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Cronaca

Il vescovo ai politici: "Ci vuole una conversione ecologica"

Si è svolto al Palazzo degli Affreschi il tradizionale scambio di auguri natalizi tra il vescovo monsignor Gianni Ambrosio e gli amministratori pubblici

Si è tenuto nella mattina del 18 dicembre a Palazzo degli Affreschi in Curia vescovile il tradizionale di fine anno tra Monsignor Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio e gli  amministratori pubblici e ai politici piacentini. 

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Il saluto del Vescovo mons. Gianni Ambrosio

Desidero ringraziare tutti voi per la vostra partecipazione a questo incontro tradizionale. È per me l’occasione per dire grazie, a nome mio personale e della comunità ecclesiale, per il servizio che svolgete per il bene delle persone di questo territorio. I momenti non sono facili per nessuna istituzione, così come non sono facili per le nostre comunità e per le nostre famiglie. Proprio le difficoltà che viviamo sono un ulteriore motivo per lavorare insieme.

Il nostro incontro è poi l’occasione per lo scambio degli auguri natalizi. Li rivolgo a tutti voi, alle vostre famiglie e a tutte le comunità. In particolare invoco il dono prezioso della pace, della concordia e della speranza per tutti noi e per tutte quelle popolazioni che soffrono a causa delle guerre e delle ingiustizie. Il Natale, celebrato nell’Anno della Misericordia, sia per tutti – vicini e lontani - portatore di speranza. Nella nostra storia umana è inserito in modo indelebile il dinamismo che proviene dall’Amore, è Gesù Cristo. E’ l’Amore che genera vita e la rinnova quando è ferita e lacerata. Noi partecipiamo di questo Amore accogliendo la misericordia di Dio e diventando capaci di misericordia. Con il perdono e con la misericordia, con la forza dell’Amore, si accoglie il dono della pace e si diventa operatori di pace. È l’augurio che proviene dal Natale, dal dono del Natale e dall’impegno che ne deriva. 

Vorrei accennare a un aspetto di questa pace, intesa in senso alto e ampio. Credo che faccia parte dell’augurio di pace e dell’impegno per la pace ciò che Papa Francesco ha chiamato la “conversione ecologica”, che è conversione dello sguardo e del cuore. Questa impegnativa espressione è contenuta nell’enciclica Laudato sì, la lunga riflessione sulla questione ecologica con l’invito alla “conversione”, cioè a cambiare, invitando a pensare e a realizzare modi di vita alternativi.

Sappiamo che si è appena conclusa a Parigi la XXI Conferenza ONU (COP 21) in vista di un accordo vincolante e universale sul clima. Non so quanto l’accordo di Parigi, pur importante, sarà efficace, ma la linea di marcia è chiara. Papa Francesco ha tenuto conto anche di questa Conferenza ONU, ma soprattutto ha tenuto conto della sfida enorme per il pianeta e per l’umanità. Possiamo e dobbiamo fare assai più di più, ci dice il Papa. Le comunità cristiane non devono tirarsi indietro, anche questo impegno fa parte della missione della Chiesa e  dell’insegnamento sociale della Chiesa. Vorrei ricordare l’appello che Francesco pronunciò in piazza san Pietro nell’omelia di inizio del suo ministero come vescovo di Roma e successore dell’apostolo Pietro. Era la festa di san Giuseppe, il 19 marzo 2013. Egli richiamò tutti alla responsabilità di essere “custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, custodi dell’ambiente”. 

A distanza di due anni, Francesco ha pubblicato l’enciclica Laudato sì “sulla cura della casa comune”. Sono certo che debba essere annoverata tra le grandi encicliche sociali, che, negli ultimi 125 anni, hanno scandito la relazione tra la Chiesa cattolica e i grandi cambiamenti della modernità, a cominciare dalla Rerum Novarum (1891). All’origine della Laudato sì, vi è la questione sociale che oggi si configura anche come questione ecologica, questione che coinvolge la “casa comune” e riguarda tutta l’umanità. “Quello che sta accadendo alla nostra casa” interpella tutti. Francesco, con il suo stile evocativo, intende interpretare i mutamenti del “contesto attuale, in ciò che ha di inedito per la storia dell’umanità” (n. 17) e sollecitare tutti, a cominciare dai cristiani, alla cura della casa comune.

