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Cronaca

Emersione lavoro nero, a Piacenza 22 "furbetti": denunciati per falso

"Cartello" cinese-tunisino di finti rapporti di lavoro per ottenere permessi di soggiorno: tunisini erano pagati per fingersi datori di lavoro. E poi identità rubate anche a persone decedute. Tutte le indagini

Lo scorso 30 settembre scadevano i termini per la presentazione delle domande di regolarizzazione del rapporto di lavoro per coloro che, magari in Italia da tempo, erano alle dipendenze di qualcuno illegalmente. Grazie alle agevolazioni di legge, volte all'emersione del nero, infatti, era possibile regolarizzare la propria domanda. I documenti andavano consegnati in prefettura. E proprio in questi giorni, mentre si stanno analizzando e accertando le domande, sono venuti fuori i primi "furbetti". Di concerto con la questura, sono state denunciate per falso, finora, 22 persone. Vediamo di che si tratta. Se n'è parlato stamattina in questura, con il capo di gabinetto Girolamo Lacquaniti.

TUTTI D'ACCORDO: FINTO LAVORO, FINO CAPO - Prima tipologia di trucchetto: tu, lavoratore che deve essere regolarizzato, mi paghi per far finta che sia il tuo datore di lavoro. Anche se non ho mai lavorato alle tue dipendenze, anche se non ci conosciamo, anche se non so chi tu sia. In questo "settore" è stato scoperto una specie di cartello cinese-tunisino: finti datori di lavoro tunisini dichiaravano di aver dato lavoro a finti lavoratori cinesi. Anche se questi ultimi avevano tutt'altra attività. Tutto per raggiungere il permesso di soggiorno. I tunisini erano, ovviamente, coscienti del fatto: erano pagati dai 4mila ai 5mila euro per il "disturbo". Sono state denunciate 8 persone: 4 asiatici e 4 africiani. In qualche caso, i "collaboratori domestici" cinesi non sapevano nemmeno descrivere fisicamente i propri "superiori" tunisini.

DATORI DI LAVORO MIRACOLOSAMENTE RESUSCITATI - Seconda furberia: "rubo" l'identità di un datore di lavoro e compaio alla sue dipendenze. Questo campo sembra, dalla nazionalità delle denunce, in "mano" a egiziani. Sono stati dichiarati perfino nelle domande di regolarizzazione datori di lavoro che risultavano morti da mesi. In qualche modo, quindi, coloro che dovevano essere regolarizzati "carpivano" carta d'identità e documenti dei datori di lavoro (magari attraverso parenti) allegando i dati alla richiesta in prefettura. Ma questi erano ignari di tutto. Sono più di 10 i casi.

IL TRUCCHETTO DEL "BONACCIONE" - Ultimo trick, che potrebbe essere chiamato del "generoso": un datore di lavoro viene convinto a prestare il nome in buona fede. Non conosce il finto dipendente, ma, attraverso qualche intermediario che garantisce sulla liceità dell'operazione, "finge" di essere il suo superiore. Anche se, nella realtà, questo non è mai accaduto. In questa occasione è stata denunciata una persona, ignara del reato.

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