comunicazione tra neuroni, quindi per la memoria e ogni facoltà intellettiva. In seguito a queste modificazioni cerebrali è impossibile per il tessuto nervoso trasmettere gli impulsi  e il cervello si atrofizza progressivamente.

I sintomi possono essere anche molto vaghi e non sempre arrivano tutti insieme: disturbi di memoria, piccole perdite dell'orientamento spaziale, ma anche difficoltà nel pianificare atti ed azioni che prima non incontravano difficoltà. Una importanza maggiore si attribuisce alle variazioni di comportamento, situazioni depressive, apatia, irritabilità o ansia che possono essere campanelli d'allarme e meritano un approfondimento attraverso il proprio medico di medicina generale che valuterà, se necessaria, una consulenza specialistica.

La malattia non colpisce esclusivamente persone di età avanzata, sebbene rare, esistono forme giovanili (40-50 anni) che richiedono una attenzione particolare, non solo ai fini diagnostici, ma soprattutto dei percorsi assistenziali, ancora da definire.

Le cause sono ancora oggetto di studi e ricerche. Circa il 5% di tutte le forme di malattia di Alzheimer hanno una causa genetica identificabile con esami di biologia molecolare e si tratta maggiormente forme giovanili.

I ricercatori hanno identificato diverse varianti genetiche che aumentano la probabilità di sviluppare la malattia di Alzheimer. Il gene APOE - e 4 che si trova sul cromosoma 19 è quello più a rischio.  Non è la causa della malattia, ma aumenta la probabilità che si sviluppi. Solo nel 50% dei pazienti di Alzheimer si trova il gene, ma non tutti coloro che lo posseggono presentano la malattia.  Esiste una familiarità, oltre il 30% dei pazienti ha, o ha avuto un parente di primo grado affetto, ma nella maggioranza dei casi non si riesce ad identificare una causa genetica. Rispetto al rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer e più in generale, qualsiasi forma di demenza, concorrono fattori genetici e ambientali.

Sono fondamentali la raccolta della storia clinica del paziente, l'esame clinico neurologico, la valutazione neuropsicologica delle funzioni cognitive, la RMN, l'esame del liquido cerebro - spinale (liquor), ma anche la PET con FDG (Tomografia ad Emissioni di Positroni che permette di valutare il metabolismo glicidico a livello cerebrale ed è utilizzata nella diagnosi delle demenze e nel deterioramento cognitivo lieve), la PET amiloide etc. Altrettanto importanti sono gli esami di laboratorio che consentono di comprendere lo stato generale di salute o eventuali altre patologie in corso.

La riduzione dei fattori di rischio e il contenimento di malattie, come l'ipertensione, l'obesità, il diabete, l'eccesso di colesterolo è importante da attuare, indirizzando il paziente ad adottare corretti stili di vita alimentari e motori, abolizione del fumo, abuso di alcol, carenza di vitamine e a mantenere contatti sociali ed affettivi, inseguire l'idea di una buona qualità di vita.

Dal punto di vista farmacologico ci sono nuove incoraggianti prospettive di cura per l'Alzheimer: Aducanumab (anticorpo umano monoclonale anti- amiloide) ha attraversato tutte le fasi di sperimentazione ed ha dimostrato, non solo di ridurre le placche di beta amiloide (lo hanno fatto anche altri farmaci), ma di rallentare ed in alcuni casi anche di migliorare il declino cognitivo dei pazienti. I risultati importanti sono stati ottenuti su pazienti in fase molto lieve di malattia.

Entro marzo 2021 sapremo se il farmaco verrà approvato dalla FDA negli USA. In caso di risultato positivo, ci sarà la conferma anche dell'EMA (Agenzia Europea) ed AIFA, in Italia.

La malattia presenta diverse fasi sulla base dell'aggravamento dei sintomi, ma anche della perdita di autonomia nel compiere le attività di vita quotidiane, come lavarsi e vestirsi.

Classicamente esistono 5 fasi sulla base di una scala nota e condivisa: CDR (Clinical Dementia Rating Scale ). Il paziente evolve dal deterioramento cognitivo minimo (normali autonomie), alla fase 5 in cui è completamente allettato e non responsivo.

Nuove frontiere terapeutiche sono da considerare: la riabilitazione neuropsicologica, efficace nelle fasi iniziali ed intermedie della malattia e la stimolazione magnetica funzionale.

Celebrata la giornata mondiale dell'Alzheimer

IlPiacenza è in caricamento