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Cronaca

«Diceva che mi avrebbe ammazzato», 40enne a processo per stalking

A processo un albanese che è accusato di aver perseguitato la moglie con centinaia di chiamate e messaggi e ronde sul posto di lavoro. L'episodio più grave nel parcheggio dell'ospedale dove ubriaco l'ha minacciata di morte

Minacce, insulti, centinaia di telefonate, pedinamenti nei confronti della moglie, una piacentina. A processo con l'accusa di stalking è finito un albanese di circa 40 anni. L'uomo è comparso davanti al giudice Gianandrea Bussi e al pm Monica Bubba difeso dall'avvocato Anna Maria Fanzini. La vittima invece, che si è costituita parte civile è assistita dall'avvocato Wally Salvagnini.  Nella mattinata del 17 febbraio in tribunale ha parlato la donna che ha raccontato, rispondendo alle domande, che si erano separati nel 2016 e che da quel momento il marito ha cominciato a perseguitarla con centinaia di messaggi e telefonate (in pochi mesi più di 250) nei quali la minacciava anche di morte. La storia all'inizio andava bene poi ha iniziato a bere e di lì tutto sarebbe degenerato. Nei mesi ha denunciato alla polizia alcuni episodi e ha spiegato quanto avesse paura di quell'uomo che quando si ubriacava diventava ingestibile. Ha ripercorso l'escalation dei comportamenti persecutori tra i quali anche la ronda che il 43enne faceva nei pressi del luogo di lavoro della donna, passava spesso in auto sapendo di essere visto e di incutere con quel comportamento paura e ansia. A confermare la situazione emotiva della 37enne anche una collega e amica che ha dichiarato di aver spesso visto il marito passare in auto. 

Nella speranza di non essere più perseguitata, nel tempo ha cambiato anche numero di cellulare e auto, anche perché la donna ha detto che lui la seguiva anche al di fuori dell'orario di lavoro. L'episodio più grave e del quale si è parlato in aula è avvenuto nel parcheggio dell'ospedale a fine 2018. Ubriaco si è presentato al gabbiotto dove i clienti che usufruiscono del servizio pagano il biglietto perché l'aveva seguita.  Battendo i pugni sulle vetrate e urlando ha richiamato l'attenzione, oltre che dell'addetto in servizio alla cassa, anche della sicurezza che ha allertato il 113.  Fino all'arrivo delle volanti l'imputato cercava di divincolarsi dalle guardie giurate nel tentativo di raggiungere la donna. Una volta che se l'era poi trovata davanti l'avrebbe spintonata e minacciata di morte. La polizia giunta sul posto rapidamente lo aveva bloccato evitando che la situazione potesse degenerare.  Ha testimoniato anche un sovritendente della polizia che si è occupato delle indagini. L'avvocato Fanzini ha insistito sul fatto che la donna gli avesse pagato un biglietto aereo per andare in Albania per la morte di una parente e di averlo incontrato da sola, pertanto forse di quell'uomo non aveva così paura. La vittima ha però specificato che quell'episodio è precedente a quello del parcheggio dell'ospedale e che la polizia era informata. 
Il processo è ststo rinviato ad aprile. 

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