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Cronaca

Carabinieri infedeli, l’indagine non si ferma

Al via i primi interrogatori di garanzia del gip, sia di carabinieri sia di spacciatori. Dopo la procura militare, anche l’Arma avvia un’indagine interna. Si scava nella caserma alla ricerca di riscontri. Il gip: «Dietro quei volti sorridenti c’erano militari che hanno commesso reati gravissimi». L’ordinanza suddivisa in capitoli

Non si ferma l’inchiesta Odyssèus che ha scoperchiato il “mondo di sotto” che ruotava attorno alla caserma Levante. Finora sono finiti in carcere in isolamento a Piacenza sei carabinieri e altri quattro, insieme a un finanziere, hanno ricevuto misure cautelari. Al momento dell'arresto due di loro sono scoppiati in lacrime, gli altri - tra cui "il leader" del gruppo Giuseppe Montella - sono rimasti impassibili. Ai militari si sono poi aggiunte altre tredici persone, tra italiani e stranieri, tutti in carcere o agli arresti domiciliari. In attesa dei primi interrogatori di garanzia, che si svolgeranno il 24 e 25 luglio, la procura guidata da Grazia Pradella non si ferma. Oltre alla ricerca di eventuali altre responsabilità, e di altri fatti illeciti commessi dai carabinieri, i riflettori potrebbero accendersi sulla catena di comando dell’Arma a livello provinciale. D’altra parte, dopo l’arrivo della procura militare di Verona che si occuperà del sequestro della stazione Levante, è intervenuto anche il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, che ha annunciato un’inchiesta interna. Il sequestro della caserma, comunque, è temporaneo e legato a esigenze investigative. Gli investigatori, e anche i carabinieri del Ros di Bologna, sono alla ricerca tra le mura di via Caccialupo di riscontri ai vari reati che sarebbero stati commessi dai militari infedeli.

«Non è stato semplice rendersi conto, settimana dopo settimana, che dietro i volti sempre cordiali e sorridenti di presunti servitori dello Stato, incrociati più volte nei corridoi e nelle aule del Tribunale di Piacenza mentre svolgevano attività istituzionali, potessero celarsi gli autori di reati gravissimi. Leggendo la richiesta di applicazione di misure cautelari è capitato spesso di alzare lo sguardo per capire se non ci si stesse trovando di fronte alle pagine di qualche romanzo noir riguardante militari infedeli. Tutto vero, invece, e reso ancora più palpabile e concreto grazie all’impiego di uno strumento investigativo inedito e potentissimo come il captatore informatico (il virus trojan, ndr)». Il “cavallo di Troia”, in genere installato grazie a un falso messaggio o mail o altro, può consentire ad hacker o cybercriminali - o in questo caso alle Forze dell’ordine per indagini legittime - di spiare il proprietario del device, in questo caso lo smartphone, rubarne i dati sensibili e ottenere l'accesso backdoor al sistema.

L’ordinanza di custodia cautelare del giudice Luca Milani è impostata per capitoli, a cui il magistrato ha dato dei titoli. Il primo è la “droga i tempi del coronavirus”. Si parte dalle dichiarazioni di un ufficiale dell’Arma alla Polizia locale, dove era stato chiamato come testimone per un altro caso, e si arriva ad analizzare il comportamento dei carabinieri e degli altri spacciatori, e i reati, come riportati nella richiesta di sostituti procuratori Antonio Colonna e Matteo Centini. Gli accordi con i pusher, i festini a base di droga nella caserma Levante con prostitute e anche una trans, gli spacciatori arrestati a cui veniva sottratta dopo magari un pestaggio parte della droga (marijuana e hascisc) che veniva data ai pusher “amici” per la vendita sul mercato, i soldi rubati (18mila euro) in casa di uno spacciatore e mai registrati nei verbali, della droga (anche cocaina) presa per i carabinieri e usata in festini a casa loro. Il periodo di lockdown è stato tra i più redditizi per la gang di carabinieri e spacciatori che avevano stretto il “pactum sceleris”. L’accordo consentiva il rifornimento di droga alla città chiusa per l’epidemia di Covid-19 e, a volte, a garantire l’arrivo sicuro erano proprio i carabinieri che organizzavano una staffetta.

Il secondo capitolo è “disciplina e onore” e ripercorre le indagini della procura che hanno fatto emergere gli illeciti commessi con indosso la divisa e nella stazione. Peculato, truffa ai danni dello Stato, falso, abuso di ufficio per arrivare fino alla, gravissima, contestazione di tortura. E non basta. Per consentire agli spacciatori amici di circolare durante il lockdown veniva rilasciato loro l’autocertificazione con il timbro della stazione dei carabinieri. Un turbinio di azioni di cui tutti erano a conoscenza: il maresciallo Marco Orlando, gli appuntati Giuseppe Montella, Salvatore Cappellano, Giacomo Falanga, Angelo Esposito. E anche il maggiore Stefano Bezzeccheri, almeno riguardo «alle modalità artificiose con cui si è programmato l’arresto (quello di uno spacciatore, ndr) e della già prevista possibilità di appropriarsi di parte dello stupefacente detenuto dallo spacciatore da dare all’informatore a pagamento del suo intervento» scrive il giudice per le indagini preliminari. Seguono, poi, le descrizioni altri arresti di spacciatori, del sequestro di notevoli quantità di hascisc e marijuana - anche da mezzo chilo, fino a tre chili.

Il terzo capitolo è “la legge sono io”. E qui vengono analizzati i presunti comportamento strafottenti, soprattutto di Montella, «rivelando come egli abbia la profonda convinzione di poter tenere qualunque tipo di comportamento, vivendo al di sopra della legge e di ogni regola di convivenza civile» afferma il gip. Ma il giudice - parlando degli accertamenti patrimoniali su alcuni carabinieri e Montella in particolare - si pone anche il dubbio su come «in un piccolo ambiente come la stazione carabinieri Piacenza Levante o, comunque, all’interno della Compagnia carabinieri Piacenza, nessun membro dell’Arma abbia mai sollevato un dubbio sulle reali capacità economiche di un militare di grado inferiore».

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