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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

«I giornalisti non si toccano. La libertà di stampa è uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione»

All'indomani della notizia del rinvio a giudizio di tre persone accusate di violenza privata nei confronti della giornalista de IlPiacenza.it Emanuela Gatti, arrivano i commenti e le manifestazioni di solidarietà dal mondo politico

All'indomani della notizia del rinvio a giudizio di tre persone accusate di violenza privata nei confronti della giornalista de "IlPiacenza.it" Emanuela Gatti, arrivano i commenti dal mondo politico. Due gli episodi contestati dalla procura, uno in piazza Cavalli,  uno a Castelsangiovanni. In centro a Piacenza la redattrice - secondo l'accusa - era stata afferrata per le spalle e le era stato urlato "tu fai arrestare la gente, te la facciamo pagare", riferendosi al video, l'unico, che ha registrato il brutale pestaggio di un carabiniere il 10 febbradio 2018 in via Sant'Antonino durante il corteo antifascista contro l'apertura della sede piacentina di Casa Pound. In Valtidone invece le era stato intimato di non fare il suo lavoro. 

I COMMENTI

MATTEO RANCAN, CAPOGRUPPO LEGA ER -  «Esprimiamo la nostra solidarietà e vicinanza a Emanuela Gatti, giornalista piacentina vittima di minacce, pedinamenti, intimidazioni e violenza privata. Si tratta di episodi, che, se confermati, sono gravissimi e inquietanti e che condanniamo con assoluta fermezza. Una volta di più dimostrano come certi soggetti che si professano campioni di “democrazia” nei fatti siano i peggiori odiatori.  D'altro canto il lavoro dei giornalisti, quando svolto con la schiena dritta e passione come in questo caso, non solo rappresenta un ostacolo a chi pratica illegalità ma si conferma una professione baluardo di libertà. Ora ci aspettiamo che manifestazioni di solidarietà alla giornalista arrivino da tutte le forze politiche». 

LUCA ZANDONELLA, ASSESSORE ALLA SICUREZZA DI PIACENZA: «Piena solidarietà ad Emanuela Gatti: è pazzesco cosa queste "teste pensanti" intimavano ad una donna che faceva solamente il suo lavoro! Questi tre coraggiosi, che probabilmente hanno una visione distorta del concetto di democrazia - e non a caso frequentano certi cortei - andranno a processo per violenza privata. Perché volevano così tanto nascondere le loro azioni? Domanda retorica, ovviamente. Comunque direi che nel loro intento non ci sono proprio riusciti: non mi pare proprio che sia stata intimidita, mi permetto di dire che hanno trovato la persona sbagliata...»

GIORGIA BUSCARINI E GIULIA PIROLI, CONSIGLIERE COMUNALI DEL PARTITO DEMOCRATICO - «La libertà di stampa è uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione e della nostra democrazia. Troppo vicini sono i tempi in cui, durante il regime, il nostro paese è stato privato di questo diritto. Gli estremismi sono sempre deprecabili, a prescindere dalla bandiera politica sotto cui si nascondono e sempre lì combatteremo. Nei fatti di specie, la giornalista, ha denunciato attacchi alla propria persona. Ricordiamo che ci avviciniamo al 25 novembre, data simbolo per la lotta contro la violenza sulle donne. Ancora una volta, quindi, duole vedere non solo una giornalista preparata e competente, ma anche una donna, costretta a rivolgersi alla Magistratura per difendere la propria persona e la propria dignità professionale. L’accertamento dei fatti spetta all’Autorità Giudiziaria, non siamo e non saremo mai noi a condannare qualcuno. Noi vogliamo, però, esprimere tutta la vostra solidarietà a Emanuela Gatti, siamo al suo fianco».

MICHELE GIARDINO, CONSIGLIERE COMUNALE DEL GRUPPO MISTO ha dichiarato: «I giornalisti non si toccano. Sono presidio di libertà. Nel caso di specie hanno svolto un servizio pubblico encomiabile», mentre il consigliere comunale in quota Lega, Marvin Di Corcia: «Piena solidarietà ad Emanuela! Mai rimanere in silenzio. Avanti tutta!». E ancora il consigliere comunale di Fratelli d'Italia, Sara Soresi: «Solidarietà ad Emanuela. Purtroppo so come agiscono e bene ha fatto la giornalista a non rimanere in silenzio e a denunciare l’accaduto. Brava!». Anche Massimo Trespidi (consigliere del gruppo "Liberi") ha manifestato la sua solidarietà

GLORIA ZANARDI, CONSIGLIERA DI FRATELLI D'ITALIA:  «I fatti verranno accertati nelle competenti sedi a livello giudiziario. Premessa doverosa. Sotto altri profili la vicenda purtroppo è sintomatica di un clima che troppo spesso si concretizza, in modo più o meno grave, in molte occasioni. Manifestare il dissenso è lecito, ma alcuni atteggiamenti vanno oltre l’accettabilità e, se accertati, devono essere condannati senza se e senza ma. Soprattutto se sono rivolti nei confronti di chi sta svolgendo il proprio lavoro, con dedizione ed impegno - rischiando del suo - ed esercita una professione il cui ruolo sociale è inestimabile». 

PATRIZIA CALZA, SINDACO DI GRAGNANO E CONSIGLIERA PROVINCIALE - «Piena solidarietà alla giornalista de "Il Piacenza" Emanuela Gatti. La libertà di informazione è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione, pilastro dello Stato di Diritto. Doveroso difendere questo diritto in ogni sede e garantire la sicurezza a chi, del suo libero esercizio, ne ha fatto una professione».

