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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Caso Dorini, restano in carcere gli arrestati

Sono stati sentiti l'8 settembre, dal giudice per le indagini preliminari i due professionisti piacentini, un commercialista e un avvocato, indagati nell'inchiesta sul Gruppo Dorini. L'interrogatorio di garanzia si è svolto davanti al giudice Giuseppe Bersani e i due hanno risposto alle domande

Restano in carcere gli arrestati nell’inchiesta sul crack del Gruppo Dorini. Il giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Bersani, ha infatti rigettato le richieste dei difensore delle persone sentite nei giorni scorsi in carcere, accusate a vario titolo di bancarotta, riciclaggio e trasferimento fraudolento di beni. Intanto, sono stati sentiti l'8 settembre, dal giudice per le indagini preliminari i due professionisti piacentini, un commercialista e un avvocato, indagati nell’inchiesta sul Gruppo Dorini. L’interrogatorio di garanzia si è svolto davanti al giudice Giuseppe Bersani e i due hanno risposto alle domande.

GLI ARRESTATI - Rimangono così in via delle Novate Angelo e Pierangelo Dorini, Gian Marco Govi, il commercialista spezzino Vittorio Petricciola, Roberto Piras e Giuseppe Fago. La moglie di Angelo Dorini, Carmen Grillo, era finita da subito agli arresti domiciliari, mentre l’avvocato di La Spezia, Pierpaolo Zambella, ha ottenuto i domiciliari un paio di giorni fa per seri problemi di salute. L’indagine aveva portato alla luce un sistema, attraverso un complesso giro di trasferimenti di società a prestanome, che consentiva a ditte in difficoltà di trasferire all’estero una nuova società, evitando il fallimento, salvando tutti i beni e togliendo la possibilità ai creditori di rifarsi. In particolare, il Gruppo Dorini avrebbe dovuto spostarsi in Romania, ma la procura è intervenuta prima che l’ultimo passaggio potesse attuarsi. Due dei presunti artifici di questo sistema, Roberto Piras, ritenuto dalla Dia di Genova vicino ai clan ‘ndranghetisti di Vibo Valentia, e il commercialista spezzino Vittorio Petricciola avrebbero voluto esportare questo redditizio modello in altre città e in una telefonata intercettata - e riportata nell’ordinanza di custodia cautelare - Petricciola dice a Piras mentre parlano del loro sistema per portare le società in Bulgaria: «…procedura collaudata! Esatto ... le  spese son queste, in maniera chiara ... se la vuoi fare è così, se no te la prendi nel culo, fallisci in Italia!».

GLI INTERROGATORI - Il commercialista Carlo Bernardelli è indagato per favoreggiamento, mentre l’avvocato Antonino Desi deve rispondere di falso ideologico e concorso in bancarotta con i Dorini - Angelo e Pierangelo - e con Gian Marco Govi. Entrambi all’epoca dei fatti, nel 2015, avevano ricevuto l’incarico di curatori fallimentari di alcune aziende del Gruppo. La nomina del Tribunale li aveva così fatti diventare pubblici ufficiali. Il gip, su richiesta della procura, dopo le lunghe indagini della Dia di Genova, aveva chiesto che venissero interdetti dall’incarico di curatori. Richiesta poi accolta dal gip. Questa mattina, l’interrogatorio è durato un paio d’ore. Bernardelli è assistito dall’avvocato Mauro Pontini, mentre Desi è difeso dall'avvocato Elena Abbate. Secondo le accuse della procura, il commercialista avrebbe informato i Dorini e Govi - uomo di fiducia della società, il contabile - dell’inchiesta della Dia e li avrebbe aiutati a «eludere le investigazioni sui reati di bancarotta fraudolenta  relativi alle società fallite rivelando agli stessi che erano  in corso delle indagini penali e fornendo informazioni specifiche al riguardo» come riporta l’ordinanza del gip. Nonostante, infatti, gli investigatori gli avessero chiesto, come curatore, di procurare alcuni documenti senza dir nulla nessuno lui, secondo la procura, avrebbe detto tutto ai Dorini. Il falso contestato all’avvocato Desi riguarda un documento sul fallimento di una delle tante aziende dei Dorini. Il legale avrebbe dovuto fornire le carte che un contratto di affitto d’azienda tra due imprese era già risolto. Lui avrebbe dichiarato, invece, che il contratto di affitto era pendente. Una prova della distrazione dei beni, secondo gli investigatori.

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