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Cronaca Castelvetro Piacentino / Via Roma

Condannato a 7 anni, fermato alla frontiera. «Fuggiva in Polonia»

Imprenditore 49enne di Castelvetro, teste chiave del processo a carico di Alfonso Filosa, è stato bloccato dai carabinieri del Nucleo investigativo al Brennero: a suo carico due condanne per bancarotta fraudolenta

E’ un’udienza attesa da tutti i protagonisti del processo Filosa-Fumagalli quella del 25 settembre. Un’udienza che vedrà come testimone Fausto Bianchi, 43 anni, imprenditore di Monticelli, arrestato pochi giorni fa dai carabinieri del Nucleo Investigativo. Bianchi è stato fermato al Brennero, dove avrebbe dovuto incontrare una persona che lo avrebbe rifornito di denaro, mentre si stava dirigendo in Polonia. Irreperibile da gennaio, l’imprenditore è stato bloccato dai militari che gli davano la caccia da tempo: «Si tratta di uno dei testimoni più importanti, se non quello principale, del processo che vede fra gli imputati Alfonso Filosa - ha sottolineato il capitano Rocco Papaleo, comandante del Nucleo Investigativo - ed è stato per noi difficile individuarlo visto che da diversi mesi ormai si era reso irreperibile». Con un lungo lavoro fatto di pedinamenti, di monitoraggio delle persone a lui vicine e grazie anche all’utilizzo della tecnologia, i carabinieri sono riusciti a bloccare il latitante, prima che riuscisse a eclissarsi di nuovo. Sul suo capo pendono condanne, per bancarotta, per un totale di sette anni di reclusione, comminate dai Tribunali di Piacenza e Novara.

Il suo nome, pochi giorni fa, è risuonato a lungo nell’aula del Tribunale dove si svolge il processo nei confronti di Alfonso Filosa, ex direttore della Direzione provinciale del lavoro (deve rispondere di corruzione, concussione, rivelazione di segreti di ufficio) e l’imprenditore milanese Morgan Fumagalli, accusato di corruzione. Bianchi, uno dei primi a finire nella maxi inchiesta, aveva chiesto il rito abbreviato ed era stato condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione, per corruzione. Bianchi era ricorso in Appello.«Vedrò nei prossimi giorni il mio assistito- ha affermato il difensore, l’avvocato Lorenza Dordoni - per fare il punto della situazione e valutare la strategia, anche in vista dell’audizione in aula il 25 settembre».E proprio quella data segnerà uno spartiacque per Bianchi e, forse, anche per il processo.

Attualmente, Bianchi è ancora imputato (ha infatti proposto appello contro la sentenza di condanna) e si presenterà davanti al collegio giudicante in qualità di testimone, ma come imputato in reato connesso. Una posizione giuridica, questa, che gli consentirà di avvalersi della facoltà di non rispondere. L’imprenditore, però, potrebbe optare per la scelta contraria e potrebbe voler replicare alla valanga di accuse che gli sono piovute addosso nell’udienza in cui sono stati ascoltati alcuni ex dipendenti e amministratori delle aziende che “di fatto” gestiva lui. E se decidesse di farlo, dovrebbe anche spiegare che tipo di rapporti ci fossero tra lui e Filosa. Insomma, il pm Antonio Colonna dovrà preparare le domande da porre a Bianchi, così come faranno i difensori di Filosa, gli avvocati Benedetto Ricciardi e Luigi Alibrandi.Bianchi, sulla base delle dichiarazioni di alcune persone che hanno lavorato con lui a stretto contatto, anche se non era amministratore delle imprese, di fatto era quello che prendeva le decisioni.

Non poteva emettere assegni, ma li consegnava a Filosa già firmati dagli amministratori o dai legali rappresentanti. I rappresentanti legali ritiravano i libretti, li firmavano in bianco e li consegnavano a Bianchi quando lui li richiedeva. E le “dazioni” a Filosa sarebbero avvenute spesso alla luce del sole, secondo i racconti dei testimoni, ben visibili dall’ampia vetrata dell’ufficio di Bianchi. Anche lo stesso ex direttore dell’Ufficio del lavoro era stato visto molte volte nell’azienda di pulizie. E quando qualcuno temeva per le ispezioni dei carabinieri dell’Ispettorato del lavoro, Bianchi era solito rispondere di “non preoccuparsi” perché “c’è chi ci aiuta”.  Secondo la procura, Filosa avrebbe avvertito le aziende dei controlli in cambio di denaro. Un altro aspetto emerso dalle deposizioni era quello del continuo cambio di aziende. A mutare era solo il nome, perché le persone, più o meno, restavano le stesse. Persone che Bianchi assumeva e poi licenziava.

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