SAMUELE RAGGI, CONSIGLIERE COMUNALE DE "LA PIACENZA DEL FUTURO" - «Vorrei esprime solidarietà ad Emanuela Gatti, per la vicenda letta oggi sulla stampa. Nessun bavaglio, nessuna censura, sarò sempre al fianco di chi documenta la realtà senza filtri e mistificazioni. Sento forte l’indignazione , di chi non vuole vivere in un Paese dove vengono minacciati giornalisti e si mina la libertà di stampa. Un plauso a Emanuela per il suo coraggio, la sua professionalità e la correttezza dimostrata con il suo lavoro». 

MARIA LUCIA GIROMETTA (VICESINDACO OTTONE) - «Leggo con tanta tristezza nel cuore della violenza nei confronti della giornalista Emanuela Gatti. Esprimo la mia personale solidarietà e vicinanza alla giornalista e anche a nome della amministrazione comunale di Ottone condanno tale violenza. Ricordo che la libertà di informazione è un diritto fondamentale della Costituzione e ogni forma di irruenza per contrastarla è da condannare con fermezza. La comunione di intenti e la sinergia fra tutte le forze politiche, civili e sociali possono combattere questo nefasto fenomeno, ancora tanto attuale purtroppo nella nostra società».

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IL CASO E LE ACCUSE - Violenza privata nei confronti di una giornalista. Con questa accusa sono stati rinviati a giudizio Carlo Pallavicini (34 anni, ex consigliere comunale di Piacenza), e in concorso tra loro Mattia Fava (23 anni) e Stanislao Balzamo (39 anni). Gli episodi contestati dalla procura della Repubblica di Piacenza sono due: uno avvenuto in piazza Cavalli il 25 aprile 2019 durante il corteo per la Liberazione, il secondo a Castelsangiovanni il 24 maggio 2019 durante una manifestazione di protesta in occasione della visita dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Le indagini sono state svolte dagli agenti della Squadra Mobile e da quelli della Digos della questura di Piacenza coordinati dal sostituto procuratore Matteo Centini. I tre giovani, rinviati a giudizio e assistiti dall'avvocato Eugenio Losco del Foro di Milano, compariranno davanti al giudice del tribunale di Piacenza il prossimo 30 novembre per il processo. 

Il 25 aprile del 2019, in piazza Cavalli, Pallavicini, esponente del sindacato autonomo Si Cobas e fondatore del collettivo ControTendenza, aveva preso parte, con altre decine di persone, ad un corteo di dissenso (in concomitanza con la cerimonia istituzionale della Liberazione) contro la Giunta del sindaco Patrizia Barbieri. Una volta arrivati in piazza, si legge nel decreto di citazione a giudizio, avrebbe costretto «con violenza e minaccia la giornalista del quotidiano on line IlPiacenza.it, Emanuela Gatti ad interrompere il proprio lavoro e ad omettere di riprendere il corteo per documentare il proprio servizio giornalistico». Pallavicini - riporta la citazione a giudizio - si sarebbe staccato dal gruppo dei manifestanti e avvicinandosi alla giornalista del nostro giornale ilPiacenza, avrebbe «tentato di spingerla via senza riuscire a toccarla, subito dopo l’ha afferrata per le spalle e ponendosi con il viso faccia a faccia la spingeva con forza a lato e le ordinava di non filmare, perché “Tu fai arrestare la gente”, aggiungendo che sarebbero andati a cercarla e comunque gliela avrebbero fatta pagare».

«In questo modo - prosegue l'accusa - la redattrice è stata costretta ad interrompere le riprese e ad allontanarsi, continuando a fissarla e a monitorare i suoi spostamenti e azioni». Con tutta probabilità Pallavicini si riferiva al video girato dalla giornalista il 10 febbraio 2018: quello ripreso da Gatti è stato infatti l’unico filmato che ha documentato in diretta tutte le fasi del violento pestaggio del brigadiere capo dell'Arma dei carabinieri in forza al battaglione di Bologna, Luca Belvedere, ad opera di Giorgio Battagliola, Lorenzo Canti e Moustafa Elshennawi del sindacato Si Cobas in via Sant’Antonino durante il corteo antifascista contro l’apertura della sede piacentina di Casa Pound. Il video fu una prova importante, e per quella violenza tutti e tre furono condannati: Elshennawi a 4 anni e 8 mesi con rito abbreviato, Lorenzo Canti a tre anni e Giorgio Battagliola a tre anni e sei mesi, questi ultimi due avevano scelto il rito ordinario. Le pene erano state ridotte in appello.

Successivamente - dopo l'episodio del 25 aprile - i fatti di Castelsangiovanni, contestati a Fava e Balzamo e avvenuti in via Emilia Pavese. In quel frangente la giornalista sarebbe stata costretta «con minaccia ad interrompere il proprio lavoro e ad allontanarsi». Fava una volta resosi conto della sua presenza le avrebbe detto “Che cazzo fai? Che cazzo vuoi?”, «successivamente - si legge - avvicinandosi ad altri manifestanti e indicandola le urlava contro frasi del tipo “Lei fa arrestare la gente”. A Fava si aggiungeva Balzamo e un terzo soggetto al momento non identificato e tutti e tre l’hanno fissata fino a quando Balzamo, sapendo che fosse una giornalista e dopo essersene accertato, le ha detto “che brutta cosa che fai”. Tutti e tre hanno continuato a fissarla fino a costringerla ad interrompere le riprese e ad allontanarsi prima dell’altra parte della strada continuando a controllare le sue azioni».

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