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Cronaca

Il maggiore Papaleo: «Fiducia nell'Arma e nella giustizia»

Scandalo Levante, il maggiore Rocco Papaleo ascoltato in procura per più di quattro ore come persona informata sui fatti: «Ritengo di aver fatto il mio dovere fino in fondo»

Si fida dell’Arma e della Giustizia, ma non risponde ai giornalisti che gli chiedono se abbia mai detto di non fidarsi dei vertici dei carabinieri, presumibilmente piacentini. Ma lui ha «l’animo del carabiniere» e dopo aver fatto detonare l’inchiesta che ha portato in carcere cinque carabinieri e a misure cautelari per altri cinque ha affermato di aver fatto «il proprio dovere». Il maggiore Rocco Papaleo, mantenendo la bocca cucita e il totale silenzio sulla vicenda e sull’incontro con i pm piacentini, ha stigmatizzato una parte della stampa: «Leggetevi alcuni titoli di giornali: alcuni sono stati seri e hanno sottolineato quello che è stato il mio reale ruolo nella vicenda, altri probabilmente spinti o mossi da qualche personaggio o mio detrattore, si sono avventurati in voli pindarici addirittura progetti machiavellici e gettando ombre sul mio passato, sul mio operato piacentino. Se siete giornalisti dovreste chiedervi voi alcuni quesiti su da chi e perché siete stati contattati, non al sottoscritto che non ha rilasciato alcuna dichiarazione. Io non ho intenzione di rilasciare alcuna dichiarazione in relazione alla vicenda».

Sono state oltre quattro le ore di interrogatorio per il maggiore dei carabinieri Papaleo, ascoltato come persona informata dei fatti, davanti al procuratore capo Grazia Pradella e, alternati, ai sostituti Matteo Centini e Antonio Colonna. Pradella coordina la delicata indagine dei sostituti che è stata svolta dalla Guardia di finanza. Agli inquirenti,  il compito di valutare le dichiarazioni di Papaleo e inserirle nel contesto dell’indagine.

SARA’ SENTITO IL COLONNELLO Il 7 agosto, invece, sarà la volta dell’ex comandante provinciale, il colonnello Michele Piras (sempre in qualità di persona informata dei fatti), che rimase al vertice un anno dal settembre 2018 allo stesso mese del 2019. Piras venne poi assegnato alla segreteria del ministro dei Trasporti Paola De Micheli, da cui di recente è stato trasferito per approdare a un ruolo nell’intelligence.

colonna centini procura ok 2020-2COME NASCE L’INCHIESTA I carabinieri sono accusati, a vario titolo, di reati che vanno dall’abuso di ufficio, al falso, al pecultato, alla tortura, allo spaccio di droga. Le indagini dell’operazione Odysséus, come scritto nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Luca Milani, «hanno preso il via in seguito alla segnalazione di un ufficiale dell’Arma che aveva prestato servizio per molti anni a Piacenza, il maggiore Rocco Papaleo…». Il comandante cremonese era stato convocato come testimone dalla Polizia locale per una indagine riguardante un caso di stalking: «…discorrendo con gli inquirenti di vari argomenti - ha scritto il gip - egli aveva assunto l’iniziativa di far ascoltare loro alcuni files audio salvati sul proprio telefono cellulare. Si trattava di messaggi vocali assertivamente ricevuti da un soggetto di origine marocchina e non pertinenti ai fatti» relativi allo stalking. Il marocchino era Hamza Lyamani il quale «dichiarava in tali messaggi di essere un informatore dei carabinieri presso la stazione di Piacenza Levante e di aver assunto tale ruolo in virtù di una conoscenza personale con l’appuntato Giuseppe Montella». Montella, prosegue il giudice Milani, «insieme ai colleghi Giacomo Falanga e Salvatore Cappellano era solito ricompensare le notizie ricevute attraverso la cessione di stupefacente, che era custodito» in un contenitore chiamato “scatola della terapia” all’interno della caserma Levante. Uno dei dubbi principali riguarda la catena di comando che il maggiore avrebbe dovuto rispettare. Nell’ordinanza, il giudice afferma che, al termine del colloquio con la polizia locale, Papaleo «aveva precisato di non aver mai riferito quanto appreso ai carabinieri di Piacenza in quanto non si fidava degli attuali dirigenti».

LE OPERAZIONI PIACENTINE Papaleo è stato per dieci anni - 2003-2013 - alla guida del Nucleo investigativo dei carabinieri di Piacenza ed è stato autore di importantissime operazioni contro la droga, tra le altre White thunder, Flanker e Annibale, nel 2010, con l’arresto di 33 spacciatori di coca di livello internazionale portando al sequestro di 30 chili di “neve”. Ma Papaleo, alla guida di un team professionale e molto unito, aveva anche arrestato sei poliziotti piacentini accusati, in qualche modo, di aver utilizzato gli stessi metodi dei militari della Levante. I poliziotti vennero accusati di spaccio, sfruttamento della prostituzione, immigrazione clandestina, falso: gli agenti favorivano alcuni pusher, con la droga o aiutandoli con i permessi di soggiorno, e alcuni trans che davano loro informazioni per fare arresti (un po’ il leit motiv anche dei carabinieri finiti in manette).

PERSONA INFORMATA SUI FATTI Occhiali da sole, vestito blu e cravatta regimental, testa alta e comportamento dignitoso, Papaleo impugnando una valigetta è stato assediato dai cronisti. «Ritengo - ha detto ai giornalisti il maggiore Papaleo all'uscita dalla procura - di aver fatto il mio dovere fino in fondo. Nulla da dichiarare. In vicende del genere è importante chiarire nelle sedi preposte, non davanti alle telecamere o ai giornalisti. Credete nella giustizia - ha rimarcato - è quello che conta in Italia. Io ci confido assolutamente. Credo nell'Arma dei Carabinieri e nella giustizia».  

Alla domanda sul perché non abbia parlato con i superiori dei carabinieri, ma con gli agenti della polizia locale, l'ufficiale ha risposto: «Ognuno ha la propria anima, io interpreto il ruolo da carabiniere con la mia anima da carabiniere». Poi ha dichiarato di fidarsi dell’Arma: «Certo, sono 26 anni che presto servizio». 

Incalzato dai giornalisti che gli hanno chiesto se avesse mai detto di non fidarsi dei vertici dell’Arma, ha risposto: «Forse l'avrebbe detto chi ha deciso di fare il carabiniere per disoccupazione, non io che avevo ampie scelte. Non devo spiegare a voi, ho visto tanti virgolettati e articoli in cui qualcuno ha voluto interpretare il silenzio giustamente impostomi dal mio dovere e anche dall'autorità giudiziaria con interpretazioni di cui ognuno si assumerà le proprie responsabilità e laddove riterrò di procedere anche a querela». 

«E quindi non l'ha mai detto?» ha chiesto ancora un cronista: «Se lei me lo mette per virgolettato vedrà» ha replicato in maniera decisa il maggiore.

L’INDAGINE Nel frattempo, l’indagine si è allargata e sono spuntati nuovi indagati, tra i quali uno o più carabinieri. Gli inquirenti continuano a sentire numerose persone, fra cui anche alcuni degli arrestati. Il riserbo è stretto e la procura continua il lavoro ventre a terra, sia per quanto riguarda lo sviluppo di quanto acquisito finora sia per quanto riguarda la verifica delle dichiarazioni delle numerose persone - alcune sono già state sentite e non sembra che i loro racconti coincidano del tutto con quanto rilasciato alla stampa - che hanno detto di essere stata minacciate, ricattate o picchiate nella caserma di via Caccialupo.

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