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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Salute e medicina on line

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A cura di dottoressa Rosanna Cesena

Le correlazioni tra inquinamento atmosferico e decadimento delle funzioni cognitive

Una ricerca dell’Università di Modena e Reggio Emilia

Un gruppo di ricercatori della UNIMORE (Università di Modena e Reggio Emilia), guidati dal professor Marco Vinceti, indaga sulle correlazioni tra l’aumento del rischio di demenza e l’inquinamento atmosferico. Lo screening, in corso di pubblicazione su “Environmental Research”- rivista internazionale di Sanità Pubblica e Medicina Ambientale - è uno studio innovativo condotto dai ricercatori del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze (BMN) che hanno pubblicato la prima meta-analisi dose-risposta mai realizzata, riguardante gli effetti dell’inquinamento atmosferico sull’ippocampo, struttura cerebrale di grande importanza per la memoria e per il decadimento cognitivo.

Prima autrice della ricerca la dottoressa Erica Balboni, laureata in Fisica ad Unimore, ed assegnata al BMN, nell’ambito del progetto ministeriale “Dipartimenti di Eccellenza 2018-2022” diretto dal professor Michele Zoli.

L’attività del gruppo di ricerca neuro-epidemiologico, coordinato dal professor Vinceti, intende approfondire in modo sistematico gli effetti della esposizione a fattori ambientali di rischio sulle strutture cerebrali. Questa attività sarà condotta con un gruppo interdisciplinare della Unimore.

La ricerca

Lo studio, dal titolo “The association between air pollutants and hippocampal volume from magnetic resonance imaging: L’associazione tra inquinamento dell’aria e il volume dell’ippocampo da immagini di risonanza magnetica)” si è proposto di valutare se l’inquinamento atmosferico da polveri sottili e da ossidi di azoto potesse influenzare negativamente il volume dell’ippocampo e di conseguenza le sue importantissime funzioni cognitive e di memoria, aumentando il rischio stesso di demenza.

 I risultati ottenuti hanno evidenziato come le polveri sottili ed in particolare il particolato fine (PM2,5) siano associati ad una significativa riduzione del volume della fondamentale struttura cerebrale Ippocampo. Assente invece è apparsa la relazione tra danni all’ippocampo e biossido di azoto, noto inquinante delle sorgenti di combustione, incluso il traffico veicolare.

Un ulteriore significativo risultato emerso da questa analisi riguarda la comparazione tra effetto dell’inquinamento atmosferico e invecchiamento sulla riduzione di volume dell’ippocampo.

Gli autori hanno stimato come l’incremento dei livelli di inquinamento ambientale di 10 µg/mᵌ di PM 2,5 determini un effetto simile a quello esercitato da un anno di “età anagrafica” permettendo quindi di individuare un effetto vero e proprio di invecchiamento precoce indotto da elevati livelli di inquinamento dell’aria esterna; osservazione che rende ancora più significativi gli effetti positivi sulla salute dovuti agli interventi di mitigazione ambientale e sanità pubblica.

I ricercatori del BMN hanno condotto questo progetto di ricerca nel contesto di una collaborazione internazionale comprendente ricercatori del Brain Research Center e dell’Institute of Global Health di Barcellona e delle Università statunitensi di Harvard e Brigham Young.

Condurre analisi statistiche avanzate sugli esiti delle valutazioni di neuroimaging - ha affermato la dottoressa Erica Balboni può fornire risultati di notevole interesse nell’ambito della sanità pubblica, evidenziando l’importanza della ricerca nel settore delle neuro immagini e della neuro epidemiologia”.

”Vi è una tendenza generale – ha commentato il professor Marco Vinceti – ad incorporare gli aspetti di neuroimaging in ambito neuro epidemiologico, al fine di identificare precocemente sia nel bambino che nell’adulto i fattori ambientali di rischio del decadimento cognitivo e delle malattie neurodegenerative”.

“La sofisticata ricerca del gruppo del professor Vinceti- ha spiegato il professor Michele Zoli, Direttore del Dipartimento di Scienze BMN- tocca un argomento di grande attualità ed interesse sanitario e sociale nel senso più ampio, il possibile impatto di alcune forme di inquinamento sul decadimento cognitivo. L’evidenza di queste associazioni epidemiologiche è fondamentale per indirizzare la ricerca verso specifici fattori di rischio e meccanismi neurobiologici e darà, quindi, importanti frutti in diversi ambiti biomedici”.

Le correlazioni tra inquinamento atmosferico e decadimento delle funzioni cognitive

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