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Cronaca

Cotti e Garilli ripongono forbici, rasoi e pennelli dopo 55 anni

In via Beverora chiude l’attività, partita il 15 novembre 1960, degli storici “coiffeur” Marco Cotti (76 anni) e Pietro Garilli (81). Dai loro vetri hanno visto cambiare la città. Cotti: «Abbandoniamo con rammarico i nostri clienti»

La prima settimana di lavoro guadagnarono 21 mila e 600 lire. Ne sono passate di persone – e ne saranno state raccontate e sentite di storie, aneddoti, racconti e chiacchere quotidiane - da queste parti negli ultimi cinquantacinque anni. Volge infatti al termine l’esperienza professionale di Marco Cotti e Pietro Garilli, che dal 15 novembre 1960, al pomeriggio del 24 dicembre 2015, sono stati i barbieri di via Beverora. «Fin dal principio abbiamo lavorato insieme – ci racconta Cotti, mentre taglia i capelli ad uno degli ultimi, affezionati, clienti – e siamo riusciti a superare il mezzo secolo di attività». Cotti lascia a 76 anni, il collega ha visto 81 primavere, e hanno osservato dai vetri del loro esercizio, punto privilegiato, cambiare la città. «E pensare – ricorda – che quando abbiamo aperto, in via Beverora i ragazzi giocavano al “football” in mezzo alla strada. Oggi sarebbe impensabile una cosa del genere: passano tante di quelle automobili da prendere paura...».Marco Cotti-2

In via Beverora 8, Cotti e Garilli nel novembre 1960 rilevarono la licenza da un altro storico barbiere: Giuseppe Marchionni. Ma la fatica si fa sentire, e ora i due hanno deciso di chiudere l’attività. «Abbandoniamo con rammarico perché siamo affezionati alla nostra clientela, ma siamo un po’ stanchi. C’è commozione, dopo così tanti anni. Abbiamo svolto e vissuto un mestiere – quello del “coiffeur” - che ci ha dato tante soddisfazioni: si conoscono tante persone, si chiacchera, si scambiano esperienze e ci si confida». «Questo è stato un luogo di comunicazione» – irrompe nella conversazione un cliente storico, per sottolineare il ruolo sociale del barbiere, professione a contatto con la gente. «Ormai sono rimasti in pochi - riflette un altro signore -, soprattutto nel centro cittadino. Gli unici che vedo sono cinesi... ». 

L’argomento preferito discusso tra queste mura? Forse, il ciclismo. Cotti, storico presidente dell’associazione ciclistica Udace di Piacenza, chiarisce subito le sue preferenze, interloquiendo con gli amici. «Sono stato un bartaliano: ha fatto la storia, è andato al di là del ciclismo, ha fatto pure del bene a tante persone, salvando la vita a molti ebrei. Qua venivano tanti bartaliani e coppiani che discutevano ancora dopo il ritiro di entrambi e la morte di Coppi. Oltre a Bartali ho sempre stimato Felice Gimondi: lo apprezzavo per la sua umiltà, combattività. Si è trovato a correre negli anni peggiori, quelli del Cannibale Eddy Merckx, ma ha lottato e vinto molto». Cotti è sempre venuto a lavorare in via Beverora con la sua bicicletta, comportamento che non molti piacentini amano fare. Oggi, insieme al collega di una vita Pietro Garilli, prende in mano per le ultime volte forbici, rasoio e pennello per “servire” e salutare gli ultimi storici clienti. Via Beverora perde così un'istituzione e la città vede andarsene un altro piccolo tassello del suo '900. 

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