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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

«Fare baccano di notte non significa avere una città viva»

Gli "Amici del Facsal" invitano a non minimizzare gli effetti della movida piacentina. «Decine di persone interrompono la quiete di un quartiere, bisogna rispettare le regole»

Il dibattito sull'utilizzo del centro città nelle ore serali e notturne - in primavera e estate - è un tema sempre caldo. «Negli ultimi giorni si è animato – fa sapere la presidente degli “Amici del Facsal” Anna Maria Rossetti - con l’arrivo della bella stagione, il tema legato al disturbo alla quiete da parte, in particolare, dei clienti di pub, bar ed altri esercizi pubblici. Anche noi riteniamo, vivendo in un’area frequentata da tanti nostri concittadini in cui sono anche presenti locali pubblici aperti anche fino a sera tarda, che il problema non vada sottovalutato ne' tantomeno minimizzato.

Pensiamo comunque che il voler portare il dibattito sulla scelta di una "città viva" piuttosto che una "città morta", sia profondamente sbagliato in quanto tende a semplificare la situazione ed a mettere i buoni (che vogliono lo sviluppo), contro i cattivi (quelli che lo bloccano). Prescindendo da un presupposto, ogni tipo di scelta, non può andare contro leggi e norme che già esistono, in questo caso proprio a  tutela della quiete pubblica: il rispetto delle regole non può essere a giorni alterni, è un fatto di giustizia sociale e/o anche, di semplice civiltà. Molti vogliono farci credere che una città viva sia soltanto quella dove di notte si possa sparare musica a tutto volume e schiamazzare sotto le finestre di persone che desiderano solo riposare in casa propria; quando invece una città è viva se soprattutto il centro storico è accogliente, pulito, sicuro; è ricco di negozi di tutti i tipi e consente di frequentarlo alle persone di ogni età ed anche alle famiglie, a qualsiasi ora, senza problemi.

Una città è viva quando i turisti la trovano interessante da visitare e non quando  li vedi sconsolati cercare un ristorante o un bar aperto la domenica o, peggio ancora, un bagno pubblico. Una città  è viva quando offre manifestazioni interessanti, non quando il richiamo sono il caos e l'inquinamento acustico (tra l’altro non si comprende come la musica sia necessario ascoltarla a tutto volume, o perlomeno lo si capisce leggendo delle tragedie del “sabato sera”).

Come è sotto gli occhi di tutti, il vero problema sta nel fatto che nel nostro centro storico hanno chiuso negozi e trattorie nel silenzio assordante degli addetti ai lavori; al loro posto patatine, fast-food e cibi che non hanno nulla a che fare con le nostre tradizioni e la tipicità del nostro territorio.

Perché si vuol far credere che sia normale accettare degrado, sporcizia, frastuono, vomito, urina e vetri rotti, in nome di un divertimento sbagliato, anti educativo, malsano? Perché invogliare i clienti serali e notturni a fare sempre peggio e, considerato che tutto rimane impunito, prendersela con chi chiede un po’ di pace  indicandolo come cittadino "morto"? Ma siamo davvero sicuri che non si riesca a trascorrere serate in allegria senza convivere con chi ha necessità di tranquillità? Perché permettere a qualche decina di persone di impedire il riposo di interi quartieri? Sappiamo bene che la nostra comunità si basa sul presupposto della libertà personale, ma a patto che ciò non contrasti e vada in conflitto con la libertà di qualcun altro; perché altrimenti si tratta di un sopruso.

È' questo il messaggio che si vuole dare? Ebbene,  noi pensiamo che una città sia viva quando è amata da chi la abita; quando  chi la amministra rispetta i suoi abitanti e tutela e salvaguarda le sue bellezze. La città che non è amata è destinata, quella sì, a morire.

Per cui crediamo che lo sforzo degli amministratori comunali, che si accingono ad iniziare la campagna elettorale, debba avere tra gli obiettivi di governo proprio quello di uno sviluppo della città che sia rispettoso di tutti; sta a loro, con l’ausilio delle associazioni di categoria e di tutti i portatori di interesse della nostra comunità, trovare i necessari ed opportuni equilibri». 

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