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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Fallimenti, lo Stato non tutela gli imprenditori onesti

Il caso di Serenella Antoniazzi, portata al disastro da un'azienda che è poi fallita. Incontro di Vespero e Upa. Danni per miliardi: accuse ai ritardi della PA, al fisco, agli studi di settore. Creare una black list di chi non paga

Tutelare l’imprenditore onesto da quello disonesto. Garantire aiuto a chi è vittima di una legge fallimentare, obsoleta e che non garantisce una difesa da imprese scorrette che falliscono e che trascinano nel baratro chi ha avuto la sfortuna di incontrarle sul loro cammino.  Ma anche la creazione di una black list e un sistema di allerta che già dal primo mancato pagamento metta in moto meccanismi di salvaguardia. Senza, naturalmente, dimenticare il fisco vorace e ottuso che serve a mantenere un apparato pubblico elefantiaco che fonda la propria esistenza su decine di migliaia di leggi inutili, la cancellazione degli studi settore, l’assurdità del pagamento anticipato dell’Iva ancor prima di essere stati pagati, e una Pubblica amministrazione che paghi le imprese in tempi ragionevoli e certi.

Sono i temi principali di cui si è parlato sabato 27 febbraio, a Palazzo Costa, al seminario organizzato dall’Associazione Vespero con la collaborazione di Upa Federimpresa. Al tavolo dei relatori, il pm Roberto Fontana, pm a Piacenza e per anni giudice delegato al fallimentare del Tribunale di Milano, Cosimo Maria Ferri (magistrato nonché sottosegretario alla Giustizia) e Ildebrando Lava (Confartigianato), coordinato da Piero Bragalini (Upa Piacenza). In sala avvocati, commercialisti, pubblici amministratori. Molti anche gli imprenditori, che hanno fatto sentire la loro voce. Applausi a scena aperta quando uno di loro ha affermato che «non si possono avere pagamenti dalla Pa a un anno di distanza. Il primo delinquente è lo Stato». Stessa ovazione quando un altro ha raccontato di avere chiesto perché non veniva pagato e gli è arrivata la visita dell’Agenzia delle entrate.

IO NON VOGLIO FALLIRE

Ospite e faro della giornata è stata l’imprenditrice Serenella Antoniazzi sulla cui disavventura ha scritto il libro “Io non voglio fallire!». Antoniazzi è rimasta vittima di un’azienda scorretta che - già in odore di dissesto - l’ha trascinata sul ciglio del burrone commissionando parecchio lavoro. Poi, l’azienda è fallita senza pagare un euro di quanto ordinato ad Antoniazzi. Ma lei, con grande forza, e aiutata dai 26 dipendenti ha deciso di non fallire. «Il mio lavoro - ha detto - è fatto con il sudore. Le aziende come la mia devono essere protette da chi è scorretto perché noi esportiamo Made in Italy e rispettiamo le leggi».

SCORRETTI PREMIATI DAL GOVERNO

Duro Lava: «Chi fallisce truffa le imprese corrette ed evade il fisco. Ma le leggi non tutelano chi opera bene. Se un “bandito” fallisce, e i creditori non vedono più un euro, cambia nome dell’azienda e magari il governo gli dice bravo e lo premia perché con la “nuova” impresa assume personale». Per Lava occorre un fondo che aiuti gli onesti. E vanno resi pubblici i nomi dei truffatori. Ci sono già 10 milioni l’anno, fino al 2018, e il Veneto ha stanziato un altro milione.

SERVE UNA RIFORMA  

«Lo Stato deve distinguere tra l’imprenditore che fallisce perché trascinato da altri da quello che, invece, è scorretto e usa il concordato che concede molti spazi a chi opera in modo illecito. Il concordato fallimentare va ripensato. Lo Stato negli ultimi 15 anni si è posto il problema della tutela del creditore, ma non se ne è mai fatto carico. Ad agosto (con il decreto sulla riforma di fallimenti e concordati, ndr) sono state poste norme che vanno verso l’attenzione ai creditori». Fontana è andato subito al cuore del problema. Va fermato, secondo il pm «il modo spregiudicato di fare impresa da parte di alcuni».

NUMERI IMPIETOSI

Il pm ha poi fornito alcuni dati, che fanno rabbrividire. Solo a Milano ci sono cause di crditori per il concordato preventivo che valgono 4 miliardi di euro, più un altro miliardo e mezzo. Per avere un’idea a livello nazionale, questi numeri vanno moltiplicati almeno per 10. Cioè 50 miliardi che i creditori difficilmente rivedranno, l’equivalente di due o tre leggi di Stabilità. «E il 90% di chi fallisce non paga un euro» ha ricordato il magistrato.

AGIRE PRIMA

Fontana ha scandito che «l’83% delle imprese poi fallite erano già sull’orlo del baratro almeno tre ani prima del concordato. «L’insolvenza va contrastata subito - ha sottolineato - e se uno è onesto lo si aiuta, altrimenti si interviene.

BLACK LIST E ALLERTA

Fontana ha ricordato come in Francia vi sia un sistema di alert con i Tribunali del commercio: ti viene dato un termine per pagare o si avvia il concordato preventivo. In Germania, c’è una black list in cui finisce chi non paga: il circuito è pubblico e tutti lo vengono a sapere. «In Italia - dice - si è pensato a qualcosa del genere una decina di anni fa, ma tutto fu poi accantonato».

NUOVO DECRETO

Anche il sottosegretario ha ricordato il decreto (la legge sui fallimenti risale al 1942) che dovrebbe cambiare le cose - «ci stiamo lavorando» - e la fondamentale differenza tra chi fa impresa e resta vittima della crisi da chi invece specula. Ferri ha ammesso che i tempi della Giustizia non sono sufficienti e un cittadino o un ‘impresa non può aspettare tutto questo tempo. Se la Giustizia arriva tardi è come se non fosse arrivata».

LE CRITICHE AL SISTEMA

Molto critici, infine, e altrettanto applauditi gli interventi di Corrado Sforza Fogliani, presidente dell’Associazione nazionale Banche popolari (Assopopolari) e di Graziella Mingardi presidente dell’Ordine degli avvocati. Sforza Fogliani ha puntato il dito con la scarsa efficacia delle Camere di commercio, un fisco che dovrebbe essere rivoluzionato e lo spreco della PA «dove si fa beneficenza con i soldi degli altri». Alle accuse alle banche di non dare credito ha risposto con ironia, chiedendo a Ferri che cosa fare «quando telefonano prefetture e sindacati per chiederci di finanziare questa o quella impresa». Mingardi, in conclusione, ha ricordato al sottosegretario che a Piacenza ci sono la metà dei magistrati che ci dovrebbero essere e che il personale dei Tribunale è sotto del 40%. Una situazione in cui rendere giustizia ai cittadini sarà sempre più difficile.

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