Droghe, tra le peggiori i nuovi oppiodi sintetici
Allarme sostanze psicoattive
Le nuove sostanze psicoattive NPS (Novel Psychoactive Substances) sarebbero 730, delle quali 55 segnalate nel 2018. Questa l’indicazione del report pubblicato a giugno 2019 dalla European Monitoring Centre on Drugs and Drug Abuse, l'Ente preposto al controllo europeo delle nuove sostanze in circolazione. Tra queste, vengono indicate tutte le sostanze, sia in forma pura che in preparazioni, che non sono sottoposte a controllo secondo le due convenzioni delle Nazioni Unite sui Narcotici (1961) e sulle Sostanze Psicotrope (1971), ma che possono causare conseguenze per la salute umana.
Gli effetti sulla salute fisica e mentale, ha spiegato il professor Enrico Zanalda, Presidente SIP (Società Italiana di Psichiatria) e Direttore del Dipartimento di Salute Mentale ASL Torino 3, sono estremamente variabili data la vastità e la diversità delle molecole incluse in questa definizione. A porre i maggiori rischi sono sostanze stimolanti come i catinoni sintetici e le fenetilamine, responsabili di episodi di delirio paranoide, agitazione psicomotoria grave, aggressività, allucinazioni, ipertensione, crisi convulsive, disturbi cardiovascolari, sino al coma. Inoltre, anche i cannabimimetici sintetici, più spesso sono causa di intossicazioni potenzialmente fatali, o sintomi psicotici non transitori.
Il professor Massimo Di Giannantonio, Presidente della Società Italiana di Psichiatria e professore ordinario presso l'Università di Chieti, ha ricordato, inoltre, i nuovi oppioidi sintetici, molecole estremamente potenti che comportano una seria minaccia per la salute pubblica. Si tratta di prodotti dalla notevole potenza (il fentanyl, capostipite di questa famiglia ha una azione di circa 100 volte maggiore della morfina), che vengono utilizzati da soli o in combinazione con eroina determinando decessi per overdose. L'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze calcola che la cannabis e la cocaina sono ancora le sostanze più consumate, rispettivamente il 24,8% e il 5%. Il professor Di Giannantonio ha proseguito mettendo in evidenza che non è possibile fare studi su sostanze in continua modificazione, ma vi sono dati sufficienti per concludere che l'associazione tra consumo di cannabis e sviluppo di schizofrenia o altre psicosi è solida, soprattutto se l'uso è molto frequente dalla adolescenza, quando il cervello e le sue connessioni vivono ancora un periodo di intensa trasformazione.
Non vi sono certezze che la cannabis, la sostanza più nota e studiata in assoluto provochi schizofrenia o conseguenze simili, ma gli indizi sembrano portare gli esperti in questa direzione. Le sezioni unite della Cassazione fissano i limiti della sentenza emessa a fine maggio sulla legge 242 del 2016, a seguito della quale sono nati in Italia migliaia di cannabis shop, in base al valore di Thc presente nel prodotto in quantità inferiore allo 0,6%. La Cassazione ha però fatto chiarezza puntando, non tanto sulla quantità di tetraidrocannabilolo, quanto sulla capacità di determinare un effetto stupefacente, indipendentemente dalla quantità di principio attivo; quindi i “Canapa shop” non potranno più vendere "erba", né derivati.
La coltivazione della cannabis e la commercializzazione dei prodotti da essa ottenuti quali: foglie, inflorescenze, olio e resina, scrivono i Giudici, rientrano nell'ambito di applicazione del testo unico sugli stupefacenti. La coltivazione di "erba" con un tasso di Thc inferiore allo 0,6% sarà ancora consentita, ma solo per utilizzi industriali. In sintesi, per la Cassazione, sulla cannabis light, anche con il livello di Thc (tetraidrocannabilolo, principio psicoattivo) basso, è la capacità di determinare un effetto stupefacente a rendere la sostanza illegale.