Per evitare le visioni parcellizzate e riduttive dell’ecologia, il Papa afferma la necessità di un approccio che consideri l’insieme in una visione complessiva, riconoscendo che è in gioco la persona umana nelle sue dimensioni fondamentali (relazionale, spirituale, intellettuale, affettiva, religiosa) e nella sua responsabilità verso la casa comune. Il richiamo al santo di Assisi e al suo cantico delle creature – il testo poetico più antico della letteratura italiana - illumina e ispira l’intera enciclica. Con il suo sguardo che ammira e contempla, san Francesco è l’ “esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità (...). In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore” (n.10).

L’ecologia integrale è la chiave di lettura che consente di evidenziare e tenere insieme le dimensioni umane e sociali che sono in gioco e a valutare le conseguenze del produrre/consumare secondo il paradigma tecno-economico. La questione ecologica coinvolge in profondità la nostra vita, la nostra civiltà, i nostri modi di pensare e di agire: tutti siamo chiamati alla “conversione ecologica” (nn. 216-221). Si tratta di andare alla radice antropologica e spirituale. È la grande sfida del nostro tempo, sfida che costituisce una decisa provocazione rispetto al sistema tecno-economico, perché l’uomo non può solo agire secondo la ragione strumentale ma deve anche saper ascoltare, guardare, contemplare. Deve cioè riconoscere che nessuno si può dare la vita né può esistere a prescindere da ciò che lo circonda: l’uomo entra in una vita che c’è prima di lui e che va oltre a lui. Solo una concezione relazionale dell’essere umano è capace di concepire e mettere in pratica una ecologia umana che coinvolge la dimensione sociale e quella ambientale, quella spirituale e quella materiale e che coniuga le certezze scientifiche con lo spazio del mistero.

Concludo questo augurio natalizio – augurio di pace e del nostro impegno per favorire la pace – con alcune affermazioni di Papa Francesco che ci invitano ad avere uno sguardo diverso per crescere insieme in un umanesimo di cura, di vicinanza, di prossimità.

La prima affermazione. “Non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data” (n. 67). È un richiamo forte a riconoscere che siamo creature e che lo sguardo della creatura umana non può essere quello del possesso e del dominio, bensì quello della cura responsabile. Possiamo dire con san Francesco che vi è una reciprocità responsabile tra l’essere umano e la natura. Noi siamo creature e se la terra, l’acqua, il vento e le stelle sono nostri fratelli e sorelle - Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, canta san Francesco - , allora il nostro comune compito è quello di avere cura della terra, custodendola e coltivandola.   

La seconda affermazione: prendersi cura della terra, della nostra casa comune, vuol dire prendersi cura di tutte le creature che abitano su questa terra, che è nostra madre e sorella, di tutti coloro che vivono in questa casa comune. E cioè di tutti gli uomini e di tutte le donne, una “cura generosa e piena di tenerezza” (n. 220) verso tutti i fratelli e le sorelle, superando la cultura dello scarto, contrastando questa cultura disumanizzante che distrugge sia il creato sia le creature, sia la terra sia le persone.

La terza affermazione. Papa Francesco sostiene che questa cura verso la terra e verso gli altri è anche cura di se stessi, perché “tutto è intimamente connesso” (n.16), perché vi è una “relazione di reciprocità responsabile” tra essere umano e natura” (n. 67) e tra tutte persone umane.

Siamo richiamati alla “conversione” per risanare le tre relazioni fondamentali, quella con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra: “Secondo la Bibbia, queste tre relazioni vitali sono rotte, non solo fuori, ma anche dentro di noi” (n. 66). Questa rottura, questa ferita ha bisogno di essere risanata, perché è la causa di un umanesimo poco umano o per nulla umano, che minaccia seriamente la casa comune e la convivenza fra le persone. Per questo il Papa ha indetto l’Anno della Misericordia, un Anno Santo Straordinario, perché questo è il tempo in cui accogliere la misericordia del Signore e “spezzare la barriera dell’indifferenza”. Con le parole del Papa, rinnovo l’augurio natalizio: accogliamo il dono della pace e diventiamo anche noi operatori di pace, di misericordiosa, di ospitalità.  

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