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Sabato, 30 Settembre 2023
Cronaca Porta Galera / Via Caccialupo

Dissequestrata la caserma Levante e in procura arrivano denunce da tutta Italia contro i carabinieri

La stazione di via Caccialupo riaprirà nei prossimi giorni. Presto saranno ascoltati in procura anche i due ex comandanti Savo e Scattaretico. E altri indagati chiedono di essere sentiti dai magistrati. I difensori di un carabiniere: «Ma l’accertamento tecnico va fatto. Incidente probatorio, noi le notifiche le abbiamo fatte, la nostra richiesta era ammissibile»

La caserma Levante dissequestrata, nessun ulteriore accertamento tecnico nei locali perché la richiesta di incidente probatorio è stata dichiarata inammissibile, altre persone indagate che chiedono di essere sentite, mentre presto potrebbero essere sentiti in procura gli ex comandanti provinciali dei carabinieri, i colonnelli Stefano Savo e Corrado Scattaretico. Infine, dopo la maxi inchiesta che ha coinvolto dieci carabinieri, alla procura di Piacenza arrivano da tutta Italia numerose segnalazioni di reati commessi da carabinieri in altre province. Tutto questo, si aggiunge a imminenti sviluppi che vedrebbero altre persone indagate e la contestazione di nuovi reati e nuovi capi di imputazione.

pradella sanapo centini colonna-2A dissequestrare la caserma dei carabinieri, in via Caccialupo - verrà riaperta nei prossimi giorni - è stato il giudice per le indagini preliminari e il provvedimento è stato notificato la mattina dell’8 settembre dalla Guardia di finanza. Nel frattempo, per i cittadini resta operativa la stazione mobile che l’Arma ha sistemato proprio davanti alla Levante. La procura sequestrò l’immobile il 22 luglio, quando scattò l’operazione Odysséus che portò a misure cautelari per 10 carabinieri (cinque finirono in carcere) e per 13 spacciatori. Pesanti le accuse per i carabinieri, con reati che vanno dallo spaccio di stupefacenti, alle lesioni, alla tortura, ai falsi, al peculato alla truffa ai danni dello Stato. Secondo le indagini, alcuni militari della stazione Levante avrebbero avviato un fiorente, e ricco, giro di spaccio unendosi ad alcuni pusher. Alcuni dei carabinieri avrebbero pagato gli spacciatori “amici” con della droga e rivenduto parte degli stupefacenti che venivano sequestrati. Questo a fronte di numerosi arresti che - secondo quanto raccontato dai carabinieri in carcere - venivano richiesti con insistenza dai loro superiori.

L’incidente probatorio - l’acquisizione di eventuali tracce si sangue, che avrebbero valore di prova, attraverso l’uso del luminol - è stato respinto dal giudice per le indagini preliminari perché i difensori che lo avevano chiesto non avrebbero inviato le notifiche agli altri legali impegnati nella difesa dei militari coinvolti. Inoltre, non sarebbe stata chiesta la sospensione del periodo in cui la Giustizia era in pausa (agosto). A chiederlo erano stati gli avvocati Mariapaola Marro e Pierpaolo Rivello, difensori dell’appuntato Angelo Esposito, che sottolineano come il gip avrebbe dovuto decidere quale forma fosse la migliore: incidente probatorio o accertamento tecnico irripetibile. Se il primo è stato reputato inammissibile, il secondo andrebbe comunque fatto spiegano le difese. «Ora valuto le motivazioni le giudice, ma non capisco perché la procura non faccia l’accertamento tecnico irripetibile, come chiesto dall’inizio. Non tutti hanno ammesso di aver picchiato qualche fermato. Il mio assistito, infatti, ha negato ogni partecipazione ai fatti, tantomeno le botte e quindi il reato di tortura». Marro sta preparando l’appello contro la decisione, sempre del gip, di lasciare Esposito in carcere, perché «sarebbe impossibile per il carabiniere inquinare le prove o reiterare il reato visto che gli è stato sequestrato tutto e lui è sospeso».

Gli inquirenti, invece, ritengono che non sia più necessario un accertamento tecnico alla ricerca di tracce di sangue, perché dagli interrogatori sono emerse ammissioni che i pestaggi fossero avvenuti (anche se qualcuno ha parlato soltanto di “due schiaffi”). L’indagine, condotta dai sostituti Matteo Centini e Antonio Colonna, con il procuratore Grazia Pradella, è tutt’altro che terminata. Dagli ultimi interrogatori, richiesti da alcuni detenuti, sarebbero emerse numerose conferme alle ipotesi investigative e si sarebbero aperte nuove aree su cui indagare. A tutt’oggi, in carcere rimangono quattro carabinieri (uno ha ottenuto gli arresti domiciliari dopo il ricorso al Tribunale del riesame). Gli altri sono indagati e hanno varie misure che vanno dall’obbligo di firma a quello di dimora.

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