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Uccellacci e uccellini

Uccellacci e uccellini

A cura di Filippo Mulazzi

Levoni, i Liberali Piacentini e la maggioranza: il centrodestra sta diventando «un pollaio»

Una frattura all'interno del centrodestra che stupisce: i Liberali Piacentini sono parte integrante di questa maggioranza e ora attaccano a testa bassa l'operato della Giunta Barbieri. Levoni è pure neoeletto del centrodestra in Provincia

«Antonio Levoni godeva fino a ieri della fiducia degli esponenti della maggioranza, perché l’hanno votato e fatto eleggere come consigliere Gloria Zanardi-7-2provinciale». È la consigliera del Gruppo Misto Gloria Zanardi a far notare ai colleghi di Palazzo Mercanti la curiosa relazione tra i Liberali Piacentini e l’Amministrazione Barbieri. Levoni - che spesso gioca sul fatto di essere in maggioranza da esterno, si candida nella lista del centrodestra in Provincia (insieme a esponenti della Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia), conquista il seggio e poi dopo qualche giorno attacca a testa bassa il vicesindaco Elena Baio e l’assessore al bilancio Paolo Passoni, quando sembravano tutti d'accordo nel centrodestra sulla vendita delle quote di Iren.

Nel dibattito infuocato sulle vendita delle quote – e le critiche di Levoni alla Giunta su Libertà – subentra anche un sentimento che con la politica c’entra sempre: la lealtà. Nel centrodestra c’è disorientamento: gli attacchi più feroci e gratuiti all’operato dell’Amministrazione arrivano proprio da un autorevole esponente della maggioranza. Quell’Antonio Levoni che con i voti del centrodestra è arrivato fin in Consiglio provinciale e ora sposa la linea dell’avvocato Corrado Sforza Fogliani (padre nobile dell'associazione dei Liberali Piacentini) che su IlPiacenza.it arrivò persino a paragonare la Giunta Barbieri a quella del centrosinistra di Dosi.

Levoni è parte integrante di questa maggioranza (così come Ultori, che lavora a fianco di diversi assessori ed è apprezzato per il suo impegno) che ora contesta. Venne difeso a spada tratta sulla questione dei rimborsi a suo carico: essendo residente a Rapallo di Genova, la sua presenza in Consiglio a Piacenza - per legge - costa diverse migliaia di euro di rimborsi all’anno. Esposto agli strali dell’opposizione, che contestava lo spreco di risorse per il Comune, il liberale fu difeso con tenacia dai colleghi di maggioranza.

Alle Elezioni Provinciali che si sono disputate il 10 febbraio votavano solo gli amministratori dei 46 comuni piacentini. I voti sono ovviamente segreti, ma è anche molto facile ricostruire il quadro generale del Consiglio comunale di Piacenza. Trentatré erano i votanti e Levoni ha ottenuto ben sei preferenze, decisive per essere eletto come consigliere provinciale (i voti del comune capoluogo avevano un peso preponderante in base alla popolazione). Proviamo, dopo diverse consultazioni con i protagonisti, a ricostruire i sei voti ottenuti: po’ Antonio Levoni-2per legami e affinità politiche note e alla luce del sole, un po’ chiedendo ai diretti interessati, forse ci siamo riusciti.

Innanzitutto il consigliere al centro della querelle politica, si è auto votato e ha incassato anche la preferenza del collega liberale Gian Paolo Ultori. E siamo a due. E gli altri quattro voti? Uno arriva dal consigliere del Gruppo Misto (ex Forza Italia) Michele Giardino, in rotta con il suo partito di provenienza. Perfino il Movimento 5 Stelle ha contributo alla sua elezione, con la preferenza data da Andrea Pugni. Anche la Lega si è impegnata per farlo eleggere, con il voto del “bastian contrario” Nelio Pavesi, che spesso condivide le posizioni di Levoni. Stando alla nostra ricostruzione, manca ancora una preferenza. E sarebbe stato proprio il sindaco Patrizia Barbieri ad attribuirla a Levoni, che si è visto aprire le porte del Consiglio provinciale anche grazie al primo cittadino e ora reclama una delega (alla montagna?).

Il centrodestra s’interroga: non avremo concesso troppo ai Liberali Piacentini, forza influente dall’esterno, ma che alle Elezioni Comunali del 2017 si è nascosta all’interno della civica “Prima Piacenza” (come ha ricordato il leghista Davide Garilli, durissimo nel contestare l’atteggiamenti dei Liberali)? Nasce da qui lo stupore di molti esponenti della maggioranza - la Lega digerisce malvolentieri queste situazioni - di ritrovarsi sotto i colpi di un fuoco “amico” sempre valorizzato e tenuto in grande considerazione. «Non siamo una Chiesa in cui nessuno può criticare - è stato infatti il commento di Tommaso Foti, ma non possiamo essere neanche un pollaio». 

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