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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

«Né concussione né corruzione, assolvete Filosa». Anche per Fumagalli chiesta l'assoluzione

Sentenza attesa il primo ottobre. I legali dell'ex direttore del Lavoro: «Nessuna minaccia né pressioni sulle aziende. Clima difficile perché i carabinieri non aderivano alla programmazione delle ispezioni». L'avvocato dell'imprenditore milanese: «Sistema radicato a Piacenza, ma non ho visto la fila di imprenditori a denunciare»

Hanno chiesto l’assoluzione per entrambi gli imputati - Morgan Fumagalli e Alfonso Filosa - gli avvocati difensori che questa mattina, 18 luglio, hanno pronunciato le loro arringhe difensive davanti al collegio di giudici presieduto da Italo Ghitti con i giudici Elena Stoppini e Maurizio Boselli. Secondo gli avvocati, Fumagalli sarebbe stato una vittima, un concusso e non un corruttore, mentre Filosa non avrebbe mai fatto pressioni o minacce alle aziende per avere del denaro o costringerli a stipulare contratti con l’azienda di consulenza della figlia. Tutte azioni, secondo l’accusa, che il dirigente del Lavoro avrebbe ripagato informando le imprese delle ispezioni o cercando di intervenire di persona.

FILOSA L’ex direttore dell’Ufficio del lavoro, Alfonso Filosa, arrestato nel giugno del 2009, deve rispondere di concussione, corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e falso. Per lui, il pubblico ministero Antonio Colonna ha chiesto la pena di 12 anni di reclusione.

Gli avvocati luigi Alibrandi e Benedetto Ricciardi hanno chiesto l’assoluzione da tutti i reati perché i fatti non sussistono o perché non ci sono prove sufficienti. I legali, però, hanno anche chiesto in subordine che le accuse di concussione e corruzione vengano derubricate in corruzione per la funzione d’ufficio, un reato che prevede una pena massima fino a tre anni e che consentirebbe di chiedere la sospensione condizionale (il pm era partito da una pena base di sette anni di reclusione).

antonio colonna-2I CARABINIERI Ricciardi ha attaccato la sua lunga requisitoria dicendo che avrebbe letto e citato nel dettaglio alcune dichiarazioni viziate da palesi contraddizioni. Poi, ha difeso la figura di Filosa “perché questo caso ha avuta una eco notevole in città e anche fuori. Sulla stampa si sono anche scoperti i gusti alimentari di Filosa e filtravano notizie sulle indagini in continuazione”. Il legale ha sottolineato come su questo caso si indagasse dal 2008, anche se Filosa venne indagato solo nel marzo 2009: “In quel periodo i carabinieri del Nucleo investigativo chiesero le autorizzazioni a intercettare i telefoni. Ma tutto cominciò nel 2008, quando i carabinieri del Nucleo ispettorato lavoro (Nil) si recarono dal luogotenente Santini per denunciare questioni poco chiare nel loro ufficio”. Il 10 marzo 2009, una nota poco chiara, redatta da due ispettori Inps e Inail, venne inviata “stranamente” al maresciallo comandante del Nil. “Chiesi allora alla procura - ha affermato Ricciardi - che le indagini venissero affidate ad altri, per prudenza”. Secondo l’avvocato, era in atto un dissidio tra Filosa e i carabinieri dell’Ispettorato del lavoro per una differente organizzazione del lavoro interno. I militari ritenevano di essere autonomi, anche nelle ispezioni congiunte con altri enti (Inps o Inail) mentre non lo erano sulla base delle linee guida disposte nel 2009 dal ministero del Lavoro: il lavoro andava programmato e le richieste di ispezioni dovevano passare per il dirigente. E questa normativa, ha insistito l’avvocato, è stata confermata dal dirigente del Servizio ispettivo di Cremona.

FUMAGALLI Ricciardi attacca poi Morgan Fumagalli, titolare dell’impresa di servizi milanese che aveva numerosi appalti a Piacenza. Un ispettore Inps aveva detto a Filosa che c’erano delle irregolarità e che era scattata una sanzione da 10mila euro. Filosa suggerì di far rateizzare l’importo. Ma l’Inps disse che una volta era stato fatto e che Fumagalli pagò la prima rata, poi più nulla. L’ispettore Inps ribattè che era difficile anche a causa delle “scatole cinesi”, cioè delle tante coop che chiudevano e trasferivano il personale ad altre coop con un nuovo nome, “un sistema usato da Fumagalli” ha detto il funzionario Inps.

