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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Vigolzone / Via Roma

Controllo di vicinato, «Quando il miglior antifurto è il vicino di casa»

L'iniziativa di Vigolzone finisce al Tgr Rai dell'Emilia-Romagna

Una troupe del TGR RAI dell'Emilia-Romagna con a capo il giornalista piacentino Matteo Merli, ha realizzato un reportage a Vigolzone sull’iniziativa sicurezza urbana, mirata in particolare a prevenire i furti nelle abitazioni, denominata "Controllo del vicinato". Il servizio sarà inserito in un racconto dedicato a “l’Italia della legalità”, la nuova campagna sociale che vedrà impegnate le sedi Rai regionali da lunedì 16 a venerdì 20 marzo.

L’attenzione della trasmissione “L’Italia della legalità” sarà rivolta all’aspetto generale delle legalità, toccando in particolare i temi: mondo dell’associazionismo, movimenti per la tutela dei cittadini, diritti di cittadinanza e il rispetto delle regole nella pubblica amministrazione, i percorsi di educazione alla legalità a scuola, nelle università, nei rapporti economici, nei luoghi di lavoro, la ricerca della trasparenza nei rapporti pubblici e privati ecc..

Nella nostra Provincia a Vigolzone - sulla scia di Carpaneto, Gropparello, Cadeo, San Pietro in Cerro, Caorso, Pontenure, Castel San Giovanni, Ponte dell’Olio, Alseno e di quanto stanno attuando numerosi comuni italiani, i cittadini stanchi del dilagare degli episodi di furti, rapine e vandalismi, e delle dissertazioni tipo “sicurezza reale e sicurezza percepita2, hanno deciso di essere partecipi della prevenzione creando Comitati mirati ad attuare azioni idonee alla prevenzione dei reati.

Per quanto riguarda Vigolzone i microfoni della Rai hanno raccolto le dichiarazioni del sindaco Francesco Rolleri, anche in qualità di Presidente della Provincia, e di alcuni promotori tra i quali Claudio Morosoli. La riunione istitutiva del “Controllo di vicinato Vigolzonese” è programmata alle 21 di giovedì 26 marzo.

IL “CONTROLLO di VICINATO”

Sintesi dall’intervista a Marco Dugato Ricercatore al Transcrime e Docente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il testo originale è all’indirizzo: www.controllodelvicinato.it

Con il nome di Controllo di vicinato si fa riferimento ad una serie di programmi volti a promuovere il coinvolgimento dei cittadini nelle attività di controllo e prevenzione di fenomeni criminali o devianti all’interno di un’area urbana ben definita. Originariamente nati tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70 negli Stati Uniti, come strumento di contrasto al diffondersi dei furti in abitazione, questi programmi si sono poi diffusi ed evoluti divenendo una costante in molti paesi anglosassoni e del Nord Europa.                           Il controllo di vicinato è in realtà un concetto molto ampio che raccoglie sotto di sé una serie di iniziative anche molto diverse sia per il tipo di misure adottate, sia per i soggetti coinvolti e sia per le specificità dell’area interessata, difficile quindi trovare una definizione precisa che riassuma o descriva sinteticamente questo tipo di programmi. In generale, però, esiste una sorta di idea di base basata sul concetto di prevenzione situazionale. In altre parole si tende a modificare le circostanze che possono favorire un determinato di reato. In quest’ottica i programmi di controllo di vicinato sono sviluppati per aumentare la sensibilità dei residenti in un’area su uno specifico problema e invogliarli a “tenere sott’occhio” quello che avviene non solo nelle loro proprietà ma anche nei dintorni. Il fine è quello di incrementare il controllo informale nella zona riducendo conseguentemente le opportunità criminali.

controllo di vicinato Vigolzone-3

Questi programmi possono provocare uno spostamento dei reati nelle zone adiacenti?

Una delle principali critiche che vengono mosse al controllo di vicinato e ad altre forme di prevenzione situazionale è che, non intervenendo direttamente sulle motivazioni all’origine del gesto criminale ma riducendone solo le opportunità, in realtà questi interventi abbiano come unico risultato quello di spostare i reati in altre zone della città. Questo fenomeno sarebbe dovuto al fatto che i potenziali autori di reato si vedrebbero spinti a dover cambiare i propri obiettivi concentrandosi, quindi, nelle aree limitrofe non interessate dal programma. Purtroppo mancano ricerche aggiornate e specifiche sul tema, ma alcuni studi condotti in aree nelle quali sono state attivate forme diverse di prevenzione situazionale hanno dimostratoche l’incidenza sulle zone limitrofe l’area interessata è il più delle volte limitata e, in ogni caso, il numero di reati “delocalizzati” è spesso significativamente minore di quelli evitati.

Pensa che possa essere applicabile alla realtà urbanistica Italiana? Secondo Lei l’Italia ha una cultura sociale e una mentalità compatibile con questo tipo di iniziativa?

Trattandosi di interventi legati ad aree geograficamente molto piccole e potenzialmente molto differenti tra loro è praticamente impossibile ragionare sull’applicabilità in generale di queste iniziative al contesto italiano. Infatti, le possibilità di ottenere risultati positivi sono molto variabili e dipendono da un ampio numero di fattori intervenienti che dovrebbero essere valutati di volta in volta. Tuttavia ci sono due elementi generali da considerare per la buona riuscita di queste iniziative: in primo luogo questo tipo di programmi si basano su un cambio di visuale sia del ruolo dei cittadini che del loro rapporto con le forze dell’ordine ed è, quindi, importante che questo cambiamento sia condiviso e vi sia la disponibilità ad attuarlo. In secondo luogo è importante ragionare sul tipo di contesto urbano nel quale questi programmi vengono attivati.                                                                                                                                                                          

I residenti di un quartiere devono rendersi conto della loro capacità di poter svolgere un ruolo attivo e delle responsabilità che esso comporta. D’altra parte è ugualmente importante che questi programmi vengano recepiti dalla forze di polizia e dagli amministratori locali non come un’ingerenza nelle loro funzioni tradizionali ma, al contrario, come un supporto al loro operato.

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