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Martedì, 16 Aprile 2024
Salute e medicina on line

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A cura di dottoressa Rosanna Cesena

Varianti in Italia, l’inglese resta quella più diffusa. Gli studi su altre differenziazioni del virus

Il primo bollettino di sorveglianza pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità con i dati dal 28 dicembre 2020 al 19 maggio 2021, afferma che in circa l’1,1% dei casi di Covid-19 è stato sequenziato il genoma del virus per verificare a quale variante apparteneva: in questo periodo, al Sistema di Sorveglianza integrata Covid-19 sono stati segnalati 23.170 casi di infezione da virus Sars-CoV-2 con genotipizzazione tramite sequenziamento su un totale di 2.083.674 di casi riportati (pari a 1,11%).

Il bollettino integra sia i dati delle indagini dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute, attraverso i laboratori di riferimento regionali, sia quelli normalmente inviati dalle Regioni nei loro monitoraggi. I numeri riportati confermano che la variante “inglese” è la più diffusa in Italia (il 73% dei casi), seguita dalla “brasiliana”(6%), mentre di quella ”indiana”sono riportati solo 5 casi; quest’ultima è però stata introdotta solo di recente nel sistema di sorveglianza.

Gli esperti americani attribuiscono alle mutazioni del virus il 64% delle infezioni breakthrough, quelle cioè che riescono a penetrare la protezione dei vaccini e contagiare altre persone. Secondo i loro studi, questi casi esistono, ma sono rari e per la maggior parte di lieve entità. Le rilevazioni dei Centri per il Controllo e la prevenzione delle malattie USA (Cdc) hanno osservato una incidenza di circa lo 0,01% di nuovi casi di Sars-CoV-2 tra chi era stato vaccinato.

La mutazione nella variante “inglese” è caratterizzata dalla sostituzione di asparagina con tirosina e dalla scomparsa di due aminoacidi; la variante si è rapidamente diffusa in diversi Paesi europei per poi diventare dominante a livello globale.

LA SITUAZIONE

Altre varianti sono state isolate in Sudafrica e in Brasile e vengono studiate per la loro maggiore contagiosità e resistenza alla neutralizzazione da parte degli anticorpi di soggetti convalescenti e vaccinati.

La variante “indiana ”è stata isolata in un contesto di epidemia altamente diffusiva con proporzioni devastanti. Nata da tredici cambiamenti che riguardano gli aminoacidi, presenta delle mutazioni in punti critici della proteina o in siti critici per il legame con Ace 2. I dati iniziali indicano che queste mutazioni potrebbero conferire un aumento della trasmissione e della immuno-evasione della risposta immunologica.

Per le sottovarianti del virus indiano, quella denominata B.1.617.1 è abbastanza neutralizzata dalla maggior parte dei sieri di individui convalescenti o vaccinati, ma ha dimostrato di essere più patogena.

- La nuova tripla variante dello “Yorkshire”preoccupa l’Inghilterra. Si tratta di una tripla mutazione, simile alla variante indiana, identificata nell’area settentrionale dello Yorkshire, ma segnalata anche in Grecia e nel Ciad. La sequenza del suo genoma ha riscontrato legature del mutante N439K, più forte di quello originato a Wuhan che si ritiene possa indebolire la risposta immunitaria provocata dagli anticorpi monoclonali.

-La nuova variante originaria del “Camerun” è stata rinvenuta a seguito di una accurata ricerca scientifica da una decina di Centri europei guidati dalla Università lituana di Vilnius ed individuata con alcuni casi già nella stessa Lituania, ma anche in Francia, Germania, Spagna e Belgio. Presenta delle mutazioni comuni a quelle già individuate in precedenza. Secondo lo studio, pubblicato anche sulla rivista “Science, questa nuova mutazione sarebbe originaria dell’Africa centrale e si sarebbe espansa in Indonesia, Brasile, Russia e nel cuore dell’Europa. Secondo gli esperti, potrebbe diffondersi in maniera esponenziale e creare focolai interni pericolosi nei Paesi dove le vaccinazioni sono nulle o scarse.

Il professor Massimo Ciccozzi, epidemiologo del Campus Bio Medico di Roma, mette in guardia la Comunità scientifica sulla evoluzione epidemiologica del virus Sars-CoV-2. Stanno arrivando centinaia di varianti e per quanto, non tutte si propaghino, consiglia di aggredire il virus nel punto più debole del mondo, cioè in Africa ed Asia, dove, se si creassero delle sacche endemiche, si verificherebbero le condizioni ideali per lo sviluppo di numerose varianti, potenzialmente in grado di sfuggire ai vaccini.

Tre mutazioni nella proteina Spike del virus, sono attualmente di particolare preoccupazione – ha spiegato il professor Ciccozzi. Si notano, infatti, delle sostituzioni multiple di aminoacidi neutri o a carica negativa, con aminoacidi a carica positiva e questo cambiamento può favorire l’interazione tra il virus mutato e l’Ace 2 a carica negativa, conferendo così un potenziale aumento della trasmissione. Il virus, quindi, sarebbe reso più contagioso da alcuni aminoacidi che hanno la carica elettrostatica ideale per legarsi al recettore umano e permettere al virus di entrare nelle cellule.

Le varianti più preoccupanti del virus Sars-CoV-2 sono quelle che esprimono delle mutazioni nella proteina Spike, in particolare nella parte che permette il legame al recettore umano e quindi l’ingresso della molecola virale nel nostro corpo.

Varianti in Italia, l’inglese resta quella più diffusa. Gli studi su altre differenziazioni del virus

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