rotate-mobile
Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Caritas diocesana, «Non possiamo essere i “barellieri” della comunità»

Nel 2013 si sono presentati ai centri di ascolto 567 volti nuovi. Al convegno delle Caritas parrocchiali si è discusso anche di immigrazione e accoglienza. Il direttore Chiodaroli: «Il fenomeno migratorio ci trova impreparati, non è più un'emergenza ma una cosa ben strutturata nella nostra società»

Al convegno delle Caritas Parrocchiali andato in scena il 18 ottobre al centro il Samaritano di Piacenza in via Giordani, gli operatori della Caritas diocesana si sono soffermati a riflettere sul tema dell’immigrazione e dell’accoglienza dei profughi. Caritas, pur criticando il sistema attuale di accoglienza, cerca di impegnarsi nelle attività di supporto mettendo a disposizione mezzi e strutture.

«Da metà di marzo – ha detto nella sua relazione Francesco Millione, membro del consiglio direttivo della Caritas di Piacenza - sono aumentati notevolmente gli sbarchi di profughi, e l’Italia, dopo la strage di Lampedusa, ha potenziato l’operazione Mare Nostrum che ha fatto accogliere oltre 100mila persone. Tanti giovani sono purtroppo comunque morti, si parla 3mila persone finite solo nell’ultimo periodo nel Mediterraneo. Anche nel Piacentino sono state accolte diverse persone, seguite anche dalla Caritas. Perché abbiamo accettato di assumerci questa responsabilità? Abbiamo seguito la preghiera di papa Francesco che ci chiede di aprire le porte nei nostri cuori, delle nostre città e dell’Europa. Li aiutiamo perchè delle tragedie e delle storie degli altri ci si dimentica troppo spesso, passato il momento. Ci sono tante difficoltà, ci interroghiamo molto sul tema dell’immigrazione. Non c’è una soluzione preconfezionata – riflette Millione - che va bene per tutti. È un diritto che hanno questi ragazzi, sancito dalle nostre leggi, da quanto abbiamo dichiarato di fronte alla Comunità internazionale. Tanti fanno confusione: si scambiano i termini che definiscono il loro status, si parla di extracomunitari, profughi, clandestini, rifugiati. I rifugiati hanno asilo politico e il diritto di stare nel nostro Paese, non lo facciamo solo per carità. Abbiamo sperimentato come Caritas che le uniche risposte in qualche modo efficaci sono risposte che vengono dalla comunità: responsabilità e gratuità per avere un’ accoglienza di qualità e con un futuro. Proviamo a chiederci quanto sono aperte le nostre porte e se siamo in grado di aprirci così tanto o se invece non siamo in grado di accoglierli? Non stiamo ottenendo molto ora, però ci sono gesti di gratuità i ragazzi che insegnano l’italiano ai profughi e l’impegno del gruppo scout di Nostra Signora di Lourdes verso la loro istruzione».

«Il fenomeno migratorio ci trova impreparati – ammette don Giuseppe Chiodaroli, direttore della Caritas diocesana – perché non si tratta di un’emergenza, è una cosa ormai ben strutturata. Siamo contrari come Caritas al metodo attuale di accoglienza che coinvolge lo Stato, le prefetture e le strutture che li ricevono. Dobbiamo però sensibilizzare la comunità all’accoglienza del fenomeno migratorio. Dobbiamo essere “sentinelle” del nuovo che arriva e la spiritualità deve essere il momento centrale del nostro servizio: senza quest’ultima non si va da nessuna parte. E come Caritas è importante anche denunciare le criticità del nostro territorio. Mettiamoci in testa che la Caritas non è in grado di fare da "barelliere" di tutte le mancanze della comunità, noi siamo solo segni di Cristo nel quotidiano: non possiamo permetterci di dare un lavoro e una casa a nessuno. La situazione della crisi, stagnante, riguarda tante persone, e questo lo vediamo nella quotidianità sia in città che nelle parrocchie locali, che sono punti di riferimento e osservatori. Sta cambiando il volto dei nuovi poveri: su 1659 ascolti nel corso del 2013, 567 si affacciavano per la prima volta ai nostri servizi».

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Caritas diocesana, «Non possiamo essere i “barellieri” della comunità»

IlPiacenza è in caricamento