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Mercoledì, 27 Settembre 2023
Salute e medicina on line

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A cura di dottoressa Rosanna Cesena

La sostenibilità ambientale anche attraverso comportamenti alimentari virtuosi

Condizioni di sostenibilità ambientale sono necessarie soprattutto in questa estate diventata sempre più secca e torrida. I dati forniti a giugno dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), rivelano che più di un quarto del territorio nazionale (28%) è degradato e più vulnerabile alla desertificazione. Un pericolo al quale si aggiunge la costante diminuzione della disponibilità idrica, in campagna ed in città.

In Italia, l’impronta idrica giornaliera supera i 6.000 litri a persona ed il rischio che si dovrà fronteggiare in futuro sarà proprio la disponibilità di acqua, dal momento che il bacino del Mediterraneo è indicato come uno dei punti di accesso del cambiamento climatico.

Nel mondo, 3,2 miliardi di persone vivono in aree agricole caratterizzate da carenza d’acqua elevata o molto elevata, di cui, 1,2 miliardi (circa un sesto della popolazione mondiale), si trova in zone dove la scarsità idrica è massima. Un problema che riguarda tutti, dato che la quantità annuale di risorse di acqua dolce disponibili per persona è diminuita di oltre il 20% negli ultimi decenni ed in questo, il cambiamento climatico causato dall’uomo ha un ruolo importante.

Fino al 37% delle emissioni di gas serra è legato al sistema alimentare. La Comunità scientifica prevede che per contenere l’aumento delle temperature intorno ai +2°C, si dovrà ridurre di un quarto le emissioni di gas che alterano il clima, entro il 2030. La crisi climatica compromette la produzione alimentare e si stima che nel 2050, oltre 65 milioni di persone in più, rischieranno la insicurezza delle risorse.

La produzione di carne bovina è al primo posto tra gli alimenti che determina l’impatto ambientale, con una emissione di circa 60 Kg di CO2 nell’atmosfera, per ogni chilo di carne prodotta: 10 volte in più di quella di pollo. Uno studio realizzato dalla Università di Bonn sostiene che gli abitanti dei Paesi più ricchi del mondo, di carne ne assumono troppa e dovrebbero ridurne il consumo, almeno del 75%. Ogni cittadino europeo consumerebbe in media circa 80 Kg di carne all’anno; una quantità insostenibile, sia per il Pianeta che per la loro salute: dovrebbe ridursi a circa 20 Kg all’anno.

Il sistema alimentare mondiale produce circa 17 gigatonnellate di emissioni di gas serra ogni anno, misurate in tonnellate di CO2 equivalenti, una unità standardizzata che consente confronti tra diversi gas. Le emissioni  provenienti da: Cina, Brasile, Stati Uniti, India, Indonesia e Unione Europea, insieme rappresentano il 52% di questo totale.

Il formaggio è tra gli alimenti che richiedono elevato impegno industriale e quindi più emissione di gas serra. Quello stagionato, ha una impronta altissima, a causa delle conseguenti lavorazioni a cui viene sottoposto.

Anche l’olio di palma è uno dei peggiori nemici dell’ambiente, dovuto alle coltivazioni intensive. Utilizzato nella industria alimentare al posto di altri vegetali più costosi, l’olio di palma è causa giornaliera di un importante danno ambientale.

Diete a base di verdure e legumi hanno una impronta sul clima, decisamente più bassa. Secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), entro il 2050, i cambiamenti dietetici ed una maggiore propensione alle diete a base di vegetali e legumi, potrebbero ridurre le emissioni globali di CO2 fino a 8 miliardi di tonnellate all’anno, circa il 21% di quelle attuali.

La sostenibilità ambientale anche attraverso comportamenti alimentari virtuosi

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