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Venerdì, 26 Aprile 2024
Salute e medicina on line

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A cura di dottoressa Rosanna Cesena

Le pandemie e i cambiamenti climatici

Alcune condizioni di vita sono cambiate ed hanno contribuito alla trasformazione delle infezioni, un tempo più circoscritte

La storia ci racconta di grandi pandemie, dalla Spagnola alla Suina, con caratteristiche epidemiologiche diverse, ma sempre di virus zoonotici si tratta, cioè trasmessi dagli animali all'uomo. Nelle ultime epidemie di Ebola, Mers e Sars, il pipistrello è stato l'ospite originale del virus, che attraverso il contatto intermedio con un altro animale è arrivato all'uomo.La diffusione del coronavirus Sars- CoV- 2 è avvenuta come la Sars nel 2003 attraverso i "mercati umidi" cinesi dove sono venduti animali macellati di vario tipo: pesci, polli, asini, ricci, serpenti, etc. L'UNEP (United Nations Environment Programme) ha scritto, nel Rapporto "Frontieres 2016" che le zoonosi sono in aumento e le attività antropiche minacciano, non solo lo sviluppo economico, ma anche il benessere animale e umano e l'integrità degli ecosistemi. Secondo alcuni studiosi ambientali, nella fase del "The Great Acceleration" (Grande Accelerazione), alcune condizioni di vita sono cambiate ed hanno contribuito alla trasformazione delle infezioni, un tempo più circoscritte (epidemie), in quelle estese di tipo pandemico. A questo, si devono principalmente: il sovraffollamento urbano nelle metropoli, la deforestazione, l'intensificazione degli allevamenti intensivi, il commercio illegale della fauna selvatica, che hanno portato alle migrazioni di molte specie animali e alla contaminazione di habitat umani con microrganismi sconosciuti. 

In Italia, il mese di febbraio è stato il più caldo di sempre, con 2,76 gradi in più e l'80% di piogge in meno rispetto alla media storica. Le calotte glaciali dell'Antartide e della Groenlandia si stanno sciogliendo sei volte più rapidamente che negli anni 90, con gravi effetti: l'innalzamento del livello dei mari di oltre 70 cm entro il 2100 e 400 milioni di persone a rischio di inondazioni costiere.

Scienziati dell'Università del Nebraska, della Ohio State University e del Joint Genome Institute del Dipartimento della Energia degli Stati Uniti, hanno guidato un team internazionale di esperti in una spedizione scientifica nella regione autonoma della Cina. A circa 6.700 metri di quota, a ovest dei monti Kunlun, nella parte cinese dell'altopiano del Tibet, c'è una delle più antiche calotte glaciali sulla Terra (di Guliya). L'analisi delle due carote di ghiaccio prelevate in quella occasione, nel 2015, scavando fino a 50 metri di profondità nel ghiaccio, è stata di recente pubblicata su "bioRxiv" il sito che traccia gli articoli scientifici prima della pubblicazione sulle riviste ufficiali.

Grazie ad una innovativa procedura di campionamento in grado di ridurre al minimo il rischio di contaminazione, i ricercatori sono riusciti ad individuare la presenza di numerosi batteri sconosciuti, sia per la zona che per il pianeta e 33 popolazioni virali risalenti ad un periodo compreso tra 500 e 15.000 anni fa. Questi patogeni appartengono a 4 generi noti e a 28 finora sconosciuti. Gli studiosi hanno applicato tecniche genetiche e microbiologiche per registrare il DNA all'interno dei due campioni di ghiaccio, riuscendo a ricostruire la storia climatica dell'area in cui si trova il ghiaccio, fino a 15.000 anni fa. Preoccupa il mondo scientifico, lo scioglimento dei ghiacci che potrebbe rilasciare virus molto vecchi e potenzialmente pericolosi, che possono liberarsi nell'aria ed entrare in contatto con le falde acquifere. Lo studio pubblicato dimostra che, non solo i virus possono sopravvivere per migliaia di anni e tornare a colpire, ma anche batteri che producono spore, come quelli responsabili del tetano e del botulino. Scott Rogers, professore della Bowling Green State University e autore del libro "Scongelare antichi microbi: genomi emergenti in un mondo più caldo" scrive che "questa situazione potrebbe scatenare una piaga incurabile e compromettere l'esistenza della vita sul pianeta". L'autore ha anche riportato che un microbo a lungo inattivo è già stato rilasciato dal ghiaccio, visto il focolaio di antrace nella Siberia settentrionale del 2016, attribuito al disgelo del permafrost, durante il quale circa 40 persone (tra cui il decesso di un bambino), sono risultate positive all'antrace, una malattia molto contagiosa e fatale per gli esseri umani. Lo scioglimento del permafrost, lo strato di terreno ghiacciato costituito da biomassa vegetale stratificata nel tempo, è l'ambiente perfetto per conservare virus e batteri anche per milioni di anni, essendo ghiacciato, privo di ossigeno e buio e potrebbero trovarsi nascosti anche i responsabili delle epidemie globali del passato. Tracce di virus della Spagnola sono state ritrovate in Alaska, mentre frammenti di DNA del vaiolo sono riemersi dal permafrost nella Siberia nord orientale.

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