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Salute e medicina on line

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A cura di dottoressa Rosanna Cesena

L’Italia tra i capofila di “Ice memory”

Progetto internazionale per studiare i cambiamenti climatici nei ghiacci perenni

Ice Memory è un progetto di ricerca internazionale riconosciuto dall’UNESCO, coordinato dall’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e dal CNR che mira a preservare una testimonianza dei ghiacciai attuali, minacciati dal riscaldamento globale, per le generazioni future.

L’Italia è tra i capofila del progetto, sotto la guida dell’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISP-CNR) e l’Università Ca’ Foscari Venezia, assieme alla Foundation Universitè Grenoble Alpes (FR), Istituto Polare Francese (IPEV) e il Programma Nazionale per le ricerche in Antartide (PNRA).

Da ogni ghiacciaio mappato verranno estratte almeno due carote di ghiaccio: la prima verrà immediatamente analizzata in laboratori specializzati, la seconda verrà trasferita in Antartide, il luogo più freddo del pianeta, dove allo scopo è stato predisposto uno speciale sito e lì conservata.

Lo sviluppo di nuovi metodi di studio per l’analisi di proxies (indicatori) climatici e ambientali, apre frontiere nel campo delle scienze del clima.

Il riscaldamento climatico in atto, sta avendo un effetto diretto e devastante sullo stato di salute dei ghiacci. Interi sistemi glaciali si stanno riducendo, disaggregando ed alcuni, ormai, scomparendo. Con le attuali condizioni climatiche, gli scienziati stimano che la maggior parte dei ghiacciai delle Alpi al di sotto dei 3600 metri di altitudine sparirà entro il 2100: un danno enorme alle risorse d’acqua, oltre alle conseguenze ambientali.

Negli ultimi due secoli le emissioni provocate dall’uso del carbone e del petrolio hanno causato una progressiva salita della concentrazione di anidride carbonica (CO2) che ha superato 420 parti per milione, un record negativo preoccupante.

Sotto particolare osservazione, in questo periodo è il ghiacciaio Thwaites in Antartide, una calotta galleggiante dalle dimensioni della Florida, il cui parziale scioglimento è già responsabile di circa il 4% dell’innalzamento annuale globale del livello del mare. Questa piattaforma, particolarmente vulnerabile e lacerata da fessure rilevate sulla sua superficie, secondo alcuni scienziati, potrebbero rompersi ed innescare un meccanismo inesorabile di frantumazione del ghiaccio, nei prossimi 5 anni. Se ciò dovesse accadere, si calcola che il progressivo scioglimento porterebbe in mare una quantità di acqua tale da provocare l’innalzamento del livello degli oceani in tutto il mondo di 65 cm, sommergendo isole o interi tratti di costa.

I ghiacciai di tutto il mondo, compresi quelli delle Alpi, si stanno ritirando e fondendo anche ad altitudini fino a 6mila metri sul livello del mare. Dalla seconda metà del XIX secolo, i ghiacciai alpini italiani hanno subito un generale ritiro, perdendo in media il 60% della loro massa. Secondo le più recenti simulazioni, entro la fine del secolo, si stima una ulteriore riduzione delle masse glaciali compresa tra il 60 e 90% rispetto alla massa attuale. Oltre alle conseguenze in termini di risorsa idrica, ambiente ed ecosistemi alpini, la fusione di un ghiacciaio implica la distruzione del suo archivio naturale di informazioni sul clima e sull’ambiente del passato. La storia delle montagne è racchiusa nel ghiaccio e la sua scomparsa è una perdita incalcolabile del patrimonio culturale e delle nostre conoscenze.

E’ quindi essenziale recuperare il maggior numero possibile di carote di ghiaccio dalle Alpi, perché una volta che un ghiacciaio inizia a fondere, tutte le informazioni climatiche e ambientali, immagazzinate al suo interno, per migliaia di anni, andranno perse per sempre.

Il team di ricerca internazionale, ha avviato, quindi, il progetto di ricerca Ice memory al fine di mantenere le informazioni in essi contenute e renderle disponibili per le prossime generazioni di scienziati. Preservare il ghiaccio è una responsabilità scientifica della nostra generazione - sostengono i ricercatori - testimone del riscaldamento globale e dei danni nei ghiacciai di alta montagna.

L’Italia tra i capofila di “Ice memory”

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