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Uccellacci e uccellini

Uccellacci e uccellini

A cura di Filippo Mulazzi

Piacenza ha bisogno di un Movimento 5 Stelle unito e coeso

Un Movimento che raccoglie il voto di 36mila piacentini (il 23,22%) merita una struttura più unitaria e una gestione meno problematica delle candidature. Dal 2013 a oggi nessun piacentino è riuscito a farsi eleggere a Bologna o Roma. Sul territorio esistono due Movimenti 5 Stelle

«Il Movimento è palesemente danneggiato da questa battaglia interna che viene coltivata all'esterno. Strumenti e metodi sono altri ma ormai il buonsenso si è perso per strada. Mi dispiace ma a Piacenza il Movimento è una palude di sabbie mobili dove regnano in modo esasperato i personalismi...che peccato...». Scrive così su Facebook Rosarita Mannina, discutendo con altri grillini della situazione interna al Movimento piacentino.

Come darle torto? L’ultima querelle si è consumata nei giorni scorsi. I consiglieri comunali di Piacenza Andrea Pugni e Sergio Dagnino votano un provvedimento della maggioranza a Palazzo Mercanti su un piano urbanistico. Dopo poche ore gli attivisti del Meet Up "Amici di Beppe Grillo" – che ora hanno assunto il nome di “attivisti4vallia5stelle” sconfessano la decisione e propongono una raccolta firme per la revoca della delibera. Insomma, a Piacenza e provincia di “Movimento 5 Stelle” ne esistono due, con due gruppi di persone che “non si possono vedere”, due linee, due programmi diversi. Anche sulle più piccole questioni locali.

La campagna elettorale delle Politiche è stata carica di tensione. Dopo le Comunali del 2017, si è svolta un’altra campagna giocata più internamente, che contro gli avversari esterni di centrodestra e Pd. Quando è tempo di preparare le candidature, il Movimento è dilaniato dalle incomprensioni e dai litigi. I 5 Stelle non sono riusciti, neanche a questo giro, a far eleggere un piacentino nelle istituzioni. Il Movimento è andato bene nel nostro territorio (ha raccolto 36.067 voti, il 23,22%), ma non è la prima volta che non riesce a concretizzare questa presenza sempre più radicata.

Nel 2013 nessuno, neanche il più ottimista, si aspettava un exploit così eclatante del Movimento, che andò ad un passo dal conquistare il premio di maggioranza alla Camera (ottenuto dal Pd di allora guidato dal “nostro” Pier Luigi Bersani). Difficile, poi, eleggere qualcuno alle Elezioni Europee: occorrono vagonate di preferenze per andare a Bruxelles. Ma né alle Regionali del 2014, né alle Politiche del 2018, il Movimento è riuscito a portare un piacentino a rappresentare il territorio. Senza dimenticare l’astio, i veleni, le polemiche, della scelta del candidato sindaco di Piacenza nel 2017 tra Andrea Pugni e Rosarita Mannina. Lo scontro tra le due liste ha fatto perdere molti voti ai pentastellati, che non hanno guadagnato neanche un voto in più rispetto al 2012 e hanno perso un seggio in Consiglio comunale. 

A questo giro dovevano essere le Parlamentarie a decretare i candidati. Metodo alquanto assurdo, perché non tiene conto dei bacini di voto: a Parma, Reggio Emilia e Modena è normale che vi siano più iscritti alla piattaforma Rousseau, essendo territori con molti più cittadini del Piacentino. Danilo Toninelli, parlamentare di Cremona del Movimento, ha difeso la “democraticità” del metodo. Sarà impossibile, se l’andazzo è questo, vedere un eletto del Movimento delle nostre parti a Roma. O quantomeno sarebbe servita una candidatura unitaria da Piacenza, dove riversare i voti dei non tantissimi grillini piacentini. Ma la conta interna è stata un “tutti contro tutti”. Alla fine sono stati “scelti” l’attivista Filippo Ghigini e Pierluigi Baronio, imprenditore del cremonese (quest'ultimo senza passare dalle Parlamentarie). Nel Movimento, che ha ancora la regola dei due mandati, sarebbe importante valorizzare i pochi che si sono costruiti in breve tempo un’esperienza politica. Andrea Gabbiani e Mirta Quagliaroli sono stati archiviati troppo in fretta (dopo cinque anni di battaglie in Consiglio comunale). Ora hanno iniziato una nuova esperienza a Palazzo Mercanti Andrea Pugni e Sergio Dagnino che, sicuramente, fra quattro anni – al termine del mandato – saranno molto esperti e competenti sulla città, oltre che più conosciuti rispetto a “semplici” militanti. Il Movimento dovrebbe valorizzare i suoi uomini e le sue donne (senza ostacolarli) e non proseguire il “regolamento di conti” interno tra Meet Up e il gruppo di sostenitori di Gabbiani e Quagliaroli.

Lascia perplessi la giustificazione che Danilo Toninelli ha utilizzato per coprire le divisioni nel Piacentino. «L’importante è il programma, uno vale uno». Ma allora dovrebbe valere anche per lui, sconfitto («asfaltato», come direbbe Salvini) nella sua Cremona da Daniela Santanché (che cremonese non è) e ripescato dai listini del proporzionale. Perché eleggere Toninelli con il paracadute (che è apprezzato perché si sa difendere bene in televisione) e non un emerito sconosciuto neo eletto del Movimento? Perché tagliare fuori dai giochi persone come Quagliaroli e Gabbiani (e un domani Pugni e Dagnino) che si sono fatte conoscere dai piacentini?

Conviene quindi lanciare un appello: nel 2019, sarà già tempo di Elezioni Regionali. Sarebbe utile, almeno questa volta, evitare di disperdere energie in faide interne, per mandare a Bologna qualche rappresentante piacentino in grado di portare in Regione le istanze del territorio. Non abbiamo la minima idea su quale sia la linea da seguire - più ortodossa - del Movimento 5 Stelle di Piacenza, ma non crediamo che avere due movimenti - che si combattono quotidianamente - sia la cosa migliore per i tanti piacentini che credono in questa forza politica che potrebbe avere l’incarico di formare il nuovo Governo nazionale.

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