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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Abusi sessuali, le indagini della squadra mobile partite da un audio WhatsApp

Le indagini della squadra mobile della polizia sarebbero partite da un file audio inviato da qualcuno in una chat di gruppo. Nel vocal il racconto delle presunte violenze subite da due persone maggiorenni da parte di Don Stefano Segalini. Le vittime sarebbero state stordite e rese inermi

Un file audio nel quale sarebbero stati raccontati abusi subiti da due persone adulte in circostanze differenti da parte di Don Stefano Segalini ha fatto scattare le indagini della squadra mobile. Accertamenti delicati e complessi che hanno concorso a costruire un quadro indiziario che ha poi portato all'ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell'ex parroco di San Giuseppe operaio che ora si trova agli arresti domiciliari per violenza sessuale aggravata e per procurato stato di incapacità (articolo 613 del codice penale). Gli inquirenti, guidati da Serena Pieri e coordinati dal sostituto procuratore Emilio Pisante, avrebbero acquisito il "vocal" grazie ad un padre preoccupato: la figlia, inserita in un gruppo Whatsapp dopo aver ascoltato il file si sarebbe rivolta al papà molto scossa. A quel punto il genitore aveva chiesto aiuto alla polizia. Ne sarebbe emerso un racconto crudo, dettagliato e credibile che descriveva come i due uomini, storditi da qualche sostanza, sarebbero stati abusati, senza poter reagire né opporre resistenza. 

don Stefano Segalini-3A quel punto, giorno dopo giorno, ascoltate di persona le due vittime, sarebbero emersi almeno altri otto episodi: forse capendo di poter essere capiti e protetti, i ragazzi hanno cominciato a parlare, con loro altri giovani che gravitavano nell'ambiente parrocchiale. Era aprile 2019, e a maggio il don è stato destituito dal suo incarico: autonomamente e parallelamente stava indagando anche la Diocesi che voleva vederci chiaro circa alcuni esposti ricevuti che descrivevano comportamenti deprecabili e non idonei al ruolo tenuti dal don. A dare l'annuncio ai fedeli della parrocchia di via Martiri della Resistenza era stato il vescovo Gianni Ambrosio. Don Segalini era stato allontanato e collocato in una "casa di cura spirituale" in Lombardia. Il 31 luglio l'arresto, disposto dal gip Luca Milani basato su una misura cautelare nel corso di un'indagine, quella della polizia, che non è ancora terminata, tanti i tasselli che mancano per ricostruire quello che sarebbe accaduto: la procura ha però valutato, sulla base dei primi riscontri, che possano sussistere una o più delle cosiddette esigenze cautelari (pericolo di fuga, di inquinamento delle prove, o di reiterazione del reato). Nei prossimi giorni il sacerdote piacentino verrà ascoltato per l'interrogatorio di garanzia, è difeso dall'avvocato Mario Zanchetti (foro di Milano). 

«La notizia dell’arresto di don Stefano Segalini -  interviene a nome della Diocesi di Piacenza-Bobbio monsignor Luigi Chiesa, vicario generale - e del provvedimento cautelare deciso dalla magistratura ci addolora profondamente. Il dramma di chi si dichiara vittima di abusi come pure il dramma di chi si ritrova accusato di una colpa tanto grave ci chiedono anzitutto vicinanza e preghiera. Confidiamo che si giunga il più rapidamente possibile a chiarire i fatti e le responsabilità». «Assicuriamo  - prosegue - preghiera e vicinanza a tutti coloro che sono coinvolti in questa tristissima vicenda e in particolare alla comunità di San Giuseppe Operaio. Per la delicatezza della situazione e il rispetto dell’operato della magistratura nelle indagini in corso, riteniamo doveroso non rilasciare ulteriori commenti. E se queste notizie ci riempiono di dolore, proprio per questo come cristiani siamo chiamati tutti ancor più urgentemente a dare testimonianza responsabile ed evangelica perché, come altre volte è accaduto nella storia della Chiesa, anche attraverso queste ferite ci sia una rinascita».

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