Ricciardi non si ferma e riporta una telefonata di un commerciante (Facchi) al quale i carabinieri avrebbero fatto dire “trovo uno, gli faccio fare una denuncia di aggressione così poi mettiamo nei guai i carabinieri”. Un’azione per la quale la procura chiese l’arresto di Filosa, ha sottolineato Ricciardi. Il legale ha poi smontato la tesi di Fausto Bianchi il gestore di una coop di servizi, protestato più volte e causa di una serie di buchi in numerose aziende “di cui non si è preoccupato come invece ha detto dei propri figli”. Ancora: “Chiudeva le coop e trasferiva i dipendenti, con l’accordo dei sindacati e anche di Inps e Inail”. Bianchi ha detto di aver consegnato assegni a Filosa in un ufficio con i vetri, gesto visto dai dipendenti. Me per Ricciardi, quelli erano soldi che Filosa gli aveva prestato, perché nessuno ha visto quegli assegni. Tanti parlavano di “si vociferava” sullo sbianchettamento di un Durc (documento che dimostra il versamento dei contributi). E poi Bianchi ha detto che quando arrivavano i carabinieri, lui chiamava Filosa e i militari se ne andavano: “Ma come è possibile?”. Ricciardi “spara” anche sull’ex sindacalista Cisl Giorgio Cantarelli il quale aveva detto che Fumagalli voleva conoscere qualcuno che contava a Piacenza. Si organizzò il pranzo alle Giare, presenti anche Filosa e Gianni Salerno. Fumagalli ha detto di aver visto Filosa fare con le dita il gesto del denaro: “E se invece chiedeva agli altri quanto costava il pranzo per poi dividere? Nessuno ha mai visto passaggi di soldi tra Fumagalli e Filosa. E della busta con i 30mila euro, pagati da Fumagalli per non avere problemi a Piacenza, ne parla Salerno” (15mila sarebbero andati a Filosa, gli altri divisi a metà tra i due ex sindacalisti). Alla fine, Ricciardi conclude: credo ci fosse un accordo tra i due sindacalisti - che millantavano il credito verso Filosa - e Fumagalli: “Conosciamo chi risolve problemi. Ma i problemi di Morgan non sono mai stati risolti”.

ALIBRANDI Il collega Luigi Alibrandi, invece, ha cercato di smontare tecnicamente i reati contestati a Filosa. L’ex direttore non avrebbe mai costretto, né minacciato qualcuno a sottoscrivere contratti con la ditta di consulenze della figlia, né imposto a qualcuno il pagamento in cambio del suo “intervento”. Insomma, niente concussione, né corruzione per costrizione o induzione. Forse, per l’avvocato, si potrebbe considerare il reato di corruzione per un atto d’ufficio, che prevede una pena da sei mesi a tre anni.

Alibrandi ha preso in esame il caso del viaggio negli Usa pagato dalla ditta Bertana. Venne interrotto il contratto con l’azienda della figlia e Filosa avrebbe chiesto un viaggio per lui e la moglie. I dirigenti dissero che avevano pagato perché temevano controlli. “Ma chi li ha costretti? Filosa non ha mai prospettato alcun danno alla Bertana in virtù del suo ruolo”. Insomma, il timore reverenziale ha avuto il sopravvento. E così, secondo l’avvocato, è avvenuto per Enersys, che, da anni, pagava i regali di Natale acquistati da Filosa e fatturati alla ditta. Alibrandi, poi, ha parlato di capi di imputazioni “sfuggenti” perché la procura scrive di “protezione…favorire…” ma non c’è una prova dell’induzione a pagare per ottenere delle utilità. Non c’è una dichiarazione di qualcuno che abbia affermato “Filosa mi ha detto di firmare perché allora avrai…”. Infine, citazione dotta del filosofo mantovano Pomponazzi, teorizzatore della “doppia verità”: alcuni episodi di aziende nascono come corruzione, ma poi vengono rubricate come induzione. Le ditte ai carabinieri dicevano una cosa e in aula al pm ne hanno detta un’altra.

LA DIFESA DI FUMAGALLI In apertura, ha parlato  l’avvocato Michele Passarella, del Foro di Milano, che assiste Fumagalli. Per l’imprenditore milanese, imputato di corruzione, il pm Colonna aveva chiesto l’assoluzione.

michele passarella (fumagalli)-2Il legale ha subito sottolineato come forse le ricerche della polizia giudiziaria furono un po’ “frettolose” perché il suo cliente risiedeva in Svizzera da tempo e la procura avrebbe potuto fare qualche accertamento in più prima di decretare la latitanza. Passarella ha definito i due sindacalisti ex Cisl come “collettori”, “questuanti”, che agivano per conto di qualcun altro. E’ poi passato al famoso pranzo alle Giare dove lo scopo era quello di presentare Fumagalli a Filosa. Lì vennero dati i 30mila euro, dentro buste in cui si vedeva il contenuto, altro che negare come ha fatto Cantarelli. “Si disse che erano documenti, ma quali…era il pagamento per il 2008! Come si fa a non ricordare? Forse ne hanno presi così tanti…” ha detto sorridendo l’avvocato. E di Salerno il legale non ha parlato perché è una persona di “una ambiguità oscena”. Il papà di Morgan gli aveva affidato l’impresa e lui, inesperto, voleva far vedere di valere, ma si scontrò a Piacenza contro quello che “era un sistema. Qui c’era un contesto ambientale radicato, ma non abbiamo visto la corsa degli imprenditori a denunciare”.  In realtà, Fumagalli, ha evidenziato il legale, ha pagato solo nel 2007 e non è corretto che gli si contestino reati fino al 2009. Morgan pagò i 30mila euro alla fine di ottobre e il 15 novembre ci fu un’ispezione alla Lpr (dove Fumagalli aveva un appalto): “Era un segnale del potere, di chi faceva vedere che poteva organizzare a piacere le ispezioni”. Morgan non è un corruttore “è stato avviluppato nella rete come un pesce, portato in tavola al ristorante e mangiato”. Fumagalli ha subito costrizioni, ha detto Passarella, è un concusso. “Purtroppo - ha concluso chiedendo l’assoluzione - anche se sarà assolto, la sua storia rimarrà in Internet e, a chi leggerà, un piccolo dubbio rimarrà sempre”. Il primo ottobre, ultimo atto, con eventuali repliche e la sentenza.

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