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Giovedì, 25 Aprile 2024
Indagini in corso

Inchiesta Si Cobas-Usb: più di cento le persone indagate

Oltre agli otto leader di Si Cobas e Usb raggiunti da misure cautelari, ci sono molti altri indagati a piede libero per svariati reati per picchetti, blocchi e azioni violente che vanno dal 2016 al 2021. Gli accertamenti della procura intanto proseguono

Non si sono fermati - con l’emissione delle ordinanze di custodia cautelare, decise dal giudice per le indagini preliminari, -  gli accertamenti della procura che stanno proseguendo senza sosta in questi giorni al fine di verificare l’esistenza di altri illeciti e reati commessi nell’ambito della maxi inchiesta che ha visto indagati otto leader del Si Cobas e di Usb (LEGGI QUI).

Per questi (LEGGI QUI) si sono già svolti gli interrogatori di garanzia. L’accusa contesta loro quasi 150 capi di imputazione per reati che vanno  dall’associazione per delinquere, alla violenza privata, alla resistenza a pubblico ufficiale, fino al sabotaggio etc. Tutti - davanti al gip e al pm titolare Matteo Centini, con lui il procuratore Grazia Pradella - si sono avvalsi della facoltà di non rispondere ma hanno rilasciato spontanee dichiarazioni nelle quali hanno rivendicato la «piena legittimità delle loro attività, azioni e battaglie sindacali».

Usb a Piacenza come riportato in questi anni dal nostro giornale in decine di articoli è nato nel 2016-2017 e ha raccolto anche numerosi fuoriusciti dal Si Cobas in netto contrasto con il sindacato circa la gestione delle lotte, e vertenze nonché anche sulle le conciliazioni. Di lì i fronti caldi in numerose aziende in tutta la provincia ma anche in altre regioni, si sono andati via via moltiplicandosi a stretto giro.

Si tratterebbe quindi di due associazioni a delinquere esistenti e ben distinte: una in seno a Usb, l’altra al Si Cobas. Nelle 350 pagine dell’ordinanza vengono ripercorse tutte le vertenze dal 2015 ad oggi (alcune ancora in corso) e le indagini sono state condotte da Digos e Squadra Mobile. «Per l’accusa – si legge nell’ordinanza del gip Sonia Caravelli – l’assistenza sindacale prestata in favore di centinaia di lavoratori si sarebbe mischiata con il compimento di svariate attività illecite, finalizzato al conseguimento di uno scopo di lucro per pochi e nell’esercizio di forti influenze sul piano economico». A conforto della tesi della procura, accolta dal gip, anche una serie di bonifici definiti “sospetti” nonché accertamenti bancari e patrimoniali e intercettazioni telefoniche e ambientali e decine di testimonianze, che riguardano in maniera maggioritaria il Si Cobas.

«Non è un’indagine contro i sindacati di base ma contro alcuni leader che hanno gestito il sindacato come cosa loro anche a livello economico, e le prime vittime sono i lavoratori stessi che credevano nelle due sigle. In queste pagine non c’è nulla che possa essere limitativo e offensivo dell’attività sindacale lecitamente svolta» aveva chiaramente specificato il procuratore Grazia Pradella.

Le fa eco il gip che spiega: «Lo scopo dell'attività investigativa compiuta, come ribadito dallo stesso pm richiedente, non è stato certo quello di sottoporre a monitoraggio l'attività di salvaguardia dei diritti dei lavoratori da parte degli appartenenti alle diverse sigle sindacali operanti nel mondo della logistica, ma è stato quello di cogliere gli elementi costitutivi di schemi delittuosi consolidati e reiterati, utilizzati dagli indagati con la mera copertura dell'azione sindacale». Tanto che spiega: «La lettura dei risultati investigativi fornita da Centini all'interno della propria richiesta non può essere tacciata di alcun tipo di ideologia o di intento repressivo: si è trattato, invece, di un'analisi profonda che è riuscita a ricondurre numerosi episodi, apparentemente sganciati tra di loro, a una comune matrice, ovvero l'affermazione di un sistema di potere, mediante il frequente ricorso al compimento di attività delittuose».

ALTRI INDAGATI - Le prime cinquanta pagine però sono dedicate non solo alla definizione delle posizioni degli 8 raggiunti da misure custodiali e non, ma anche (dal capo 3 in poi) a decine di altre persone (circa più di cento) che sono indagate a piede libero e a vario titolo per inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, turbata libertà dell’industria, arbitraria invasione e occupazione di aziende industriali, interruzione di pubblico servizio, violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, sabotaggio. Gli episodi contestati anche a loro – si evince dalle carte – vanno dal 2016 al 2021 e riferiscono a picchetti e blocchi a Gls, Amazon, Nippon Express, Sda, Geodis, Leroy Merlin (Castelsangiovanni), Tnt, Fercam, Dr Logistica, Ups, Step, Traconf. In alcuni casi le denunce, quelle più vecchie, hanno poi dato origine a diversi procedimenti penali che si trovano in fasi differenti ma - si legge - «l'aspetto di rilievo, però, riguarda l'accertamento di questi avvenimenti e la loro riconducibilità nella sfera di operatività di una piuttosto che dell'altra associazione per delinquere. La complessa attività di indagine svolta nel presente procedimento ha rivelato infatti come quei singoli fatti illeciti non debbano essere considerati solo come autonome violazioni della legge penale, ma siano da inquadrare in un più ampio fenomeno criminale, da identificarsi nella realizzazione degli scopi delle associazioni per delinquere».

«Gli elementi di prova acquisiti,  - spiega il giudice nell’ordinanza - hanno rivelato come, in effetti, gli indagati si siano serviti per anni dello schermo dell’attività sindacale dagli stessi rispettivamente svolta per commettere reati. Manifestazioni non autorizzate, violenti blocchi agli ingressi dei principali stabilimenti della logistica, presidi davanti ai palazzi sede delle più importanti istituzioni cittadine: in tutte queste occasioni, dietro alle forme di protesta e di rivendicazione astrattamente legittime - e giustificabili - si è celato il perseguimento di interessi di tutt'altra natura. E’ stato infatti accertato che in molte situazioni l’agitazione sindacale e l'esercizio del diritto di sciopero sono serviti solo in parte a difendere i diritti dei lavoratori, ma soprattutto a consolidare posizioni di forza, financo con il perseguimento di scopi di lucro».

E ancora: «Ogni reato commesso, ogni blocco di persone e merci, ogni interruzione di pubblico servizio o boicottaggio, ogni conflitto fisico con le forze di polizia è stato pianificato cercato e voluto dagli indagati che hanno agito sempre nella convinzione di poter lucrare posizioni di privilegio, quasi una sorta di immunità dietro l'esercizio del diritto di sciopero».

«Nella concretizzazione di simile disegno delinquenziale – prosegue il gip - i lavoratori sono stati un mero strumento, utilizzati come pedine da spostare da un canto all'altro per conferire maggiore enfasi a ciascuna iniziativa. Per raggiungere i loro scopi gli indagati hanno costituito gruppi criminali in grado di organizzare e far convergere lavoratori, ma anche soggetti totalmente estranei al contesto lavorativo di volta in volta interessato, per commettere numerosi reati come quelli in contestazione "legittimandoli" con la lotta sindacale, ammantandoli della retorica della lotta dei più deboli contro i più forti».

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