«Mai pentito di aver denunciato Montella. Perché raccontai al maggiore Papaleo? E' un uomo giusto»
In tribunale anche Hamza Lyamani, il personaggio cardine di tutta l'inchiesta che con le sue rivelazioni al maggiore Rocco Papaleo su quanto accadeva dentro la caserma piacentina: «Ho capito che qui in Italia c'è la legge ed è uguale per tutti. Montella si merita di stare in carcere e anche le manette perché ha sbagliato»
«Ho rivisto Montella per la prima volta oggi. Ho provato paura, rabbia, odio ma anche soddisfazione. Stanotte ho fatto fatica a dormire. Non mi sono pentito di averlo denunciato, l'unico rimpianto che ho è quello di aver fatto quelle cose (ha raccontato di aver spacciato per i carabinieri per poi tirarsi indietro e quindi di essere picchiato per almeno tre volte ndr) con un carabiniere, se così si può definire». A dirlo in tribunale ai giornalisti, visibilmente provato Hamza Lyamani, il 26enne marocchino che ha di fatto dato il via alla maxi indagine della Finanza e della Polizia Locale che ha portato all'arresto di carabinieri della stazione di Piacenza Levante e spacciatori. Gli arresti erano stati esguiti all'alba del 22 luglio, constestualmente, nell'ambito dell'ormai famosa indagine Odysseus, era stata anche sequestrata la caserma di via Caccialupo.
«In aula l'ho guardato ma lui (Montella) non riusciva a guardarmi negli occhi. Sono soddisfatto perché alla fine ho capito che qui in Italia c'è la legge ed è uguale per tutti. Montella si merita di stare in carcere e anche le manette perché ha sbagliato. Ho raccontato - spiega il giovane - anche se ero molto agitato, la verità. Così come ho fatto con il maggiore Rocco Papaleo». Sul perché si fosse rivolto proprio a lui per spiegare quanto accadeva nella caserma piacentina dice: «Papaleo (che ora guida la compagnia carabinieri di Cremona ndr) è l'unico carabiniere con onore che c'è mai stato qui a Piacenza. Tutti hanno sempre avuto paura di lui perché è un uomo giusto: senza "amici", chi sbaglia paga. Per questo mi sono fidato solo di lui». L'ufficiale, che per dieci anni ha guidato il Nucleo Investigativo di Piacenza, raccolto tutto il materiale che Hamza gli ha fornito, si è rivolto alla sezione di polizia giudiziaria e investigativa della polizi locale. Di lì le indagini serrate delle fiamme gialle.
Hamza, con il suo avvocato Andrea Bazzani, ha partecipato nella giornata del 6 ottobre al primo incidente probatorio. E sono così comparsi per la prima volta in aula, in un clima rovente tra accusa e difesa, i volti dei personaggi chiave di questa vicenda: in primis l'appuntato Giuseppe Montella, attualmente in carcere ma che ha voluto essere presente, giunto sotto scorta degli agenti della Polizia penitenziaria. Presenti anche il maresciallo Marco Orlando e l'appuntato Spagnolo (attualmente ai domiciliari), oltre a tutti gli avvocati difensori dei militari coinvolti. Sul fronte degli accusatori, in prima fila come testimone, Hamza Lyamani, il personaggio cardine di tutta l'inchiesta che con le sue rivelazioni al maggiore Rocco Papaleo su quanto accadeva dentro la caserma piacentina ha permesso l'avvio dell'indagine condotta da finanzieri e polizia locale di Piacenza. Poi sono arrivati anche Megid Seniguer ed El Mehdi Ghormy, entrambi ai domiciliari e accusati di spaccio, ma anche loro testimoni chiave per le accuse di tortura che sarebbero avvenute da parte di alcuni dei carabinieri tra le quattro mura della stazione Levante. A rappresentare invece in aula l'accusa c'erano entrambi i sostituti che hanno condotto l'inchiesta Odysseus, i pm Matteo Centini e Antonio Colonna.