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Lunedì, 25 Settembre 2023
Salute e medicina on line

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A cura di dottoressa Rosanna Cesena

Malattia di Parkinson, il 25 novembre è la Giornata nazionale

Venerdì 25 novembre si celebra la Giornata nazionale del Parkinson, malattia neurodegenerativa del sistema nervoso centrale - la cui caratteristica principale è la progressiva e cronica degenerazione dei neuroni della substantia nigra (sostanza nera) che appartiene ai gangli della base e producono dopamina, un neurotrasmettitore fondamentale per l’attività motoria – con obiettivo la sensibilizzazione sui fattori di rischio, le nuove possibilità di cura e il sostegno alla ricerca.

Il fattore tempo è importante, dicono gli esperti. All’esordio dei primi disturbi motori, come lentezza dei movimenti e tremore a riposo, la patologia è già in una fase avanzata perché circa il 60% delle cellule dopaminergiche del cervello sono già degenerate.

Iniziare quindi il trattamento in una fase precoce della malattia o ancora meglio, nella fase pre-sintomatica è importante, sia per controllare i sintomi che per rallentare l’evoluzione della malattia stessa. In queste fasi, i farmaci dopaminergici o i farmaci neuro- protettivi (attualmente in studio) potrebbero modificare il decorso.

L’eziologia non è ancora certa, ma sono stati riconosciuti diversi fattori di rischio:genetici ed ambientali, in grado di favorirne la comparsa.Tra i fattori genetici sono evidenziate mutazioni collegate all’alfa-sinucleina (PARK-1, PARK-4), alla parkina (PARK-2), PINK-1 (PARK-6), DJ-1 (PARK-7), LRRK2 (PARK-8) ed alla glucocerebrosidasi (GBA). Inoltre, sono in causa fattori ambientali, come: l’esposizione a sostanze tossiche, pesticidi, idrocarburi aromatici, solventi e metalli pesanti.

Nel mondo, la malattia colpisce più di 5 milioni di persone, di cui circa 400.000 in Italia e si manifesta solitamente intorno ai 60 anni di vita, ma è possibile anche prima dei 45-50 anni.

I sintomi principali includono: tremore a riposo, bradicinesia (lentezza nei movimenti automatici), rigidità e dolore fisico, disturbi dell’equilibrio e conseguenti cadute, disturbi posturali con tendenza del soggetto a curvarsi in avanti, freezing dei movimenti (blocchi motori improvvisi che avvengono quando gli arti non rispondono più ai comandi), acinesia (assenza totale del movimento) e decadimento cognitivo.

Per diagnosticare la malattia nella fase pre-sintomatica, occorre prestare attenzione alle manifestazioni cliniche non specifiche, la cui presenza può identificare i soggetti a rischio di sviluppare la malattia. I sintomi non motori più importanti nella fase pre-sintomatica sono: il deficit olfattivo (ipo o anosmia), la depressione, dolori alle articolazioni e soprattutto il disturbo comportamentale durante il sonno REM (Rapid Eye Moviment), denominato RDB (Rem Behavior Disorder) caratterizzato da comportamenti anche violenti durante il sonno, quali:urlare, scalciare, tirare pugni.

L’RBD, disturbo comportamentale del sonno, rappresenta, al momento, uno dei marker predittivi più importanti e associato a specifici parametri clinici e di neuroimaging è indice di un rischio quasi 6 volte più elevato di sviluppare Parkinson, nei due anni successivi alla diagnosi. Gli esami strumentali, come la Risonanza Magnetica dell’encefalo, possono contribuire ad escludere quelle malattie che hanno sintomi analoghi al Parkinson.La conferma della diagnosi può avvalersi di esami specifici come la SPECT (Tomografia Computerizzata ad Emissione Singola di Fotoni). Nella fase iniziale della malattia è possibile già dimostrare la presenza della alfa-sinucleina, proteina che si accumula in modo abnorme in questa malattia e che può essere dosata nei liquidi biologici e fra questi, anche nella saliva.

Come terapia, si è visto che in alcuni pazienti con tremore, oggi è possibile utilizzare gli ultrasuoni focalizzati sotto guida della risonanza magnetica, in grado di determinare una lesione di una minuscola parte di tessuto cerebrale, il talamo, riducendo da subito i tremori e con una efficacia che si mantiene a lungo. La durata del trattamento è di circa tre ore, si caratterizza per una scarsa invasività, ed è risultata sicura ed efficace nel 95% dei casi.

Recenti studi scientifici hanno confermato l’efficacia della Deep Brain Stimulation (DBS), cioè la stimolazione cerebrale profonda, in associazione ai farmaci, una combinazione che è superiore ai soli farmaci. Il trattamento consiste nell’impianto chirurgico di elettrocateteri nelle aree cerebrali deputate al controllo dei movimenti e di un dispositivo medico simile ad un pacemaker cardiaco, vicino alla clavicola o nella regione addominale che inviando impulsi elettrici agli elettrocateteri, blocca i segnali responsabili della sintomatologia motoria.

Malattia di Parkinson, il 25 novembre è la Giornata nazionale

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