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Cronaca Ferriere

Costa e Curletti, contano sulle proprie forze per mantenere viva la montagna

Senza l’aggregazione favorita dal Circolo Anspi le due piccole realtà montanare sarebbero destinate al declino e all’estinzione

I residenti nei centri abitati limitrofi a Brugneto e i loro tanti amici hanno accolto con piacere il nuovo numero di "LA NUOVA MONTAGNA", periodico a cura del circolo ANSPI Santa Giustina di Costa – Curletti, redatto da Pier Luigi Carini, Beatrice Rebecchi, Erica Bernardi e per la grafica Giulia Bertotti. In prima pagina le riflessioni di Massimo Angelini, saggista ligure, contenute in un articolo pubblicato nel 2005 che, come scrive la redazione, “ha il pregio di riassumere in poche parole il nocciolo di molte questioni riguardanti lo spopolamento della montagna”. Ne proponiamo ampi stralci:

LA NOSTALGIA NON SERVE

Un paese vive se c’è chi ci vive. La montagna che si popola d’estate e che nell’inverno diventa ospizio è un luogo triste. I paesi che sopravvivono per il riposo e il divertimento dei cittadini o come nicchia delle loro nostalgie sono luoghi tristi. Se non c’è chi ci vive e ci produce, va bene che si spengano: lo ha deciso chi se n’è andato e chi ne amministra l’agonia, ma lo decide anche chi si rifugia nei ricordi e tra i ricordi smarrisce il proprio tempo. La voglia del passato è voglia di nulla. Poi, a pensarci bene, il passato non esiste: esiste solo il ricordo che ne abbiamo costruito, trasfigurato e reso più gentile dalla distanza. […]

Scrivo questi pensieri per mettere in guardia te che leggi, e dirti che le memorie, i ricordi e i documenti sono vivi, davvero e nel profondo, e non parlano di ieri, ma di oggi. Senza questa cautela si rischia di dire banalità su come era bella o come era brutta la vita di una volta, senza capire che queste sono solo le nostre proiezioni.  Quando parliamo di questi paesi e di queste montagne la nostalgia non serve: lasciamola da parte e lasciamo da parte tutto ciò che ne è imbevuto.

Cosa ci vuole perché i paesi vivano? Serve che ci si viva. Che ci siano meno villeggianti e più abitanti; il lavoro a volte non è vicino, ma oggi è un prezzo così alto fare i pendolari?.  Forse per mantenere in vita la propria terra, si può fare. Allora se nei paesi la gente ricomincerà a viverci, ci sarà più forza per chiedere che la strada d’inverno sia mantenuta pulita, e che dove ci sono bambini si riaprano le scuole, e avrà senso chiedere di restituire gli uffici postali e i servizi sanitari e le linee delle corriere, e forse ci potrà essere interesse ad aprire qualche bottega, oppure a non chiuderla. E bisogna che le botteghe nei paesi possano restare aperte senza essere schiacciate dal peso delle norme fiscali e da norme igieniche astratte. Poi servono persone che facciano gli amministratori pubblici per servizio, solo per servizio e che siano migliori di quelli che li votano e non peggiori e che qui ci vivano. […]

È cosa nobile recuperare la memoria, ed è bene farlo senza cedere alla nostalgia, ed è importante recuperare le musiche, le varietà agricole, le case e le ricette; ma ciò che, soprattutto, bisogna recuperare è la comunità, quella degli abitanti, quella di tutti i giorni, nel bello e nel cattivo tempo.

Nelle pagine successive un interessante e documentato articolo su emigrazione e immigrazione, intervista a Roberto il primo giovane a far parte del consiglio direttivo del Circolo Anspi, la rassegna dei numerosi eventi che si sono susseguiti nel 2017, tra i quali il Natale a Curletti:

 .... Non fa granché freddo e di neve nemmeno a parlarne, ma forse è meglio così. Non è agevole viaggiare su queste strade di montagna se c’è neve o ghiaccio. I paesi scorrono via uno dopo l’altro, Tornarezza, Casella, e poi Costa. In ognuno c’è qualche comignolo fumante, anche più del solito, segno che qualcuno è salito fin quassù per passarvi le feste. A Costa infatti non abita più nessuno ma quel filo di fumo sopra i tetti è un segno inequivocabile e mette allegria.

Che strano il Natale in questi luoghi, e non per la mancanza di neve, di alberi addobbati, di luci colorate o di improbabili babbi natale che scalano finestre. No, la singolarità sta nel festeggiare la natività in un mondo, quello della nostra montagna, dove mancano proprio i bambini. Senza la loro presenza è più difficile cogliere la straordinarietà di questa ricorrenza, con le sue attese, i suoi riti, e vivere quell’atmosfera che solo la visione dei loro occhi,  allegri e stupiti, può cogliere e restituire...

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