Covid-19: in Italia avanzano le sottovarianti Omicron Xe e Xj
L’attenzione della comunità scientifica è rivolta al monitoraggio della sottovariante Omicron Xe, mutazione ricombinante di Omicron1 e Omicron 2 (BA.1 e BA.2), rilevata per la prima volta nel Regno Unito il 19 gennaio scorso. Da allora sono oltre 700 le sequenze segnalate e confermate. La voce degli esperti sembra essere univoca nell’ipotizzare che Xe potrebbe rivelarsi più trasmissibile, ma meno aggressiva delle precedenti versioni di Omicron. Benché si ipotizzi un 10% in più di contagiosità per Xe rispetto ad Omicron 2, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), precisa che finché non verranno riportate significative differenze nella trasmissibilità del mutante e nelle caratteristiche della malattia che provoca, inclusa la gravità, verrà considerata una variante appartenente alla famiglia Omicron.
In poco più di un biennio, il virus Sars-CoV-2 si è evoluto e l’OMS ha istituito la carta di identità di tutte le varianti del virus classificate come VOC (Variants Of Concern: varianti preoccupanti). Sono tre le varianti attualmente sotto sorveglianza: Xd ed Xf ricombinanti tra Delta ed Omicron 1; Xe ricombinante(*) tra Omicron 1 e Omicron 2. In una analisi delle autorità britanniche, di Xf sono stati accertati 38 casi, Xd, non è stata identificata nel Regno Unito, ma ha avuto in Francia la maggior parte dei 49 casi individuati. Nel Regno Unito sono stati contati invece, almeno 700 casi di Xe.
«Non dobbiamo temere le ricombinazioni dei virus appartenenti a sotto-varianti dello stesso ceppo, come è il caso della Xe – ha affermato il professor Giorgio Palù, virologo e presidente della Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) – le vere minacce potrebbero arrivare da nuove varianti che hanno acquisito mutazioni diverse da quelle conosciute, replicandosi in individui con il sistema immunitario indebolito, come i pazienti immunodepressi. Infettandosi, queste persone ospitano per mesi il virus nel loro organismo, non riuscendo a debellarlo. E’ in queste condizioni che Sars-CoV-2 può cambiare e costituire una nuova insidia». Le ricombinazioni sono scambi genetici di due virus delle sottovarianti Omicron, BA1 e BA2 che infettano la stessa cellula e si scambiano pezzetti di geni fino a creare un nuovo virus, non pericoloso, in quanto riconosciuto dal nostro sistema immunitario. La ricombinazione avviene in soggetti sani, anche già vaccinati.
I virus ricombinati sono identici per il 99% alla variante Omicron in circolazione, che ha un indice di contagiosità altissimo. «La ricombinazione genetica interessa in particolare i virus a DNA a doppio filamento. Tra i virus a RNA, quelli che più spesso possono andare incontro a ricombinazione genetica sono i retrovirus (Aids ed alcuni tumori umani) e i coronavirus, alla cui famiglia appartiene il Sars-CoV-2 Al momento, non c’è motivo di allarme - ha precisato il professor Palù - Xe è un ricombinante di Sars-CoV-2 nel gene della proteina Spike e presenta tre altre mutazioni in geni che codificano proteine non strutturali. Non ci sono dati per dire se questo ricombinante abbia caratteristiche di maggiore contagiosità o virulenza rispetto alla sottovariante BA2. Le manifestazioni cliniche sembrano, comunque tutte caratterizzate da sintomatologia minore».
LE VARIANTI CERTIFICATE
- Alpha
(Variante VOC 202012/1, nota anche come B.1.1.7), identificata nel Regno Unito, secondo la classificazione dell’OMS questa variante del virus è considerata preoccupante poiché sussiste un rischio elevato di contagio (il 70% in più rispetto alle versioni precedenti). La variante Alpha è stata identificata nel settembre 2020 e da metà febbraio a fine giugno 2021 è stata la variante del virus circolante con maggiore frequenza in molte parti di Europa. E’ stata la prima ad aver allarmato la comunità scientifica a causa delle numerose alterazioni a livello genetico che la caratterizzano. Le mutazioni associate alla variante Alpha rendono più semplice la propagazione del virus, favorendo la trasmissione della infezione, ma allo stesso tempo non hanno influenzato significativamente la capacità protettiva della vaccinazione. Causa malattia severa nella maggior parte dei casi.
- Beta
(Variante 501Y.V2, nota anche come B.1.351), identificata in SudAfrica. Secondo la classificazione dell’OMS, questa variante del virus è considerata preoccupante (VOC), poiché può causare un decorso grave della malattia e possiede proprietà immunoevasive. Sussiste quindi il rischio di reinfezione. La variante Beta è stata identificata per la prima volta nel maggio 2020, i dati genomici ed epidemiologici hanno suggerito una maggiore contagiosità, rispetto alle forme precedenti, ma la gravità della malattia non risulta alterata.
- Gamma
(Variante P.1) con origine in Brasile. Secondo la classificazione OMS, questa variante del virus è considerata preoccupante (VOC), poiché può causare un decorso grave della malattia e possiede proprietà immunoevasive. Sussiste quindi il rischio di reinfezione. La variante Gamma è stata identificata per la prima volta nel novembre 2020. Anche in questo caso la sua trasmissibilità si è rilevata elevata e superiore rispetto alle precedenti: 1,5 volte in più del ceppo originario di Wuhan. In Italia, non ha avuto una circolazione estesa.
- Delta
(Variante VUI-21APR-01, nota anche come B.1.617) rilevata per la prima volta in India nel 2020, il nome Delta si riferisce alla famiglia di varianti B.1.617.2 e tutte le sottovarianti AY. Sussiste un elevato rischio di reinfezione. Questo ceppo si è diffuso rapidamente in tutto il mondo e ha soppiantato la Alpha, rispetto alla quale studi hanno evidenziato un indice di trasmissibilità fino al 60% più alto. Nel corso del 2021, la Delta si è ulteriormente modificata in Delta plus. Sebbene la vaccinazione proteggesse dalle forme più severe della malattia, Delta ha mostrato di poter “bucare“ lo scudo del siero. Il suo R0, ovvero il numero di persone medio che un infetto può contagiare, si attesta intorno alle 6-7.
- Omicron
(Variante B.1.1.529) rilevata per la prima volta in Sud Africa il 24 novembre 2021. Attualmente, predominante in Italia ed in Europa. Si caratterizza per una trasmissibilità elevata ed una ridotta protezione immunitaria che comporta un rischio di reinfezione e di ridotta protezione vaccinale. Rispetto alle varianti del passato, Omicron è meno aggressiva, ma miete ancora vittime, come confermano i report quotidiani. Il rischio di ospedalizzazione è un terzo rispetto a Delta ed il livello di infettività raggiunto, l’R0 varia da 2,5 fino a 18 nel caso della variante Omicron. Omicron 2 è la più diffusa in Italia e risulta contagiosa il 30% in più rispetto alla precedente versione, superiore anche a morbillo e varicella.