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Cronaca

I documenti escono solo davanti al giudice, Associazione Islamica condannata a pagare le spese legali

La "guerra" tra l'Associazione Islamica di via Caorsana e il gruppo di dissidenti continua. Del 15 aprile la sentenza che condanna l'Associazione Islamica a pagare metà delle spese legali di un procedimento aperto da uno dei soci che si è visto negare la documentazione economica

E' del 15 aprile la sentenza del Tribunale Civile di Piacenza che condanna l'Associazione Islamica a pagare metà delle spese legali del procedimento aperto da uno dei soci fondatori che, vistosi negata la documentazione finanziaria, come nei suoi diritti stabilita dallo statuto, si è rivolto alla Magistratura. «Non riuscendo ad avere i bilanci, le ricevute e tutte le carte economiche del centro, mi sono dovuto rivolgere alle istituzioni. Spontaneanente, la dirigenza del centro, solo dopo l'intervento del giudice però, ha fornito quasi tutto di quanto avevo richiesto. Per esempio la documentazione relativa alle attività scolastiche non sembra essere disponibile. Questo provvedimento, per noi, è una grande vittoria. Testimonia che stiamo andando nella direzione giusta. I fatti si fanno nei tribunali e nelle sedi opportune e non sui social network o a voce», commenta. Il giudice, quando l'associazione ha fornito i documenti richiesti, ha stabilito che era venuto meno il motivo del contendere.  Il 28 dicembre 2015, anche la Regione Emilia Romagna, a seguito dell'esposto del socio fondatore, si era espressa a favore di quest'ultimo, attivando un controllo specifico "al fine di accertare, a carico dell'Associazione, l'effettiva sussistenza di irregolarità o illegittimità", si legge nella nota della Regione. 

La "guerra" tra il centro islamico di via Caorsana e il gruppo di dissidenti continua. Domenica 17 aprile la manifestazione di protesta davanti alla sede dell'associazione e poi la sospensione dei lavori che avrebbero portato i soci alla votazione del nuovo statuto, contro il quale i dissidenti si oppongono fermamente. «Alcuni di noi, ancora soci, hanno partecipato all'essemblea e hanno chiesto chiarezza e trasparenza ma quando hanno visto che solo cinque persone avevano visionato i conti per poi riferire ai restanti, siamo intervenuti, come era nelle nostre facoltà. Non è corretto che solo loro abbiano visto la documentazione finanziaria senza poter poi avere nulla in mano da mostrare a tutti gli altri», commenta il gruppo di dissidenti. Dal canto suo, il direttore generale dell'Associazione, Yassine Baradai ribatte: «L'assemblea è stata sospesa perché due persone hanno monopolizzato la scena impedendo, di fatto, di rispettare l'ordine del giorno. Dopo la conferenza stampa di questo gruppo di dissidenti, cinque soci si sono riuniti spontaneamente in una commissione provvisoria, hanno chiesto i bilanci e i verbali delle assemblee precedenti dal 2008 al 2014 e hanno visionato tutto nel pomeriggio del 17 aprile, stabilendo infine di non aver trovato niente di irregolare. Una volta in assemblea, avrebbero riferito quanto da loro appurato ma i due soci hanno impedito di fatto che questo avvenisse. Di quanto avvenuto ci sono i verbali firmati. Quando gli animi si sono scaldati abbiamo chiamato la polizia perché riportasse la calma e - conclude - non abbiamo nulla da nascondere».

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