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Uccellacci e uccellini

Uccellacci e uccellini

A cura di Filippo Mulazzi

Troppo pesante andare avanti, Dosi lascia come Hollande

Il sindaco non si ripresenterà alle prossime Elezioni per ragioni personali. Ma anche per ragioni politiche: difficilmente avrebbe avuto l'appoggio del Partito Democratico

Paolo Dosi ha scelto: non si ricandiderà a sindaco di Piacenza per il Partito Democratico. Non vuole trascurare l’allarme che il suo corpo gli ha lanciato nel dicembre 2015, quando fu colpito da una leggera ischemia, malore che lo costrinse a un riposo forzato di qualche settimana. Al tempo stesso non vuole più rinunciare a sostenere sulle sue spalle alcuni impegni familiari. La scelta, alla luce di queste ragioni, è da rispettare.

Il "sindaco tentenna” la sua decisione l’aveva presa già da tempo. Non voleva farla sapere per non indebolire l’operato della Giunta e per non innescare subito la guerra tra bande rivali nel Pd. La sua scelta va rispettata anche perché, nella vita, tutti dovremmo capire, se siamo sinceri prima di tutto con noi stessi, quando è tempo di “smettere” qualcosa. Il suo è un ritiro dignitoso dalla corsa per le Amministrative del 2017. Il lavoro a Palazzo Mercanti è «pesante», ci vuole grinta e determinazione.

Forse c’è anche la presa d’atto che il suo cammino sarebbe stato irto di ostacoli, e quelli più insidiosi li avrebbe trovati proprio nel suo partito, il Pd. Sarebbe stato impossibile, alla luce di quanto successo in questi quattro anni e mezzo in Giunta – con un pesante rimpasto di nomi e deleghe – e in consiglio comunale - dove abbiamo perso il conto delle dimissioni rassegnate e annunciate, delle frizioni, dei “franchi tiratori” che hanno fatto andare sotto l’Amministrazione – avere l’appoggio non solo della coalizione, non solo del suo partito, ma anche della corrente renziana.

Ecco allora il gesto di responsabilità del sindaco. Farsi da parte, un po’ come fece l’economista Giacomo Vaciago, unico prima di Dosi a non tentare il bis: Gianguido Guidotti non ci riuscì nel 2002, mentre Roberto Reggi trionfò nel 2007. Un po’ come ha fatto Giuliano Pisapia a Milano quest’anno: niente secondo mandato, spazio agli altri, io ho già dato. Una soluzione che va bene a tutti, nel partito.

Ma il paragone più vicino è quello con Francois Hollande, presidente francese ormai uscente. Con Hollande le similitudini sono diverse. Entrambi eletti nel 2012, entrambi senza il physique du rôle dei predecessori, e il loro consenso popolare a lungo andare è scemato irreversibilmente. Tutti e due scelsero uno slogan elettorale tanto affascinante quanto, a posteriori, infelice. Il disgraziato “Le changement c’est maintenaint” equivale a “I migliori anni sono davanti a noi” partorito dal creativo Mauro Ferrari. Nei cinque anni in cui hanno governato, è cambiato tutto, ma in peggio: in Italia, in Francia, e anche nel Piacentino. La crisi economica, i tagli al personale del Comune, i sempre più esigui trasferimenti di risorse dallo Stato agli enti locali sono le giustificazioni richiamate più volte da Dosi nel fare il bilancio di questi anni non facili per un amministratore.

Dosi lascia. Lascia perché, come ha fatto intendere, ci vuole un bel coraggio a fare il sindaco di questi tempi e ad accollarsi tutte le responsabilità. Lui non ne vuole più, avanti un altro. Ora viene il bello: si cerca di capire chi sarà il Manuel Valls piacentino e piddino – anche al femminile - in grado di difendere Palazzo Mercanti dall’assalto del centrodestra e del Movimento 5 Stelle. La strada sarà lunga.

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